Il Corecom Calabria porta l’educazione affettiva nelle scuole per combattere la solitudine dei ragazzi
Fulvio Scarpino, Vice Coordinatore Nazionale dei Corecom e Presidente Corecom Calabria.
“La crisi nasce tra le mura di casa dove la paura di educare diventa complicità”
03 giugno 2025 13:52“È la solitudine che si respira nelle stanze dei nostri ragazzi, il vero veleno che oggi inquina le radici della società. Non è la tecnologia, non è la scuola, non sono nemmeno le mode passeggere a generare il disagio che osserviamo – con la forza di una cronaca che si ripete, giorno dopo giorno – ma l’assenza emotiva degli adulti. Siamo nella stagione della crisi dei legami, dove il dialogo si dissolve nei silenzi e la paura di educare diventa la prima violenza, silenziosa e pervasiva, che lascia i più giovani senza difese davanti al mare aperto delle emozioni e della vita.
La vera emergenza – ancora prima di quella digitale, prima persino di quella sessuale – è l’analfabetismo affettivo che cresce tra le mura domestiche. È in questa assenza di ascolto e di parole, di carezze e di regole, che prosperano i drammi peggiori: bambini che filmano stupri, adolescenti che usano la crudeltà come unico linguaggio di appartenenza, giovani che cercano nello smartphone la sola fonte di consolazione. Non è colpa della tecnologia: è il vuoto di sguardi, di attenzione, di coraggio a creare il terreno dove ogni deriva trova nutrimento.
Lo racconta con chiarezza il caso, già assurto a simbolo, del ragazzo arrivato in ospedale in piena crisi d’astinenza dopo che i genitori gli avevano tolto il cellulare: sintomi identici a quelli delle tossicodipendenze, ansia, rabbia, panico. Eppure, il vero oggetto della dipendenza non è mai stato uno schermo, ma la solitudine, la mancanza di alternative, di contenimento emotivo, di possibilità di nominare la paura e la tristezza. È questa mancanza di educazione affettiva che – come documentano le neuropsichiatrie di tutta Italia – prepara il terreno alle patologie vere, ai tentativi di suicidio in aumento vertiginoso, al bullismo che devasta una bambina su due, al cyberbullismo che colpisce una su cinque.
Non basta puntare il dito contro le “nuove dipendenze” e fermarsi all’apparenza: la radice di ogni male è il vuoto affettivo. Eppure, ci sono ancora genitori che si oppongono con forza, in nome di paure spesso irrazionali, all’introduzione dell’educazione affettiva nelle scuole. Si chiedono di cosa dovrebbero avere paura: che i figli imparino ad ascoltare le proprie emozioni? Che scoprano la differenza tra amore e possesso, tra rabbia e violenza, tra desiderio e prevaricazione? O che qualcuno finalmente li aiuti a nominare ciò che nessuno ha mai saputo insegnare loro? La risposta è drammaticamente chiara: si teme l’apertura degli occhi, si teme il confronto con la propria responsabilità di genitori.
Così, mentre in tante famiglie si preferisce ancora giustificare l’ingiustificabile – figli assassini, figli stupratori, figli persi nell’azzardo o nel web – e si alimenta una cultura della negazione e della complicità silenziosa, cresce una generazione che ha perso il diritto di sbagliare protetta da chi dovrebbe invece guidare, arginare, accompagnare. I numeri – sempre più drammatici – non sono una fatalità, ma il riflesso di scelte, di omissioni, di paure non affrontate. Il vero nemico, spesso, non è fuori, ma dentro le nostre case: è la rinuncia all’educazione, alla parola, al conflitto costruttivo.
Per questo il Corecom Calabria ha deciso di non tacere, e di portare – primo in Italia – l’educazione affettiva in ogni scuola della regione. Non per moralismo, non per moda, ma per urgenza storica: perché solo restituendo ai giovani il diritto di sentire, nominare e vivere le proprie emozioni si può sperare di ricucire il tessuto sociale lacerato, di prevenire l’abisso della dipendenza, della violenza e della solitudine.
Noi denunciamo senza paura il vero dramma del nostro tempo: la crisi nasce tra le mura domestiche, dove la paura di educare diventa complicità. E se oggi le nuove dipendenze portano un ragazzo in pronto soccorso per una crisi da astinenza da smartphone, domani potrebbero portare tutti noi a un punto di non ritorno.
Chi rifiuta questa battaglia – chi difende l’ignoranza, chi fugge davanti al conflitto, chi giustifica invece di educare – si assume la responsabilità di ogni dolore, di ogni solitudine, di ogni tragedia che poteva essere evitata.
Ma la speranza, ancora, esiste: è nei tanti genitori che scelgono di esserci davvero, nei docenti che ogni giorno resistono al disincanto, nei ragazzi che hanno il coraggio di chiedere ascolto. A loro va il nostro impegno e la nostra voce”.