Un gruppo di docenti calabresi in assegnazione provvisoria, augurandogli innanzitutto una pronta guarigione, scrive al presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto. La lettera, che riceviamo e pubblichiamo, è una replica ad un'altra missiva dello scorso novembre, indirizzata sempre al presidente della giunta regionale e pubblicata su un'altra testata, da parte di altri colleghi precari.
"Spett.le Presidente, anche noi 'siamo un gruppo di docenti calabresi indipendenti da affiliazioni politiche o sindacali, uniti dalla speranza di vedere finalmente riconosciuti i nostri diritti e la dignità professionale, indispensabili per un futuro stabile per noi e per le nostre famiglie in questa regione'. Scriviamo in risposta alla lettera che Le è stata inviata da un gruppo di docenti
precari, calabresi come noi, di cui apprendiamo per tramite dei canali di comunicazione.
Una battaglia di cattivissimo gusto che di fatto apre una guerra intestina tra docenti calabresi di cui alcuni, miseramente, agiscono contro colleghi che hanno operato scelte nel pieno del proprio diritto. Sottintendendo che i colleghi che, spinti dalla disperazione, cedono all’unica possibilità di lavorare dignitosamente, per il solo fatto di aver preso la decisione di partire piuttosto che restare, perdono lo status di cittadini calabresi e diventano cittadini di altre regioni. Mentre chi decide di rimanere, per qualsiasi motivo non ci interessa, acquista il diritto di reclamare, come unici e soli docenti “locali” le cattedre della propria regione".
"I sacrifici fatti, chi per tanti anni chi per meno - proseguono i docenti -, lontano dalle nostre famiglie, dai nostri affetti più cari, dai nostri figli, a volte in fasce, spinti dalla disperazione più cupa di non avere un lavoro stabile nella nostra regione e di non avere in essa altra alternativa per vivere dignitosamente, o perché spinti da esigenze su cui nessuno dovrebbe sindacare, non ci devono rendere cittadini di serie B o cittadini di “altre regioni”, così come ci definiscono i colleghi appellanti, poiché
noi siamo calabresi tanto quanto loro ed in Calabria abbiamo il diritto di tornare.
Siamo consapevoli che la stanchezza fa prendere brutti abbagli ma la ragione, il buon gusto, la consapevolezza dovrebbero prevalere sul resto. Noi non abbiamo rubato il lavoro a nessuno. Noi non sottraiamo lavoro ai docenti
precari. Le 'centinaia di docenti disoccupati e privi di prospettive' non sono tali a causa 'dell’aumento delle assegnazioni provvisorie' poiché anche quest’anno, come sempre, le assegnazioni provvisorie sono state assegnate in base ai criteri
stabiliti dal CCNL.
Dalle richieste del gruppo precari emerge un attacco mirato ed esclusivo verso una precisa categoria: i colleghi calabresi che, con tanti sacrifici, decidono di emigrare fuori regione. Può una scelta rappresentare una discriminante? Continuiamo ad ascoltare discorsi miopi che non vedono aldilà del proprio orticello mentre la questione, per essere risolta, presuppone un’apertura mentale che finora non si è palesata".
"I docenti calabresi che, con tanta sofferenza, si piegano alla prospettiva di andare al Nord - continua la lettera degli insegnanti - non tolgono il lavoro a nessun precario o precaria calabrese ed hanno tutto il diritto, esattamente come tutti gli altri docenti, di vivere serenamente nella propria regione ricongiungendosi con i propri cari. Su una cosa però concordiamo con questo gruppo di colleghi così poco lungimiranti: la stabilità lavorativa non deve richiedere un trasferimento al Nord, come oggi e da molti anni purtroppo accade. Siamo convinti però che questo passaggio si realizza se e solo se la Regione Calabria apre i posti dell’organico di diritto.
Per quanto attiene alla continuità didattica, anch’essa discussa, è vero che i primi a soffrirne sono gli studenti così come è altrettanto vero che l’unica continuità possibile viene garantita dal ruolo e non certo dal precariato. Proprio
quel ruolo che con tanti sacrifici abbiamo ottenuto dovendo emigrare nelle regioni del Nord. Noi non chiediamo che siano accantonati maggiori quote di posti nelle Gps per i docenti precari, poiché questo significa richiedere e perpetrare il precariato e l’instabilità, tanto per i docenti quanto per gli studenti. Non chiediamo di incentivare il precariato. Chiediamo invece che vengano aperti i posti a ruolo che pur ci sono in organico di diritto. In questo modo verrebbero avvantaggiati proprio quegli stessi colleghi precari che oggi ci osteggiano poiché le cattedre messe a ruolo spetterebbero a loro, non certo a noi che già lo abbiamo".
"Noi sappiamo - affermano i docenti - 'come sa di sale lo pane altrui' e per questo non vogliamo che altri nostri conterranei sperimentino più quanto 'è duro calle lo scendere ed il salir per l’altrui scale'. Ci battiamo per loro nella richiesta dei posti a ruolo piuttosto che assecondare la loro richiesta ottusa di rimanere precari e, unitamente, pretendiamo il nostro diritto di vivere e lavorare, esattamente come gli altri, nella nostra regione".
I docenti delle assegnazioni provvisorie.
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