di PASQUALE MONTILLA*
Il SIN di Crotone con i suoi veleni dovevano rappresentare una riflessione scientifica avanzata applicando modelli statistici predittivi molecolari e screening onco-tossicologici nella valutazione del danno subito su specie umana.
Una rapida prevenzione primaria e secondaria con ricalibrazione dei dati sanitari acquisiti avrebbero garantito un maggiore controllo sulle malattie oncologiche correlabili a patogenesi ambientale.
Le mancate strategie procedurali e errori cognitivi non applicando il più semplice dei ragionamenti Bayesiani e la valutazione iterattiva delle ipotesi hanno realizzato un grave salto di qualità della contaminazione persistente di contaminanti industriali in ambiente e su specie umana. In sintesi prodotta una drammatica area di alienazione.
Per ricalibrare interventi mirati sanitari e far luce sugli effetti a lungo termine sarebbe bastato uno studio tossicologico e analisi genetiche su campioni di popolazione residente esposta. In un ambiente potenzialmente contaminato e altamente mutagenico bisognava ipotizzare tassi di mutazioni genetiche ad indirizzo oncogeno.
Si continuano paradossalmente a sollevare solo preoccupazioni sull'equilibrio alterato dell'ambiente e la reale probabile vulnerabilità genetica.
Dal degrado di una industria metallifera come l'ex Pertusola di Crotone uno studio con mappatura genetica sulla popolazione esposta da contaminanti potrebbe fornire informazioni preziose su come gestire effetti da esposizione prolungata a radiazioni a basso dosaggio e salvare vite umane.
*Oncologo Medico Consulente Scientifico ONA Roma
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