Il viaggio nella sanità calabrese con Lino Puzzonia. Nascita della Facoltà di Medicina e l'impegno di Antonio Alberti

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images Il viaggio nella sanità calabrese con Lino Puzzonia. Nascita della Facoltà di Medicina e l'impegno di Antonio Alberti
Università Magna Graecia di Catanzaro
  16 luglio 2023 07:43

In compagnia di Lino Puzzonia il viaggio de La Nuova Calabria nel complesso pianeta della sanità calabrese continua senza soste. Siamo giunti con quella odierna alla settima tappa.

La storia diventa più avvincente. Entriamo nel capitolo dedicato alla Facoltà di Medicina. Anche le diverse criticità del sistema sanità "trasferite" nella nuova Azienda unica catanzarese a "Dulbecco"

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Per la nostra regione doveva rappresentare una importante occasione di sviluppo sociale, culturale. Doveva, scrive Puzzonia che ha vissuto il periodo, ma a Catanzaro e in Calabria questo non è avvenuto. Seguiamo quindi passo passo questa tappa.

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 DI LINO PUZZONIA 

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“Una facoltà di Medicina rappresenta, per qualsiasi regione e per qualsiasi territorio, un formidabile strumento di crescita della sanità. Intanto per la formazione di personale qualificato: non solo medici, ma specialisti, infermieri, tecnici di laboratorio, tecnici di radiologia e altri ancora. Poi perché la capacità di ricerca, propria dell’istituzione universitaria, permette di utilizzare al massimo le esperienze cliniche al fine di migliorare la qualità dell’assistenza.

Senza dimenticare l’indiscutibile ruolo di promozione sociale e culturale.

A Catanzaro e in Calabria questo non è avvenuto finora se non in piccolissima parte; cerchiamo di capire perché.

A cavallo tra gli anni settanta e ottanta del secolo scorso l’ospedale Pugliese godeva di un grande prestigio professionale e i giovani che avevano da qualche anno cominciato a lavorarvi erano orgogliosi di farlo e avevano sviluppato un forte senso di appartenenza. Il prestigio si fondava non solo sulle elevate capacità professionali un po’ in tutti i settori ma anche in un clima “politico” di grande valenza progressiva e democratica.

Fu in questo clima che un folto gruppo di professionisti (di almeno tre o quattro generazioni diverse) concepì il progetto di una Facoltà di Medicina a Catanzaro. Ricorderò, per non incorrere in omissioni, solo Antonio Alberti che di quel gruppo fu la punta di diamante sia per l’originalità  e la paternità dell’intuizione, sia per l’autorevolezza di cui godeva in quel gruppo, sia infine per il ruolo istituzionale che ricopriva in quegli anni quale senatore della Repubblica.

L’intuizione era stata quella di aver preso consapevolezza che la progressione culturale e professionale del mondo ospedaliero catanzarese aveva esaurito la propria “spinta propulsiva” autonoma e necessitava, per un ulteriore salto di qualità, della creazione di una cinghia di trasmissione tra l’assistenza e la didattica e la ricerca quali potevano essere assicurati solo dalla creazione a Catanzaro di una Facoltà di Medicina.

Non sembrava il tempo giusto perché stavano maturando fortemente in Italia in quel periodo le convinzioni che porteranno, negli anni successivi, al numero programmato per l’accesso a Medicina e quindi l’istituzione di una nuova Facoltà destava molte perplessità sul fronte politico, specialmente a sinistra.

L’entusiasmo e gli argomenti di Alberti, che ricordava anche la presenza di un particolare interesse che la nuova facoltà avrebbe potuto avere per certa patologia regionale e il ruolo che essa avrebbe potuto giocare come punto di riferimento per tutto il mediterraneo meridionale, fecero sì che anche la sinistra (Giovanni Berlinguer allora responsabile della formazione sanitaria per il PCI) convenisse con altre spinte provenienti da settori diversi ( a Catanzaro era presente già da anni un Consorzio per la libera Università) si giungesse alla nascita , con la legge 590/82, presso l’Università di Reggio Calabria, di una facoltà di Medicina con sede a Catanzaro.

L’avvio della facoltà fu estremamente lento e mancò comunque clamorosamente quello che tanti nel mondo ospedaliero si aspettavano cioè un’immediata integrazione tra la nascente Università e quella parte del mondo ospedaliero che l’aveva voluta. Tanto più che, nell’immediato, l’università non disponeva di propri locali per l’effettuazione delle attività assistenziali. Si cercò in quegli anni di addivenire ad una qualche istituzionalizzazione del rapporto tra le sue strutture che, fino alla tarda primavera del 2023, è, in buona sostanza, rimasto mancante.

Le responsabilità vanno attribuite a un a certa riluttanza degli universitari a perdere l’assoluta autonomia organizzativa o comunque a vederla inevitabilmente condizionata dal più grande e articolato mondo degli ospedalieri. D’altra parte il mondo ospedaliero non era per nulla compatto nella posizione da tenere e all’atteggiamento di grande apertura del gruppo di cui abbiamo detto si contrapponeva un gruppo, altrettanto autorevole, di professionisti per nulla disposti alla collaborazione se non, forse, in cambio di contropartite accademiche. Di fatto l’integrazione non si fece.

Fra alti e bassi e con una collaborazione affidata a singole intese fra docenti e primari e con l’unica presenza al Pugliese del settore materno-infantile universitario, le altre cliniche universitarie furono sistemate in una struttura, già clinica privata, e quindi complessivamente con strutture assistenziali molto limitate. Si giunge  così al 1998 con la nascita dell’Università autonoma Magra Graecia di Catanzaro.

Ne diviene subito Rettore Salvatore Venuta già Preside della facoltà di Medicina

La figura è nodale perché Venuta trova le idee e le risorse per la nascita del campus universitario e del Policlinico (che è di proprietà universitaria) che oggi porta il suo nome. Struttura ampia e moderna sul piano didattico, significativa su quello della ricerca ma che tuttavia ancora oggi è utilizzata a molto meno della metà delle proprie potenzialità assistenziali.

Al Policlinico mi risulta esserci spazio per altri 300 posti letto senza particolari necessità di ristrutturazione (il famoso corpo C),  vi sono una unità coronarica e una rianimazione inutilizzate oltre alle due in funzione mentre ormai il Pugliese, i cui posti letto andrebbero drasticamente ridotti, è costretto a barcamenarsi in una situazione che, difficile ogni giorno, diventa drammatica nell’emergenza come è accaduto nei mesi dell’emergenza Covid

Non è irrilevante che le scelte del Rettore, personaggio di grande spessore intellettuale ma pochissimo disponibile al confronto e a mettere in discussione la proprie convinzioni,  siano state del tutto autonome da un rapporto con le altre istituzioni cittadine:  a partire dalla scelta logistica, lontana dalla città ma, specialmente, lontana dalle strutture ospedaliere di Catanzaro.. Questo era  in perfetta coerenza con la sua convinzione (differente peraltro da quella della più gran parte dei Rettori delle altre università italiane) che l’integrazione non fosse possibile e che l’Università dovesse avere, anche sul piano assistenziale, delle UUOO dirette da universitari e con caratteristiche funzionali del tutto differenti da quelle tradizionali ospedaliere.  La mancanza di un Pronto Soccorso a Germaneto ne è una evidente manifestazione.

Coerente con tale logica fu il protocollo stipulato nel 2004 tra Università e Regione che doveva sperimentalmente durare per quattro anni (fino all’apertura del Policlinico a Germaneto) e che, di fatto, è rimasto vigente fino al 2023.

Intanto era stata persa anche l’occasione della creazione delle Aziende ospedaliere e la Regione aveva sostanzialmente accettato il punto di vista del Rettore creando a Catanzaro due diverse Aziende ospedaliere una delle quali con numeri estremamente contenuti e sicuramente pochissimo efficienti in una logica assistenziale e gestionale.

Non solo ma per un certo periodo fu creato, con grande sperpero del pubblico denaro, il mostro giuridico e organizzativo della Fondazione Campanella che, fortunatamente, è stata poi” giustiziata” dalla magistratura.

Sono seguiti lunghi anni durante i quali le relazioni sono rimaste limitate al settore materno infantile, sempre ubicato al Pugliese, e a singole collaborazioni in qualche altro settore di fatto mai istituzionalizzate.

Negli ultimi anni nemmeno il Piano di Rientro, che ha sempre previsto l’obbligo di una integrazione tra le due strutture, è riuscito a smuovere le acque se non con un accordo di massima, mai peraltro attuato, tra l’allora rettore Quattrone e il Commissario Scura. Accordo che, procedendo a spanne, prevedeva il 60% di strutture a direzione universitaria e il 40% a direzione ospedaliera.

Pur essendo a tutti evidente che la storia non si può fermare e che la unificazione, prima o poi, sarebbe arrivata non furono attivate nessuna di quelle attività che, altrove, hanno richiesto anni per facilitarne il processo e consentire una serena unificazione sul piano formale.

A tale scopo non fu utile nemmeno l’opportuna scelta di nominare come Commissario di entrambe le strutture un personaggio di grande esperienza e competenza come  Giuseppe Zuccatelli. Tale esperienza culminata nella nomina dello stesso Zuccatelli a Commissario regionale finì drammaticamente in pochi giorni per motivi che mi rimangono oscuri.

Alla fine del 2021 una nuova legge regionale, dopo quella impugnata dal governo e bocciata  dalla Corte costituzionale, ha sancito la “incorporazione” dell’AOPC nell’AOU Mater Domini costituendo una nuova AOU denominata “Dulbecco”.  Dopo il lavoro, durato più di un anno, di una commissione mista Regione-Università si è giunti alla stipula di un protocollo, dai contorni non del tutto chiari, che sembrava ricalcare l’accordo Scura-Quattrone con la sola novità di creare un secondo Pronto soccorso a direzione universitaria nel plesso di Germaneto.  Il resto è affidato al nuovo Atto aziendale della Dulbecco.

L’Università e la Facoltà di Medicina sono importanti per Catanzaro e per la Calabria ma un accordo del genere risultava iniquo.  Sempre procedendo a spanne ma non tanto, nell’ultimo decennio oltre l’80% delle attività assistenziali della città di Catanzaro sono state svolte all’AOPC e meno del 20% al Policlinico (dati di spedalità pubblicati dal Ministero). La soppressione di tante UUOO a direzione ospedaliera avrebbe determinato la perdita di occasioni professionali (che fanno parte dello svolgimento naturale della professione medica) e sarebbe stata una penalizzazione troppo severa per i tanti che stanno “tirando la carretta” all’ospedale Pugliese e che, ormai ripetutamente, l’ex sindaco Abramo ha criminalizzato, attribuendo loro la responsabilità della mancata integrazione. C’è da ricordare infatti che le legittime aspirazioni del personale universitario possono essere assicurate sul piano della didattica e della ricerca e non necessariamente anche su quello assistenziale e che non è scritto da nessuna parte che a tutti i docenti vanga garantita la direzione di una UO assistenziale, probabilmente, in molti casi meglio coperta dall’esperienza di un medico ospedaliero con tanti anni di prima linea. L’attività didattica può benissimo contare su una UO a direzione ospedaliera nell’ambito delle rispettive competenze.
Per la verità, a tutto questo la recente emissione di nuove linee-guida per l’Atto aziendale hanno sembra aver rimosso una parte importante delle criticità.

Certo il cammino è ancora lungo essendo mancate, prima dell’unificazione formale, tutte quelle attività propedeutiche cui accennavo sopra ma, con la buona volontà di tutti, è possibile avviare un processo virtuoso che tuttavia non può essere disgiunto dalle scelte complessive di “sistema” della sanità calabrese che , allo stato, si presentano ancora oscure.

Ne parleremo più avanti.”

Lino Puzzonia

7-continua

 

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