Il Giorno della memoria a Ferramonti tra "Nuovi studi e nuove testimonianze”

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  27 gennaio 2025 17:13

di MASSIMILIANO LEPERA

“I giorni della memoria” sono tanti appuntamenti, da domenica 26 gennaio all’1 febbraio 2025, che fanno parte di un grande progetto lungimirante, che si tiene da anni all’interno del Campo di Ferramonti di Tarsia, con annesso il Museo Internazionale della Memoria, come hanno riferito il consigliere delegato alla cultura del Comune di Tarsia, dott. Roberto Cannizzaro, e il sindaco di Tarsia, avv. Roberto Ameruso, in occasione dell’evento di apertura della suddetta manifestazione, svoltosi domenica alle ore 10,00 all’interno del succitato Museo. Una conferenza, a cui hanno preso parte diversi esperti e professionisti del settore, dal titolo “Nuovi studi e nuove testimonianze”, che si è conclusa con le testimonianze di Marina e Anna Jeronimides, figlie di Antonio Jeronimides, internato a Ferramonti. Come ha sottolineato il sindaco Ameruso, a cui ha fatto eco l’onorevole Luciana De Francesco, consigliere Affari Istituzionali Regione Calabria, c’è una vicinanza sentimentale e familiare col luogo e con la prof.ssa Teresina Ciliberti, direttrice del Museo Internazionale della Memoria Ferramonti di Tarsia, la quale si spende tutto l'anno per studiare, approfondire e indagare nuovi temi e filoni con nuove scoperte, patrimonio non solo di questo luogo, ma dell'umanitàintera. “Ferramonti non appartiene a Tarsia, ma alla Calabria, all’Italia, all’umanità”, ha espresso con orgoglio il sindaco, “e Tarsia ha unito ciò che si era cercato di segregare”. Egli ha tenuto a rimarcare anche l’importanza dei partner, grazie ai quali è stato possibile tutto questo, come Stanislao de Marsanich, colonna portante di queste iniziative, Presidente Parchi Letterari, per questo unico parco letterario nella regione Calabria, dedicato a un ex internato di Ferramonti, Ernst Bernhard, psicanalista di fama internazionale che ebbe tra i propri pazienti anche Federico Fellini; ma anche il Comitato Dante Alighieri fa parte della rete: in rappresentanza, ne è stata testimone la presenza di Anna Ruedeberg, presidente Comitato Dante Alighieri di Berna, e Maria Cristina Parise Martirano, presidente Comitato Dante Alighieri di Cosenza. A cui si aggiungono senz’altro i componenti del Comitato tecnico-scientifico e l’Associazione Campo di Ferramonti. “Un luogo così importante necessita di una serie di professionalità che ne mantengano viva la memoria”, ha aggiunto il primo cittadino di Tarsia, ricordando che ricorre l’80° anno dalla Liberazione del campo di Auschwitz, e pertanto le testimonianze di Maria e Anna Jeronimides costituiscono il tema centrale, ovvero l’ascolto delle testimonianze concrete, che raccontano meglio di altri ciò che fu. I presenti hanno infatti rimarcato che Ferramonti è stato ed è un campo unico e ogni volta che lo si cerca di inquadrare in categorie ideologiche si sbaglia. C'è bisogno, ancora e sempre, di testimonianze e tracce a tutti gli effetti. La storia di questo campo era poco nota e mal nota. Finalmente si è aperta, negli ultimi tempi, una luce sul suo vissuto.

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 Da ricordare, infatti, il riconoscimento con medaglia d’argento al merito civileda parte del Presidente della Repubblica proprio 9 anni fa: era il 13 settembre, la vigilia della Liberazione (il 14 settembre 1943 è stato liberato il primo campo). Inoltre, l'apporto delle popolazioni locali, di contadini e altri, per gli internati fu determinante ed è unriconoscimento ufficiale ormai tutto ciò. Come si è sottolineato, in aggiunta, si sta lavorando sulla Legge Regionale circa ilriconoscimento regionale di Ferramonti di Tarsia e la rete dei Comuni della memoria.
All’iniziativa hanno preso parte anche, coi loro patrocini e la presenza concreta all’evento e agli eventi successivi, la Comunità Ebraica di Napoli, i Parchi Letterari, la Regione Calabria, i Comitati Dante Alighieri, i Rotary Club del circondario, la Fidapadi Spezzano, oltre alla presenza delle Forze dell'Ordine. Dopo il sindaco, ha preso la parola Stanislao de Marsanich, ribadendo come 80 comuni e 6 parchi nazionali guardino a Ferramonti con stupore: raccontare luoghi di ispirazione che crescono nel tempo è infatti sempre positivo. “Siamo anche al centro di una riserva naturale”, ha aggiunto, “e l’ex campo di internamento è anche un luogo di ispirazione e tutela ambientale,
un luogo unico che ha ispirato e ispira”. La grande storia è fatta diracconti delle singole persone, che vanno assolutamente ricordate.Il patrimonio immateriale è fondamentale per l'evoluzione dei territori e la comunità di Tarsia ha salvato gli internati, li ha ricordati, ha conservato la documentazione, coinvolto gli internati nelle testimonianze e ha ottenuto riconoscimenti. I relatori hanno specificato che grazie al supporto di partner e associazioni il lavoro a Ferramonti è assiduo e durante tutto l'anno, non solo il 27 gennaio. La presidente della Dante di Berna Anna Ruedeberg ha poi affermato: “Sono qui per il secondo anno di fila, per ricollegarmi con qualcosa di mio, in quanto mia madre è venuta a 20 anni a Ferramonti; era il 7 luglio 1940 e lei da Roma venne qui a portare dei soldi per il funerale di un suo parente morto di infarto. Lei venne qui e raccontò ciò che vide”. La presidente ha anche specificato che verranno utilizzate le reti Dante estere per continuare a far conoscere queste realtà. La giornata della memoria è internazionale e Tarsia deve uscire fuori dalla Calabria.È infatti un esempio incredibile di aiuto e collaborazione, affettiva ed empatica, della popolazione, che ne ha diritto. È anche importante nelle scuole costruire aiuto, solidarietà e unacollaborazione capillare e la pace tra Paesi e Stati. “Noi cittadini in primis dobbiamo costruire la pace”, ha aggiunto, “e ammetto con orgoglio e affetto che ci conosciamo con le sorelle Jeronimides da circa 60 anni”. La presidente della Dante Cosenza Parise Martirano si è unita alle parole della collega e ha affermato: “Questo luogo porta con sé il ricordo di una pagina indelebile della nostra storia, ricordo dell'ingiustizia e della sofferenza, ma anche simbolo della fortezza, del coraggio e della resistenza umana. Oggi c’è il ricordo dell’internato Antonio Jeronimides, attraverso le figlie. Esso è un atto di grande valore che ci invoglia a ricordare e a riflettere, per impegnarci affinché tragedie simili non ricorrano mai più”. Il rispetto e la gratitudine a chiunque porti la testimonianza sono intese come un grande dono. L’on. De Francesco ha ricordato le ragioni affettive che la legano a questo luogo, un angolo di storia vero e proprio, una storia da conoscere e condividere con le future generazioni. “Si devono conoscere e difendere i valori, l’identità e l’importante senso di umanità”, ha rimarcato, “questo è un patrimonio straordinario ricco di testimonianze e uno spazio che ci invita a riflettere, dove si intrecciano storie di uomini, donne e bambini di sofferenza, ma anche coraggio, resistendo alla discriminazione nella speranza di un mondo migliore. Bisogna celebrare il coraggio di chi ha saputo resistere attraverso quel senso di solidarietà che caratterizza la popolazione calabrese”.

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I racconti familiari dimostrano anche il grande aiuto delle comunità limitrofe, come Santa Maria d'Epiro, che palesano la grande solidarietà che ci fu e devono indurci all'orgoglio di essere calabresi. Bisogna infatti mantenere viva la memoria attraverso la resistenza e la necessità di costruire un mondo migliore fatto di tolleranza e rispetto dei diritti umani.L’on. De Francesco ha porto un sentito ringraziamento allaprof.ssa Ciliberti e a tutti gli studiosi e ricercatori che contribuiscono a portare avanti la memoria. “Questo è un luogo che ci insegna a proteggere questa preziosa identità”, ha concluso,“perché il passato ci insegna a diffondere il seme per il futuro”.
Dopo i saluti istituzionali e le riflessioni sulla giornata odierna, è intervenuta la prof.ssa Ciliberti, con la sua relazione sui nuovi studi e le nuove testimonianze circa Ferramonti. “Ci pervengono tanti testi di letteratura varia e vasta”, ha esordito, “dei romanziche si ricollegano a Ferramonti, tra cui “Sole e pioggia. Amore e speranza ai tempi delle leggi razziali” della dott.ssa Francesca Noemi Pia Carello, “Nella scia della Calino: memorie delsilenzio” del dott. Giovanni Di Trapani e “Mio fratello è a Ferramonti” del dott. Pietro Reggiani. Si inquadrano benissimo nella dimensione della storicità,  sono scritti in maniera degna di essere fruibile, pregevoli per forma e contenuto.
È così più facile inquadrarsi nella temperie culturale delle leggi fasciste. Fisseremo delle date precise nell'anno per le relative presentazioni, con la giusta diffusione della letteratura attorno alla Shoah”. “Ogni anno abbiamo affrontato un tema”, ha continuato, “e quest'anno si fa il punto sulla situazione con studi e ricerche di questo quinquennio. Dove ci hanno condotto? Cosa abbiamo approfondito? Ormai la realtà nostra è nota e ben nota”.
La realtà di Ferramonti dal 1943 al 1945 non è stata approfonditamente indagata, come emerge dalla relazione, cosa che è stata fatta negli ultimi tempi invece, con un approfondimento serio e difficile. Ci sono stati documenti rari da consultare, in ebraico, inglese e tedesco. Già la traduzione è difficile, come l'interpretazione dei dati. Ciò è un modello per studiosi e studenti, anche per alcuni studi di tesi, anche provenienti da Milano recentemente. La prof.ssa Ciliberti ha relazionato su tre argomenti in particolare: innanzitutto i movimenti sionisti a Ferramonti. C’è stata una fitta attività di formazione e preparazione dei giovani, inaudita e inaspettata; il Kibbutz (idea vera e propria di collettività) è esistito certamente e gli internati l’avevano in mente, e ciò li faceva essere resilienti e resistenti. Il 16 novembre '43 giunse a Ferramonti  un rabbino in  visita, Ephraim Urbach, e fece la spola tra qui e Bari. Qui si stupì e scrisse ai capi che era straordinario Ferramonti, in particolare a causa dei giovani che avevano costituito tante sezioni di movimenti sionistici. Nello specifico, c’erano: Betar, Gioventù Generale Sionista, Hashomer, Hanoar Hazioni, Kedima e Gordonia. Betar era costituito da 500 giovani, molti dei quali erano stati sul Pentcho (sionisti di destra e nazionalisti): a capo c’era un ragazzo di 22 anni; vennero deportati in due flussi a Ferramonti. Da lì, volevano fare la salita a Gerusalemme e prepararsi, a Ferramonti, per questo obiettivo. E lo facevano con lavori umili e praticantato. Poi, la Gioventù Generale Sionista eramolto diffusa in tutta Europa, una formazione scoutistica. E ancora, Hashomer era il più importante tra i movimenti giovanili sionistici, con nuove visioni di vita. Non aveva una visione nazionalistica, ma si avvicinava a concezioni socialiste, per chi doveva lavorare e come doveva farlo per lo Stato; erano tendenti a sinistra pur, come ha detto Bobbio, considerando che destra e sinistra sono concezioni fumose. Infine c’erano Hanoar dedicato a Lia Hauser, Kedima dedicato a Rita Koch e Gordonia dedicato a Zvi Ankori. Poi tutti questi movimenti confluirono e siaccorparono in due: Betarim (seguaci del Betar, numericamente più forti) e Shalus (vuol dire “essere pionieri”). Di tutto ciò non sene parla in nessun libro, ma uno dei più importanti testi di riferimento resta quello di frate Callisto Lopinot. Il secondo studio riguarda la prima Hachsarah del dopoguerra del 21 marzo 1944: Rishonim. Nel primo periodo storico si è creata una cellula democratica in un nucleo fascista.
Questi movimenti sionistici hanno consentito la diffusione della cultura. Rishonim è un luogo: fu realizzato in Puglia, ma la sua genesi è a Ferramonti con un serio e concreto progetto. Esso è la prima Haschsarah! Ne sorsero poi tantissime fino in Piemonte. Haschsarah è un sostantivo deverbale che significa prepararsi e formarsi (deputato per la formazione dei giovani): era una fattoria con annesso frutteto, realizzata in Puglia perché quello era il centro di imbarco per Eretz Israel (la Palestina mandataria). C'eraun comitato congiunto con 8 membri, di cui 4 a Ferramonti e 4 a Bari. Insieme agli alleati americani esso preparava i documenti.
In questa Rishonim erano selezionati 30 ragazzini preparati,  tra cui Lia Hauser e Rita Koch;  tra gli istruttori c'erano Zvi Ankori (il quale ha aperto diversi Hachsarah fuori regione), Enzo Sereni (che ebbe grande peso nel sionismo italiano), Ephraim Urbach (rabbino che venne la prima volta a Ferramonti) e Moshè Yeudai (istruttore agricolo). Di questi 30 giovani però solo 8 hanno ottenuto i certificati e documenti. Questa Rishonim, come detto, si trovava a Grumo Appula. Qui si teneva l’agricoltura pratica, l’addestramento militare e la formazione culturale. L'unicità di questa prima Haschsarah è eclatante. Rishonim significa i primi (in genere erano i rabbini): ovvero si vuole intendere che furono i bambini per primi a fondare il Kibbutz; c’era insomma una forte idea della patria! Inoltre è da considerare il nesso forte tra Ferramonti, plugot e lezioni: si parla di rinascimento ebraico, con cui si intende il cambiare mentalità da puro ebraismo a israelismo. Ovvero, sono stati fatti studi di preparazione su tutta la cultura ebraica. Senza comprendere queste differenze non si capirebbero oggi le ostilità e divergenze in Terra Santa. Il terzo argomento, infine, è il seguente: il 75% circa era composto da ebrei, ma c’erano anche altri, soprattutto antifascisti, comunisti, socialisti, apartitici etc. La presenza degli antifascisti qui è stata importantissima. Venivano da Serbia, Jugoslavia e Grecia, ad esempio. Non mancavano d’altra parte i prigionieri greci a Ferramonti. Si parla di tre ondate: il 4 marzo 1942 (da Montecatini giunsero 120 greci civili mandati dalla Libia, come Antonio Jeronimides; questi però non si integrarono molto all’inizio e mandarono una lettera al Ministero degli Interni per lamentarsi delle condizioni del campo), e in questa occasione ci fu la visita dell'ingegnere Israel Kalk, le cui carte ci offrono importantissime testimonianze ancora oggi. Egli mise armonia tra i sottogruppi e consentì la celebrazione di messe ebraiche e ortodosse. La seconda ondata fu il 23 maggio 1942 (contingente di 90 persone a Ferramonti, tra patrioti, comunisti, socialisti, diplomatici, operai arrestati per resistenza contro invasore); la terza fu il 20 dicembre1942 (contingente di 30 civili). Il primo libro su Ferramonti è delprofessor Francesco Folino (1985). Insomma a Ferramonti è nato l'embrione di Israele!

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Al termine della conferenza, le sorelle Anna e Marina Jeronimideshanno offerto le loro testimonianze. Marina ha rivelato che solo dopo la morte della loro madre hanno trovato una busta con scritto “campo di internamento di papà”. Non sapevano nulla prima ed è stato molto emozionante giungere in loco, ma anche poter guardare il paesaggio suscita commozione, perché il loro padre vedeva le loro stesse cose. Anna, poi, ha aggiunto altri dettagli sul papà: “Noi siamo nate da papà greco e mamma italiana. Papà Antonio è andato poi in Libia, facente parte dell'impero ottomano, in mano turca insomma. Questo nostro cognome ha subìto diversi cambiamenti nel tempo. Prima era I,  poi J l'iniziale. L'ultima vocale, invece, la E, deriva dalla eta greca, che in antico greco si pronunciava i e pertanto sulle nostre carte di identità abbiamo Jeronimidis. 
Nato vicino a Creta, chiamata allora Candia, a 6 anni papà andò a Tripoli dagli zii materni.
Cresciuto con loro, nel frattempo scoppiarono la prima guerra mondiale e la guerra italo-turca ed è rimasto a Tripoli. Nel ‘42 fu mandato a Ferramonti con gli zii. Qui rimase meno di un anno e strinse molte amicizie nel tempo, tra cui con un prigioniero politico ostile al regime fascista. Nostro padre poi raggiunse in provincia di Roma la sua fidanzata, nostra madre. Morìnell’ottobre del ‘74 dopo una malattia invalidante con gambe amputate. È bellissimo ricordarlo qui perché è come se il tempo si fosse fermato”. Un incontro proficuo e ricco di spunti molto interessanti, insomma, che contribuisce a tenere viva la memoria con atti concreti di sensibilità, cultura e umanità.

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