di RITA TULELLI*
In un mondo sempre più connesso, la tecnologia influenza ogni aspetto della nostra vita. Ma cosa accade quando lo smartphone o il social network diventano strumenti di controllo, intimidazione e violenza? La tecnologia sta mostrando un volto inquietante per molte donne, ma può anche essere un’arma potente per la loro protezione.
L’evoluzione tecnologica ha aperto nuove frontiere per la violenza di genere. Uno degli esempi più drammatici è lo stalking digitale, in cui gli abusanti usano app di geolocalizzazione o spyware installati di nascosto per monitorare ogni spostamento delle loro vittime. Anche i social media, inizialmente pensati per connettere le persone, sono spesso utilizzati per il cyberbullismo o per la diffusione non consensuale di immagini intime, noto come revenge porn.
Secondo i dati di una ricerca dell’ONU, il 73% delle donne ha subito almeno una forma di violenza online, spesso da persone che conosce. Alcuni casi includono l’uso di deepfake, immagini e video manipolati per diffamare o umiliare. “Ero costantemente sotto controllo,” racconta Laura (nome di fantasia), vittima di stalking digitale da parte dell’ex partner. “Non sapevo come fosse possibile finché non ho scoperto un’app nascosta sul mio cellulare.”
Eppure, la tecnologia non è solo un’arma per gli aggressori: può anche salvare vite. Esistono oggi app sviluppate appositamente per aiutare le vittime di violenza di genere. Un esempio è Bright Sky, un’app gratuita che consente alle donne di documentare in sicurezza gli episodi di abuso e di accedere a servizi di supporto.
Anche i dispositivi indossabili stanno diventando alleati preziosi. Alcuni smartwatch, per esempio, dispongono di un pulsante di emergenza che invia richieste di aiuto alle autorità o ai contatti di fiducia. In alcune città italiane sono stati introdotti braccialetti elettronici per monitorare i molestatori, avvisando le autorità se si avvicinano troppo alla vittima.
“Questi strumenti sono cruciali,” spiega Maria volontaria di un centro antiviolenza. “Per molte donne, sapere di avere un supporto a portata di mano rappresenta una svolta psicologica oltre che pratica.”
Affinché la tecnologia sia davvero al servizio delle donne, è necessario un impegno collettivo. Le piattaforme social devono migliorare i loro strumenti di moderazione, garantendo la rimozione rapida di contenuti offensivi o dannosi. Allo stesso tempo, le istituzioni devono promuovere campagne di educazione digitale, insegnando a ragazze e ragazzi a difendersi dalle insidie della rete.
Anche il ruolo delle aziende tecnologiche è fondamentale. In molti casi, i produttori di app e dispositivi non prevedono sufficienti misure di sicurezza per proteggere le informazioni personali, aumentando il rischio di abuso. Serve una regolamentazione più severa che metta al centro la sicurezza delle utenti.
Nonostante i pericoli, la tecnologia può essere una forza positiva se usata in modo consapevole e regolamentato. Investire nella prevenzione digitale e nello sviluppo di strumenti sempre più avanzati potrebbe fare la differenza nella vita di milioni di donne.
Come società, dobbiamo lavorare insieme per garantire che la tecnologia non sia un’arma contro le donne, ma uno scudo per la loro libertà e sicurezza.
*avvocato
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