Joe Riverso, il satrianese dell'11 settembre 2001 e il ricordo che non svanisce (FOTO)

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images Joe Riverso, il satrianese dell'11 settembre 2001 e il ricordo che non svanisce (FOTO)
Joe Riverso
  11 settembre 2019 18:22

di EDOARDO CORASANITI

Joe Riverso è americano, fiero ed orgoglioso dalla nascita. Ha vissuto, studiato e amato gli Stati Uniti. Broker e giocatore di footbal senza mai dimenticare i lavori del passato al bar dell'università. 
La parabola del sogno americano è servita, almeno fino a quando l'11 settembre 2001 non va a lavorare come ogni mattina. 

Quel tragico giorno finisce tutto: l'amore per Danielle, sua figlia di 7 anni, l'affetto per sua moglie, la nostalgia per la Calabria, per Satriano.
Perché bisogna arrivare in provincia di Catanzaro per scoprire le origini di Joe. Sua madre e suo padre, Caterina e Domenico, nascono a Satriano e nel 1961 decidono di trasferirsi in America per accarezzare il sogno dell'indipendenza economica, della gratificazione, della rivalsa sociale. E ci riescono, costruendo una famiglia in cui, oltre a Joe (nato nel 1967), ne fanno parte Ralf, William e Maria Emilia. 

Poi lo schianto, il caos, l'ombra della morte che quel giorno avvolge 2996 persone. La letteratura giornalistica racconta che a colpire le torri gemelle è stato Al-Qaeda, cambiando per sempre la vita degli states, ma forse anche di tutto il resto de mondo. 

C'è anche Joe Riverso in quella narrazione. Il 34 enne nato e cresciuto a White Plains, poco a nord di New York, lavorava come broker nella società Cantor Fitzgerald nella torre Nord che dal 101 al 105 piano ospitava quel giorno altri 657 suoi colleghi. Tutti morti forse ancor prima che la Torre crollasse.

La sua era la torre nord, collassata alle 10:28, dopo un incendio di circa 102 minuti. 
Qualcuno racconta che Joe fu spedito sopra, il più in alto possibile. C'era la speranza che qualcuno con gli elicotteri andasse a salvarli. Invece non è stato così.  

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Joe era stato in Italia a fine anni '70, dove ha giocato e passato il tempo con i satrianesi, la sua famiglia e suo cugino di secondo grado, Antonio Raffaele Riverso. L'incontro tra i due però non si esaurisce qui. Antonio, che poi diventerà un architetto, finisce per lavorare per proprio nella Grande Mela. L'ospitalità calabrese non conosce latitudine e così per 14 mesi il giovane architetto vive con la famiglia di Joe. E lui lo ricorda con affetto, come un fratello, con un sentimento che non conosce spazio e tempo, eterno. 

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"Oggi ci piace ricordarlo sorridente, con quella sua grande voglia di giocare, persino di scherzare infinitamente. Giocare. Giocare. Nonostante il suo lavoro impegnativo, presso la società di investimenti New York, amava tanto il football che si era dato a far da allenatore (ora che si era appesantito) della sua Stepinac High School, nella contea del Westchester, che lo ricorda con un monumento eretto alla base della diga di Walahalla, dedicato a Joe e altri cittadini della contea,  mentre il suo Liceo gli ha titolato un Memorial che da allora si tiene ogni anno. Joe non doveva di morire, come non lo meritavano tutti gli altri mille e mille e mille. Era uno splendido figlio, fratello, padre. Un amico speciale. Un bel sorriso ed un grande entusiasmo per la vita". Così scrive Maria, sua sorella, che con poche parole ricorda Joe nel drammatico album delle persone libere ed incolpevoli uccise dall’odio di Al-Qaeda.

Joe muore a New York in cui degli episodi più tragici della storia, ma la sua Satriano non lo ha dimenticato. Nemmeno dopo 18 anni.
Negli anni scorsi, infatti, il Comune gli ha dedicato una targa a ricordo a pochi passi dall'abitazione dei genitori.

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