L'avvocato Conidi a difesa dei collaboratori di giustizia: "Assurdo ciò che lo Stato sta compiendo"

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L'avvocato Maria Claudia Conidi Ridolà
  18 ottobre 2024 17:20

di MARIA CLAUDIA CONIDI RIDOLA*

E’ davvero assurdo ciò che lo Stato sta compiendo per demotivare la collaborazione con la giustizia.

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 Mi associo a quanto detto dal mio esimio Collega Luigi Li Gotti in merito all’assurda determinazione ormai adottata dal Ministero dell’Interno secondo la quale ciò che dovrebbe costituire la “buona uscita” dal sistema economico dei collaboratori di giustizia sottoposti a regime di protezione, sarebbe assorbita dalle “inadempienze” negli anni maturate dai c.c.d.d. pentiti di mafia,  che e soprattutto a causa della loro  forzata e protratta nel tempo lontananza dalla terra d’origine , per ovvie ragioni di sicurezza, legate alle scelte di vita di chi opta per rientrare nei ranghi della legalità, hanno visto lievitare oltremodo la portata debitoria  delle cartelle esattoriali recanti somme accumulatesi negli anni proprio a causa del loro cambiamento radicale di vita-

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E il tutto senza neanche  batter ciglio da parte degli operatori di diritto direttamente coinvolti e interessati alla sorte di chi contrasta o almeno auspicherebbe fare, il crimine organizzato.-

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 (DNA, DDA, Sezioni anticrimine organizzato dell’intera penisola) –

È stata prevista l’applicabilità all’istituto delle capitalizzazioni   delle misure assistenziali dell’ art. Art. 48-bis del DPR n. 602 del 1973, secondo il quale prima di effettuare pagamenti superiori a euro 5.000, le amministrazioni pubbliche e le società a prevalente partecipazione pubblica devono verificare se il beneficiario risulta avere somme iscritte a ruolo per cui è inadempiente.

Il  tutto a discapito dunque dei collaboratori di giustizia che durante la vita “protetta” accumulano debiti in forza e ragione delle pendenze lasciate “aperte” i terra natìa, dove giacciono per anni automobili con tasse di circolazione scadute e dunque prenotate a debito, nonché utenze lasciate nella disponibilità di chi si sia avvicendato appropriandosi indebitamente delle stesse e approfittando dell’inerzia dello Stato che non si surroga a chi dovrebbe preoccuparsi di troncare i vecchi rapporti economici e che del resto, non potrebbe neanche  farlo, per ovvie ragioni legate alla sua stessa sicurezza ,esponendosi a una vera  e propria violazione comportamentale , qualora avesse deciso inopinatamente di farlo ,a pena di revoca del programma di protezione stesso.

Il collaboratore di giustizia, infatti, non ha lo spid, ovvero un’identità elettronica digitale, per potersi autenticare autonomamente presso i servizi di pubblica amministrazione, e dunque è rimesso in toto  al SCP, che invece di provvedervi, lascia che si accumuli ogni sorta di situazione debitoria in capo al pentito.

 Tutto davvero assurdo.

 Senza pensare che la capitalizzazione è una sorta di T F R post collaborazione che costituisce l’insieme delle somme capitalizzate dovute a titolo di assegno di mantenimento e dunque di natura alimentare e come tale non esecutabile per un tot di anni, al fine di consentire il reinserimento socio lavorativo di chi per decenni si è visto ai margini della società, con documenti di coperture e che ha sempre avuto un’identità fittizia-

Il tutto senza ancora considerare che la medesima legge non si applica alle aziende o società per le quali sia stato disposto il sequestro o la confisca ai sensi dell'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356-

 A ben vedere i pentiti di mafia sono in primis coloro avverso i quali lo Stato dovrebbe provvedere alla confisca dei beni accumulati nel tempo, ante collaborazione, così come previsto dalla legge sopra richiamata e alla quale non dovrebbe applicarsi il famigerato art. 48-bis del DPR n. 602 del 1973,  poiché di certo frutto di attività non cristalline, ergo di attività illecita di stampo mafioso , stante la matrice di provenienza del collaboratore di turno, sia esso 'ndranghetista, camorrista o mafioso comunemente detto.-

Pertanto non pare a chi scrive che l’applicabilità della disposizione anzidetta di cui all’art. 48 bis del DPR n. 602 del 1973, all’istituto della capitalizzazione delle misure di assistenza economica in capo al pentito ,sia dettato da logica coerenza o comunque ispirato allo spirito della legge antimafia-Anzi. Pare invero un escamotage adottato per battere Cassa da parte dello Stato.-

D’ora in poi il mafioso pieno di debiti e di cartelle esattoriali si guarderà bene dal collaborare con la giustizia e la faranno da padroni, invece, i furbetti che avranno eluso le tasse e la legge in modo più furbo ed elegante, magari avendo usato prestanomi o essendosi avvalsi   di scappatoie finanziarie ormai alla portata dei ben pensanti, supportati nelle opinate scelte finanziarie,  da seri e ben predisposti studi commerciali.

*avvocato

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