di ANNA TRAPASSO
Dove sono finite le nostre emozioni? E' questo l'interrogativo con cui Paolo Crepet, psichiatra, sociologo, educatore, saggista e opinionista, ci invita a riflettere sulla contemporaneità. Lo stesso interrogativo che gli abbiamo posto all'inizio della lunga intervista che ha voluto rilasciare in esclusiva a La Nuova Calabria. Crepet - lo ricordiamo - sarà al Politeama di Catanzaro il prossimo 19 marzo con "Mordere il cielo", la sua conferenza-spettacolo tratta dall'omonimo libro, un titolo che suona proprio come un'esortazione, specie per i più giovani: "Bisogna alzare lo sguardo dai display, alzarsi dal divano, sgranchirsi e prendere a morsi il cielo, ritrovare il coraggio di inseguire i propri sogni, le passioni, le proprie unicità".
"Viviamo in un mondo molto problematico - esordisce Crepet - oggi ho dato un'occhiata ai giornali: sono terrorizzato. Essere giovani e voler credere in un futuro è obbiettivamente difficile. E anche noi: stiamo dando una mano ai nostri giovani? Siamo abbastanza autorevoli?"
E, in questo contesto di annichilimento sociale, che ruolo hanno le nuove tecnologie, i social media, l'intelligenza artificiale?
"Le nuove tecnologie, il digitale, l'intelligenza artificiale, sono un ausilio alla vita di tutti i giorni ma non bisogna perdere il contatto sociale. Oggi se non fosse per queste nuove tecnologie, non potremmo fare questa intervista a centinaia di kilometri di distanza. Ma, ad esempio, faccio molta fatica ad andare in tv per la semplice ragione che nn voglio partecipare a queste schermaglie tra odiatrici e odiatori, piegate alle logiche dei social. [...] Bisognerebbe pensare al futuro con alcune regole del passato, non smettere a esempio di fare due passi al mare, di ritrovarsi con gli amici, di darsi una pacca sulla spalla. Il vero nemico, oggi, è la solitudine sociale. Mi fa orrore la guerra ma c'è una guerra silenziosa che non si combatte con i missili, che crea meno anticorpi, ed è proprio la solitudine sociale, che ci fa chiudere tutte le edicole, le biblioteche, i luoghi di aggregazione. Mi piacerebbe vedere Zuckerberg in una bella pizzeria napoletana, a mangiare una vera pizza, mi piacerebbe vederlo perdere un po' di tempo, perchè anche perdere tempo è importante. Ma sono ottimista, non voglio perdere le speranze", aggiunge Crepet.
E ancora sul concetto di normalità e follia: "Ho seguito lungo il mio percorso di vita i miei maestri ma anche le persone più semplici. E tutti mi hanno insegnato che la normalità non è interessante, dobbiamo sempre inseguire qualcosa di speciale. Il contrario di normalità non è anormalità: è passione. Mi rivolgo ai giovani: spero che i ragazzi e le ragazze inseguano qualcosa che gli faccia dire "WOW". Una musica, un libro, un tramonto, qualsiasi cosa, ma non possiamo rimanere accucciati sul divano".
In conclusione, un pensiero anche a Vittorio Sgarbi, ricoverato in questi giorni in ospedale a causa di una grave depressione: "Nella vita non importa quanto sei andato d'accordo con quella persona, ciò che conta è che alla fine ci si voglia bene. Ci dobbiamo volere bene fino all'ultimo respiro. Auguro a Vittorio di uscire di nuovo di casa e di continuare a provocarci, ad arrabbiarsi, a dire le sue cose, ad incantare decine di migliaia di persone. E' un nostro figliol prodigo che adesso è stanco. La depressione si deve chiamare "sosta". E' una sosta che ci dobbiamo anche concedere però poi, quando i cavalli sono riposati, si riprende il viaggio".
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