Il curato di Montauro che diventò amico della regina

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che diventò amico della regina

  07 agosto 2025 18:59

Pino Zangari, fedele ai suoi studi e al suo universo lavorativo (è stato tra l’altro per oltre un ventennio direttore amministrativo del Parco archeologico di Scolacium) si cimenta con “D. Matteo Madonna” nell’ennesimo lavoro di ricerca archivistica e bibliografica con il quale dà sembianze a un personaggio, appunto don Matteo Madonna, vissuto a cavallo fra il 1700 e il 1800 che apparentemente può sembrare un personaggio minore, solo un umile curato, della storia calabrese, ma che in effetti, andando a spulciare come ha fatto Zangari, appare invece attore vivace e poliedrico sugli scenari compositi delle vicende che attraversarono quel periodo. In piena età borbonica, tanto per capirci.

Don Matteo prende le mosse come provicario della parrocchia di San Pantaleone di Montauro, “piccolo, ma stupendo paese ricco di storia, di arte e di tradizioni, da secoli morbidamente adagiato sul declivio della Paladina, protetto dalla poderosa chiesa parrocchiale con torre campanaria e da San Pantaleone cui è dedicata, affiancato dal baluardo della grancia di S. Anna con l’occhio vigile, dall’amena Villa Regina Elena, rivolto sul ceruleo e pescoso mare del Golfo di Squillace, dolce culla della barche dei laboriosi marinai montauresi”., come scrive l'autore
Ma il seguito della biografia è tutto un sorprendente crescendo, che parte dal titolo accademico U.I.D. (Utroque iure doctor, che lo rivela dottore sia in diritto civile che in diritto canonico.

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Chiusa la descrizione della parentesi alla parrocchia di Montauro, il volume ricostruisce il lungo peregrinare di don Matteo che, inaspettatamente, nel 1792, approda a Ischia come vicario della diocesi allora retta da monsignor Sansone. E qui per ben cinque anni si distingue per la sua attività pastorale, con visite ripetute alle varie parrocchie di Campagnano, Casamicciola, Forio, Panza, Scentone, Lacco, Maropani, Barano, Testaccio, Fontana e Serrara. Zangari ha potuto ricostruire la parentesi ischitana grazie alla preziosa collaborazione della professoressa Ernesta Mazzella.
Ma l'esperienza ischitana è solo la prima di una lunga sequela di missioni pastorali in giro per il Sud, da Reggio Calabria a Messina, a Napoli, dove don Matteo chiuderà i suoi giorni terreni il 4 agosto del 1830. Era rettore della Real Chiesa della Croce di Palazzo.

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Zangari arricchisce la sua ricostruzione biografica con due autentiche "chicche". Ha ritrovato e pubblicato due lettere, risalenti al 1807 che la regina Maria Carolina (moglie di Ferdinando I di Borbone) aveva inviato a don Matteo, all'epoca vicario generale arcivescovile di Reggio Calabria.
Nella prima Maria Carolina, replicando ad una lettera ricevuta da don Matteo (il che fa presumere che fra i due intercorresse un costrante epistolario) lo invita ad inserire nelle sue orazioni una preghiera per lei e per la sua famiglia alla Madonna delle tre Corone.
Nella seconda, datata 22 settembre, la regina, che si firma "Vostra buona padrona", lo ringrazia per gli auguri ricevuti in occasione dell'onomastico (12 settembre).

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Ma il pezzo forte del voluime di Zangari è la "Memoria", il resoconto che don Matteo fece sul terribile terremoto che colpì la Calabria nel 1783, memoria abilmente scovata nel registro dei battesimi. Don Matteo ci ha lasciato una preziosa testimonianza degli eventi di quel periodo drammatico. Le scosse furono numerose e tutti i paesi del comprensorio a lui caro (Montauro, Gasperina e dintorni) subirono ingenti danni. Vi furono anche numerosi morti.
Don Matteo ricorda che re Ferdinando, appena ricevuta notizia della sciagura, spedì numerose navi cariche di "vettovaglie, vesti e medicine" e nominò Francesco Pignatelli "commissario". In quella circostanza furono sottratti vari privilegi alle Confraternite e ai parroci per venire incontro alle esigenze dei più poveri.

Danni subirono anche cattedrali e chiese e furono poi restaurate a spese della Cassa Sacra. Fu temporaneramente chiusa la Certosa di Serra S. Bruno (allora di Santo Stefano del Bosco) e l'abitato di Montauro fu abbandonato per più anni dai cittadini che trovarono rifugio in baracche alla periferia del paese. Insomma uno spaccato ricco di ricostruzioni e di curiosità che rende un prezioso servizio agli storici per fare piena luce su un avvenimento che produsse allora lutti, dolore e distruzioni e che per molti versi era ancora poco conosciuto. Questo è il merito, se vogliamo principale, del lavoro di Pino Zangari.

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