di MARCO AZZARITO CANNELLA
Mi ha lasciato perplesso quanto accaduto qualche giorno fa nel comune di Lecco.
Un giovane assessore (perdonatemi, ma il termine assessora mi fa venire l’orticaria), con deleghe a Politiche per bambini, giovani, famiglie, comunicazione e rapporti con i cittadini ed Evoluzione digitale, particolarmente attiva nella lotta contro il cyberbullismo e l’uso consapevole dei social network è finita nella loro trappola.
A seguito di alcune critiche ricevute su Facebook al suo operato ed a quello della sua amministrazione, trincerandosi dietro un falso profilo, non ha lesinato critiche feroci e maltrattamenti ad un suo concittadino, reo di aver (legittimamente) criticato la giunta di cui fa parte.
La cosa mi ha lasciato perplesso, soprattutto perché Alessandra Durante, l’assessore smascherato, non è una sprovveduta, messa lì tanto per far contenta questa o quella forza politica. Tutto il contrario.
Donna in carriera, due lauree, un Master alla New York University, espertissima in comunicazione e marketing, conosciuta in ambito socioeducativo, sportivo e mamma di due figli. Quanto di più lontano possibile dal classico odiatore da tastiera.
Eppure, anche lei è finita nella tagliola del web, sentendo il bisogno – addirittura – di creare una falsa identità digitale, per rispondere alle osservazioni di un elettore, definendo i suoi post con parole poche gratificanti, che certamente sono state frutto di un momento, ma hanno lasciato il segno – indelebile – sul social e una macchia, più o meno visibile, nel curriculum dell’assessore.
Non entro nel merito della questione, l’assessore ha commesso un errore, certo abbastanza grossolano per il ruolo che riveste, ma credo sia eccessiva ed ingiusta l’etichetta di “Cyberbulla”.
Si tratta di una donna di politica, che vista attaccatasi, ha semplicemente risposto per le rime. Sbagliando il mezzo e le parole.
Ed è questo, credo, che deve farci riflettere.
In uno dei suoi più importanti saggi, Hannah Arendt scrisse di quanto fosse banale il male. Quel saggio, mi pare, tristemente attuale. E, anzi, ancora più calzante, vista la velocità dei nuovi strumenti che il mondo ci offre per metterlo in atto.
Lo dico da sempre: i social network sono uno strumento pericolosissimo. Un po’ perché permettono di dare voce anche a chi, probabilmente, farebbe meglio a tacere (pensate a tutti i saccenti professionisti abilitati dall’università di Wikipedia); un po’ perché scrivere dietro uno schermo non offre una reale possibilità di confronto: e così ci si ritrova, spesso, a non fare i conti (nemmeno con sé stessi), a non concedersi il tempo della critica e del dialogo e, inevitabilmente, a dimenticarsi che la critica e il dialogo (persino l’insulto a volte), aiutano a crescere. Sempre.
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