L'UCPI ha proclamato tre giorni di astensione nazionale, che culmineranno domani con una manifestazione a Roma
06 maggio 2025 20:31Riportiamo la nota stampa del Direttivo della Camera Penale di Catanzaro
“La risposta alla richiesta di sicurezza da parte dei cittadini è un atto doveroso per lo Stato, a maggior ragione nelle zone o nei contesti di forte degrado sociale. Ma il grottesco caravanserraglio di aggravanti ed incrementi di pena squadernati in questo decreto-legge, nel cinico inseguimento del consenso social, è - a quel dichiarato fine - peggio che inutile: è una indecorosa farsa.”
Queste parole, scritte da Giandomenico Caiazza nell’editoriale di PQM di sabato 3 maggio, rispecchiano pienamente e racchiudono il senso di ciò di cui si è discusso oggi nell’assemblea indetta dalla Camera Penale “A. Cantàfora” di Catanzaro.
Il riferimento, ovviamente, è al famigerato “Decreto Sicurezza”, la cui emanazione ha fatto insorgere i penalisti italiani, tanto che la Giunta dell’UCPI ha proclamato 3 giorni di astensione nazionale, che culmineranno domani con una manifestazione a Roma, durante i quali sono state organizzate diverse iniziative finalizzate proprio a portare alla luce ed a far conoscere, anche alla società civile, le storture di tale nuovo decreto.
Un decreto che già nasce affetto da un vizio, che la dice lunga sulla matrice securitaria ed autoritaria dello stesso: si è adottato lo strumento delle decretazione d’urgenza per accelerare ed imporre, nonostante la totale assenza di straordinarie ragioni di necessità ed urgenza che soltanto giustificano il ricorso ad un simile strumento normativo, l’emanazione di un provvedimento che era già, sotto forma di disegno di legge, al vaglio del Parlamento.
È evidente come, bypassando il Parlamento, il Governo non abbia tenuto in alcuna considerazione la volontà dei cittadini, dei quali il Parlamento è espressione.
Tale modus operandi, si badi bene, non ha un colore politico, in quanto è diventato, ormai, il leit motiv che ha guidato tutti i Governi degli ultimi anni, interessando, trasversalmente ogni orientamento ed ogni maggioranza.
Con il decreto sicurezza 2025, quindi, si è introdotto nell’ordinamento italiano un affastellato di nuove fattispecie di reato, aggravanti, incrementi di pena, misure coercitive, il tutto giustificato dalla presunta esigenza di dare risposta immediata alle richieste di tutela da parte dei cittadini.
E, però, il diritto penale massimo e il pan-penalismo che caratterizzano il provvedimento in questione hanno come effetto reale non quello, apparente, di tutelare il cittadino, bensì quello, opposto, di comprimere i diritti e le garanzie dell’essere umano, che rischia di essere identificato, fermato o addirittura sottoposto a misura coercitiva anche solo per aver espresso il proprio pensiero ovvero per aver dato vita ad un dissenso pacifico.
Ecco, proprio tali aspetti sono stati oggetto della partecipata e sentita assemblea della camera penale, nel corso della quale si sono succeduti diversi interventi.
Oltre a quello del presidente Francesco Iacopino, del segretario Orlando Sapia e dei componenti del direttivo Stefania Mantelli, Antonella Canino e Angela La Gamma, di rilievo sono stati gli spunti offerti dai past president Aldo Casalinuovo, Enzo Ioppoli e Giuseppe Carvelli, nonché da diversi colleghi che hanno evidenziato una serie di criticità e di problematiche che questa deriva securitaria ha suscitato e comporterà nel corpo sociale.
Appassionato è stato, inoltre, l’intervento del professor Alberto Scerbo, ordinario di filosofia del diritto preso l’Università Magna Graecia, il quale ha sollecitato ciascuno a fare il possibile affinché lo strumento penale non diventi il mezzo ordinario di soluzione dei problemi sociali, in quanto tale sistema porterà, come già sta accadendo, alla compressione delle libertà e dei diritti.
Ed è per tale motivo che occorre parlare alla coscienza collettiva, perché non accetti più, supinamente, questi vulnus alla democrazia ed alle libertà individuali, ma si renda conto che non si tratta di questioni a lontane ed avulse dal raggio di interesse di ciascuno di noi.
Ciò in quanto, come detto da Pasquale Motta, direttore de “La novità”, sempre vicino alle battaglie della Camera Penale, parafrasando, la famosa predica del Luteranesimo: “Ieri hanno preso gli zingari ed io ero quasi contento perché tanto quelli andavano a rubare, poi hanno preso gli ebrei ma quelli mi stavano antipatici, poi hanno preso i comunisti ma io non sono comunista, poi sono venuti a bussare alla mia porta ma non c’era rimasto nessuno a protestare”.
Nessuno, infatti, è immune dalla possibilità di essere coinvolto nella macchina giudiziaria ingolfata da un diritto penale onnivoro e tutti, ma TUTTI, dobbiamo vigilare sempre affinché i diritti e le libertà faticosamente conquistati dai nostri padri non vengano sacrificati sull’altare della (percezione di) insicurezza sociale.
Come diceva Benjamin Franklin, "chi baratta la libertà con la sicurezza non merita né libertà né sicurezza e finirà per perderle entrambe".
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