Lettera a Tito, “Fuga verso la libertà” il racconto inedito della scrittrice molisana Paola Giaccio ambientato in Calabria

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images Lettera a Tito, “Fuga verso la libertà” il racconto inedito della scrittrice molisana Paola Giaccio ambientato in Calabria

  14 maggio 2025 17:53

di DOMENICO LANCIANO

Caro Tito, ho conosciuto la scrittrice molisana Paola Giaccio (nata in Agnone del Molise nel 1964) quando nel 2019 ha presentato (nella sala Consiliare della sua Città) il suggestivo libro “Racconti ed emozioni del mio paese” e sulla copia acquistata mi ha onorato di una sua dedica autografa. In precedenza, nel 2018, avevo visitato una stupenda mostra di foto d’epoca e di antichi mestieri realizzata proprio da lei nei locali di Palazzo San Francesco, sede pure della Biblioteca Comunale, degli uffici turistici e della Sala Consiliare. Madre e nonna, fino al 2003 è stata segretaria in uno studio di consulenza finanziaria. La sua vocazione altruistica la porta ad essere volontaria dell’UNICEF e della Croce Rossa Italiana; svolge pure la “clownterapia” nel contesto dell’Associazione Paciok di Campobasso.

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Paola Giaccio

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Dal 2013 scrive articoli di cultura popolare sul sito interregionale << www.altosannio.it >> (fondato da Enzo Carmine Delli Quadri, ex manager ENEA) e collabora con la rivista web “Molise Protagonista”. Dal 2019 produce Calendari da collezione, evidenziando e diffondendo la cultura e le tradizioni dei dodici paesi che facevano parte della dismessa Comunità Montana Alto Molise. Suoi racconti sono stati inseriti in riviste o pubblicazioni collettive (come, ad esempio, “Tesori dell’Alto Sannio” – “Aprendo i cassetti” – “Agorà, ombre e storie delle piazze di Agnone”). Ed è fresco di stampa il libro “L’ALBERO NELL’ORTO” (26 racconti tra sogni e ricordi). Ne evidenzio la copertina abbinata alla recentissima foto dell’Autrice. Su tale libro mi piace raccontarti qualcosa che ha in comune con la mia vita.

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L’ALBERO NELL’ORTO

Qualche mese fa la signora Giaccio mi ha fatto leggere il testo del libro “L’ALBERO NELL’ORTO” prima che venisse affidato per la pubblicazione all’editore partenopeo Mario Rovinello di “Valle del Tempo” (con la prefazione di Francesco Paolo Tanzj, noto scrittore ed ex docente nei Licei). Ho letto con interesse ed ho notato, con immenso piacere, che alcuni di questi 26 racconti potevano dirsi quasi identici alla vita che la mia famiglia ha trascorso nel casello ferroviario n. 324 di Cardàra di Badolato Marina, lungo la linea jonica delle Ferrovie dello Stato “Metaponto – Reggio Calabria”. Infatti, pure la famiglia di Paola ha trascorso tanto tempo nel casello del valico di Tre Termini della ferrovia privata (a scartamento ridotto) che, in 37 km di sali e scendi, collegava Agnone e altri paesi dell’Alto Molise alla stazione FS di Pescolanciano, permettendo di agganciarsi alla rete ferroviaria nazionale, dal maggio 1915 all’autunno 1943 quando l’esercito tedesco in ritirata l’ha messa completamente fuori uso.
 
 
All’interesse per il racconto della vita familiare e dell’infanzia di Paola in questo casello isolato e senza alcun servizio utile tra i boschi di Staffoli-Pietrabbondante, è subentrata pure una grande emozione che ha riportato la mente ed il cuore alla mia di infanzia, trascorsa per dodici anni in quel casello di Cardàra, senza luce, senza acqua, senza gas, senza nessun’altra comodità o facilitazione.

Vita dura per i casellanti delle ferrovie e per le loro famiglie! … Nonostante ciò, quasi per compensazione, quella esistenza sacrificata e semplice era, per paradosso, una vita felice, trascorsa dentro una grande unità e un grande amore familiare, nonché a stretto contatto con la natura.

Tra le fotografie presenti nel libro della Giaccio, una in particolare mi ha colpito ed emozionato ancora di più … la bambolina che si usava mettere sul letto bene ordinato, per starci tutto il giorno.

Forse eredità di chissà quale mito antico (forse della fertilità), tale bambolina sul letto era una usanza assai diffusa pure in Badolato, specialmente nei ceti contadini, operai e artigiani, ma anche in casa di qualche impiegato.

Ed io stesso, nel settembre 1952 (quando avevo due anni e mezzo) sono stato battezzato indossando proprio l’abito della bambolina che stava sul letto di una mia cugina.

Poi Paola descrive il trasferimento della propria famiglia nell’abitato di Agnone centro, così come avvenne per noi da Cardàra all’abitato di Badolato Marina. Erano gli anni fine sessanta, primi settanta, quando il mondo cominciava ad essere sedotto dal consumismo e dalle nuove tecnologie che avrebbero stravolto la vita semplice, ma anche i valori delle nostre piccole comunità, spopolandole con trasferimenti ed emigrazioni. Da allora stiamo vivendo e scontando la “disunità” demografica e lo sgretolamento (anche edilizio) poiché quel nostro piccolo mondo antico ha ceduto facilmente il passo alle sirene della cosiddetta “modernità”. Considerazioni che ho evidenziato nella mia piccola recensione pubblicata dai giornali web << https://ilfuturoquotidiano.it/agnone-lalbero-nellorto-di-paola-giaccio-racconta-pure-gli-anni-della-ferrovia-per-pescolanciano/ >> e  << https://www.altomolise.net/notizie/varie/42227/agnonepaola-giaccio-pubblica-l-albero-nell-orto-26-racconti-tra-sogni-ricordi-e-la-memoria-della-ferrovia-per-pescolanciano >> e dall’unico quotidiano cartaceo regionale Primo Piano Molise di martedì 06 maggio 2025 alla pagina 12 di Agnone con il titolo “Paola Giaccio fa rivivere la ferrovia Agnone – Pescolanciano”. Quasi sicuramente il direttore editoriale Maurizio d’Ottavio, evidenzierà tale recensione nel prossimo numero del mensile agnonese “L’Eco dell’Alto Molise”.

FUGA VERSO LA LIBERTA’

Sapendomi calabrese, Paola Giaccio mi ha poi fatto lèggere  << FUGA VERSO LA LIBERTA’ >> un suo recentissimo racconto (contro la violenza di genere) che è ambientato in Calabria e che ha intenzione di dare alle stampe appena possibile in un libro che (edito da “Valle del Tempo” di Napoli) conterrà altre due brevi narrazioni di carattere civile e socio-pedagogico per le nuove generazioni, pure scolastiche (bullismo e abuso di social). Infatti, come puoi leggere qui di sèguito, tale breve storia drammatica inizia a Reggio Calabria e Scilla per poi spostarsi a Pizzo, Stromboli e Vibo Valentia. Tratta di una donna molisana che tenta di riappropriarsi della propria vita e della propria libertà, dopo aver lasciato il proprio marito che la maltrattava in modo non più insopportabile. Tuttavia, la fuga verso la libertà non è assolutamente facile. Come spesso accade, liberarsi da qualsiasi tipo di legame, giogo o di schiavitù può costare tanta fatica e si possono correre molti rischi. Leggi tutto l’interessante racconto al seguente paragrafo 3.

Questa storia di ribellione e di emancipazione femminile mi ricorda quella che ho scritto nell’estate 1983 con il titolo (quasi simile) di “RAGAZZA IN FUGA (18 anni)”.

In questo romanzo (ancora inedito ma depositato alla SIAE) tratto di una ragazza calabrese (nello specifico di Badolato, mio paese natìo) che aspetta il compimento dei suoi 18 anni, cioè la maggiore età, per andare via dalla casa genitoriale e vivere una vita tutta sua prima a Roma e poi in giro per il mondo.

Da tale storia è nato il “Manifesto per i neo-maggiorenni” che, mercoledì 18 novembre 1983 verso le ore 18, mi ha aperto le porte dello studio televisivo di Rai Uno “Italia sera” (assai seguìta trasmissione condotta da Enrica Bonaccorti e Mino Damato).

Poi, il 10 dicembre 1983, proprio in Agnone del Molise (paese di Paola Giaccio e mia nuova residenza per matrimonio, contratto con Bambina Mastronardi) si è realizzata la prima FESTA DEI DICIOTTENNI (o dei neo-maggiorenni) dalla quale è scaturita l’abitudine (ormai nazionale) di festeggiare (spesso con cerimonie sfarzose ma anche civili) coloro che compiono 18 anni ed entrano, così, nella maggiore età.

Come nota a margine, mi sembra doveroso accennare al fatto che quel mio romanzo (sebbene ancora inedito) ha prodotto il “Manifesto dei Diciottenni o della Maggiore età” il quale, a sua volta ha portato il tema dell’ingresso nella “maggiore età” su giornali nazionali e – come detto – sull’allora principale canale televisivo italiano RAI UNO; quindi alla Festa dei Neo-Maggiorenni in Agnone del Molise, la quale ha indotto la Pontificia Fonderia di Campane Marinelli (la più antica del mondo) a creare la “Campana dei diciottenni” di cui una copia è stata donata, nel febbraio 1984, all’allora Sindaco di New York, Edward Irving Koch (1924-2013), nell’àmbito dell’imminente << 1985 – Anno Internazionale dei Giovani >> proclamato dall’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite). Come per dire quanto può smuovere il contenuto di un semplice romanzo (e per di più ancora inedito). La letteratura può essere una cosa seria e generare idee che poi si tramutano in azioni, le quali spesso cambiano modelli di vita o ne immetto di nuovi. Infatti da allora in poi è in uso festeggiare solennemente in tutta Italia (e anche altrove) l’ingresso nella maggiore età sia privatamente che pubblicamente con l’omaggio dell’Amministrazione comunale. Ad esempio, su mia proposta (accettata dall’assessore Franco Caccia), negli ultimi anni, tale Festa dei 18 anni è stata fatta a Squillace (CZ) nella sede municipale. Ed ecco, al seguente paragrafo 3, il racconto di Paola Giaccio che interessa la nostra Calabria, ma soprattutto le insidie che si nascondono spesso nelle pieghe di un matrimonio malato, procurando violenza e stalking fino alle estreme conseguenze del femminicidio.

"FUGA VERSO LA LIBERTA’ "  racconto di Paola Giaccio

Alessia accese l’auto e sentì il motore rombare dolcemente. La luce del sole nascente illuminò la strada deserta, come una promessa di libertà e di avventura. Però, mentre metteva in moto, sentì anche un nodo di ansia e di incertezza stringersi nel suo petto. Guardò allo specchietto retrovisore e vide la casa che aveva condiviso con suo marito, simbolo di un capitolo della sua vita che era finalmente chiuso. La casa sembrava piccola e lontana, come un ricordo che stava svanendo. Si chiese cosa l’aspettava adesso. Chi era lei, senza il ruolo di moglie e di compagna? I pensieri turbinavano nella sua mente come una tempesta. Ricordò i momenti belli, le vacanze, le serate passate insieme. Ma ricordò anche i momenti difficili del suo matrimonio, le litigate, le lacrime, le promesse non mantenute. Roberto, il suo ex marito, era un uomo che aveva nascosto la sua vera natura dietro una maschera di normalità. Ma Alessia sapeva la verità: era un uomo manipolatore e possessivo, che l’aveva isolata dal mondo e l’aveva costretta a vivere in una prigione emotiva. Si rese conto che non poteva più continuare a vivere in quel modo e riuscì a chiedere il divorzio. Anche la sua famiglia e gli amici erano stati sorpresi e addirittura scandalizzati dalla sua scelta. Ma non si lasciò intimidire.


Hermann Hesse

Partiva per un viaggio, per allontanarsi da tutto e da tutti. Era un viaggio verso l’ignoto. Con il cuore che batteva forte, guidò attraverso le colline e le valli del Molise, fino a raggiungere la Campania. Si fermò a Napoli, la città del sole e del mare. Poi, proseguì il suo viaggio verso la Calabria, raggiungendo Scilla, un piccolo borgo costiero calabrese noto per le sue acque cristalline e la sua atmosfera rilassata. Sedeva su una panchina, persa nelle pagine del libro di Hermann Hesse. La sua mente era ancora turbata dai pensieri, ma le parole del poeta sembravano avere il potere di calmare la sua anima. Lesse la poesia “Stufen” (Gradini) e si sentì trasportata in un mondo di riflessione e di introspezione. Le parole di Hesse sembravano parlare direttamente al suo cuore: “Wir stehen noch im Tor des Lebens, Und sehen die Wege, die wir nicht gehen. Wir hören die Stimmen, die wir nicht hören, Und fühlen die Sehnsucht, die wir nicht stillen”. (“Siamo ancora sulla soglia della vita, e vediamo i sentieri che non percorreremo. Sentiamo le voci che non sentiremo. E proviamo la nostalgia che non potremo placare”).

Si sentì commossa dalle parole di Hesse. Sentiva che il poeta stava descrivendo esattamente il suo stato d’animo. Si sentiva come se stesse sulla soglia di una nuova vita, ma non sapeva ancora quale sentiero percorrere. Sentiva la nostalgia per ciò che aveva perso, ma anche la speranza per ciò che poteva ancora trovare. Lesse la poesia ancora una volta, lasciandosi trasportare. Si sentiva come se stesse viaggiando attraverso il tempo e lo spazio. La sua mente era immersa nella profondità delle parole del poeta, gesticolando con le mani nel vuoto, come un direttore d’orchestra, quando sentì una presenza accanto a lei. Alzò gli occhi e vide un uomo alto e distinto, con occhi verdi e penetranti. L’uomo la guardava con un sorriso, e sentì un brivido correre lungo la sua schiena. “Mi scusi”, disse l’uomo, “ma non posso fare a meno di notare che lei sta leggendo Hesse. È uno dei miei autori preferiti.” Alessia sorrise, sentendosi un po’ a disagio. Probabilmente aveva catturato la sua attenzione con i suoi gesti. “Sì, amo la sua poesia. Ha una profondità e una sensibilità che mi toccano molto.” L’uomo annuì, sedendosi accanto a lei sulla panchina. “Sì, Hesse ha il potere di toccare l’anima e di far sentire una musica incantevole nelle sue parole. Io mi chiamo Luca”.

Eh si! Era proprio il suo gesticolare ad averlo incuriosirlo. “Alessia”, rispose, stringendogli la mano. Luca la guardò con un sorriso, e Alessia avvertì una sensazione positiva e particolare per lui. Era come se avessero già condiviso qualcosa di profondo e di importante in chissà quale dimensione parallela… “E cosa la porta a leggere Hesse oggi?” chiese Luca, guardandola con curiosità. Alessia esitò, non sapendo come rispondere. Ma poi, guardandolo negli occhi, sentì di poter confidare in lui. “Sto cercando di trovare me stessa”, disse alla fine. “Sto cercando di scoprire chi sono veramente”. Luca annuì, come se capisse esattamente cosa intendeva. “Io credo che lei sia già sulla strada giusta”, disse, sorridendole. Seduti sulla panchina, immersi nella quiete della sera, con la luna alta nel cielo, la sua luce argentea illuminava i loro volti. “Mi racconti di lei”, disse Luca, guardando Alessia con curiosità. “Cosa l’ha portata a questo punto della sua vita?” … Alessia esitò ancora, non sapendo come iniziare, chiedendosi come era possibile parlare con tanta confidenza con uno sconosciuto, a solo un’ora dall’arrivo in un posto altrettanto sconosciuto! Ma poi, guardando di nuovo i suoi occhi, si lasciò andare. “Sono stata sposata. Ma il mio matrimonio è stato un’esperienza difficile. Mio marito era un uomo possessivo. Mi ha isolata dal resto del mondo, e mi ha fatto sentire come se fossi prigioniera” disse alla fine, tutto d’un fiato.

“Ma lei è riuscita a scappare…”, disse Luca con un sorriso dolcemente ironico. Alessia annuì. “Sì, ho trovato la forza di lasciare”. Luca sorrise di nuovo, e Alessia sentì un senso di connessione con lui. “Io credo che lei sia già sulla strada giusta”, e sono felice di poterla accompagnare in questo viaggio di scoperta”.  Sorrise anche lei, e sentì un senso di pace che ispirava una grande fiducia in lui. “Adesso è il mio turno”, disse. “Voglio raccontarle la mia storia”.  “Sono pronta ad ascoltare”, esclamò, come fossero grandi amici che si ritrovavano abitualmente a scambiarsi le ultime notizie del giorno. Luca prese un respiro profondo, e iniziò a raccontare. “Sono stato sposato anch’io”, disse. “Ma mia moglie è morta in un incidente. È stato un colpo durissimo, e ho impiegato molto tempo per superare il dolore. Ma adesso sto cercando di ricostruire la mia vita. Sto cercando di trovare un nuovo senso e un nuovo scopo. E credo che il nostro incontro sia stato un segno del destino”.  “Credo anch’io. Credo che il nostro incontro sia stato un segno del destino” rispose Alessia, un po’ confusa dal suo stesso entusiasmo nel confermarlo. Si avvicinarono al Castello di Scilla, una fortezza imponente che dominava la costa calabrese e lo Stretto di Messina … la mitica ed omerica strettoia tra Scilla e Cariddi.

“Mentre camminiamo, ti racconto la storia di questo posto”, disse Luca, prendendola per mano. “Il Castello di Scilla fu costruito nel XIII secolo dai Ruffo, una famiglia nobiliare calabrese”, iniziò. “La fortezza fu utilizzata come difesa contro gli attacchi dei Saraceni e dei Turchi”. Mentre Luca parlava, Alessia si sentiva trasportata indietro nel tempo. Immaginava i cavalieri in armatura che difendevano il castello, le donne che tessevano tappezzerie nei saloni, i bambini che giocavano nei cortili. “La storia del castello è anche legata alla leggenda della Sirena”, continuò Luca. “Secondo la leggenda, la Sirena era una creatura mitologica che viveva nel mare e che aveva il potere di attirare i marinai con la sua voce incantevole. La leggenda dice che la Sirena fu vista per l’ultima volta dalle mura del castello”, concluse Luca. “Da allora, è stato considerato un luogo magico, dove la storia e la leggenda si incontrano”. Raggiunsero la sommità del castello e si fermarono a guardare il mare. Il sole stava tramontando, tingendo il cielo di rosa e di arancione.

“È stato incredibile”, disse Alessia, voltandosi verso Luca. “La tua storia mi ha fatto sentire come se fossi dentro un romanzo”. “Sono felice di aver potuto farti vivere un’avventura”, disse Luca. “La storia è piena di segreti e di storie incredibili. Basta solo saperle cercare.  Ci vediamo anche domani?”  “Certo” rispose Alessia, pensando si dovessero salutare con questa promessa. Invece si trovarono seduti in un ristorante sul lungomare di Scilla. La serata era calda e suggestiva, l’atmosfera era allegra e rilassata. Mentre aspettavano il cibo, Luca iniziò a raccontare una storia divertente sulla sua infanzia, quando aveva tentato di catturare un polpo in una vasca da bagno. Alessia rise così forte che dovette coprirsi la bocca con la mano. Poi, fu il turno di Alessia. Iniziò a descrivere la sua breve esperienza come cameriera in un ristorante molisano, dove aveva dovuto servire un tavolo di clienti molto esigenti, un piatto di aragoste che le scivolò a terra. Luca rise così forte che dovette tenersi la pancia. La serata continuò così. Il cibo arrivò, ma loro erano così impegnati a ridere e a parlare che quasi non lo notarono. A un certo punto, Luca iniziò a imitare il polpo della sua storia, muovendo le braccia e le gambe in modo goffo. Alessia rise così forte che cadde dalla sedia, e Luca dovette aiutarla a rialzarsi. La risata era contagiosa, e presto molti clienti del ristorante stavano ridendo insieme a loro. Il proprietario del locale, un uomo anziano con un sorriso largo, si avvicinò al loro tavolo e disse: “Vedo che state avendo una serata divertente! Posso unirmi a voi?” Luca e Alessia annuirono, e il proprietario si unì a loro, raccontando episodi esilaranti e ridendoci insieme. La serata continuò così, con Luca, Alessia e il proprietario del ristorante che ridevano e si divertivano insieme. Per una sera, i loro problemi e le loro preoccupazioni furono dimenticati, sostituiti dalla gioia e dalla risata. Era come se si conoscessero da sempre, e la loro amicizia fosse cresciuta in una sola serata…

Arrivata in hotel, cinque minuti e si addormentò profondamente, con addosso ancora l’accappatoio della doccia. Erano le nove del giorno successivo. La loro destinazione era il museo di Reggio Calabria. “Reggio Calabria è una città antica”, disse Luca, con gli occhi che brillavano di entusiasmo. “Fu fondata dai Greci nel VIII secolo a. C. e ha una storia ricca e complessa”. Alessia ascoltava con attenzione, affascinata dalla storia di Luca. “Mi racconti di più?”, chiese, con un sorriso. Luca sorrise a sua volta. “La città è stata conquistata da vari popoli nel corso dei secoli”, disse. “I Romani, i Bizantini, i Normanni… ognuno di loro ha lasciato un’impronta sulla città.” E mentre lui parlava, si sentiva trasportata in un mondo di storia e di cultura. Era incantata dalla sua conoscenza. “La città è anche famosa per i suoi bronzi”, disse Luca, con un sorriso. “Sono due delle opere d’arte più belle e significative della storia”. Alessia era senza fiato, ammirando la bellezza e dalla loro perfezione. “Sono magnifici!”. Proseguirono la loro visita al museo, diretti verso la sezione dedicata all’arte greca e romana. “Guarda questo vaso”, disse Luca, indicando un bellissimo esemplare di ceramica greca. “È un esempio perfetto della tecnica della ceramica a figure rosse”. Alessia si avvicinò al vaso, ammirandone la bellezza e la delicatezza. “È incredibile”, disse. “Come hanno potuto creare qualcosa di così bello e così fragile?” “La ceramica greca è famosa appunto per la sua bellezza e la sua delicatezza”, disse. “I Greci erano maestri nella creazione di oggetti di grande bellezza e di grande valore”.  Ammirando le statue di marmo, le monete antiche e le gemme preziose, Luca spiegava il significato di ogni oggetto. Infine, arrivarono davanti a una bellissima statua di Afrodite, la dea dell’amore e della bellezza. Alessia si fermò di fronte alla statua, ammirandone la magnificenza e la grazia. “È incredibile”, disse. “Questa statua è così bella e così piena di vita.” “Sì, è una delle opere più belle del museo. E rappresenta perfettamente la bellezza e la grazia della dea Afrodite”.  Alessia si voltò verso di lui, guardandolo con gli occhi pieni di ammirazione. “Grazie per avermi fatto vedere tutto questo splendore”, disse. “Grazie per avermi fatto scoprire questo mondo”.

Decisero di prendersi un caffè in un piccolo bar lì vicino. Sedettero a un tavolino all’aperto, godendosi il sole e la brezza leggera. Mentre sorseggiavano il loro caffè, Luca le chiese: “Cosa ti ha colpito di più durante la nostra visita al museo?” Ci pensò per un momento prima di rispondere. “Credo che sia stata la statua di Afrodite. Era così bella e così piena di vita.” “Sì, è una delle mie opere preferite”, disse. “Ma credo che ci sia qualcosa di più che ti ha colpito.” Alessia lo guardò con curiosità. “Cosa intendi dire?” chiese. Luca si avvicinò a lei, guardandola negli occhi. “Credo che tu abbia visto qualcosa di te stessa in quella statua”, disse. “Qualcosa di bello e pieno di vita.” Alessia sentì un brivido correre lungo la sua schiena. Come faceva Luca a capire così bene? Si sentì come se lui avesse visto dentro di lei, come se avesse capito i suoi più profondi desideri e le paure. “Come fai a sapere queste cose?” chiese, guardandolo con meraviglia. “Non lo so. Ma credo che ci sia qualcosa di speciale tra noi. Qualcosa che va oltre le parole e le spiegazioni”. Alessia sentì il suo cuore battere più forte. Sapeva che aveva ragione. C’era qualcosa di speciale tra loro, qualcosa che non poteva essere spiegato con le parole… Per le strade di Reggio Calabria Luca le camminava accanto, con un sorriso gentile sul viso. La sua presenza era rassicurante, e Alessia si sentiva al sicuro con lui. “Luca”, disse Alessia, voltandosi verso di lui. “Mi sento così a mio agio con te. Come se potessi essere me stessa senza paura”. Luca la guardò con gli occhi pieni di calore. “Alessia, non hai bisogno di cambiare per piacere a nessuno. Sei perfetta così come sei”. Alessia sentì un nodo in gola. Nessuno le aveva mai detto cose così belle. Si sentiva vista e capita da Luca in un modo che non aveva mai sperimentato prima. Luca si fermò e si voltò verso Alessia. “Voglio fare una cosa”, disse, prendendole la mano. Lo seguì, sentendo una sensazione di eccitazione e di curiosità. Non sapeva cosa avesse in mente, ma era pronta a seguirlo ovunque… Entrarono in una bottega piccola, ma piena di oggetti sacri. Si avvicinò al bancone e salutò il proprietario. “Ciau, don Cicciu”, disse Luca. “Vogghiu ‘nu ciondolu cu la Madunnina ra Cunsulazzioni”. “Ahh, figghiu miu”, rispose don Cicciu. “Ti servunu ‘sti cosi sacri? Quale è lu più beddu? Quellu d’argentu o quellu d’oru?” “Quellu d’argentu”, disse Luca. “È pi ‘na persona speciàli”.

Usciti dalla bottega, Luca consegnò il ciondolo e disse: “La Madunnina ra Cunsulazzioni è la patrona ‘e Reggiu, e vogghiu ca tu abbia ‘stu ciondolu comu ricordu du nostru ncuntru, comu simbulu du nostru ligàmi”. Alessia si sentì commossa dalle parole di Luca, il suo cuore batteva forte e le lacrime le salirono agli occhi. Prese il ciondolo e lo mise al collo, sentendosi vicina a Luca e alla città di Reggio Calabria. “Grazie, Luca”, disse Alessia, con la sua voce che tremava. “Questo ciondolo sarà sempre con me, e mi ricorderà di te e del nostro tempo insieme”. Luca si avvicinò e la prese tra le braccia, il suo abbraccio era forte. Si sentiva travolta dalle emozioni. Il contatto del suo corpo, il calore della sua pelle, il battito del suo cuore contro il suo… tutto sembrava gridarle di lasciarsi andare, di abbandonarsi al suo istinto. Ma la paura era ancora più forte. La paura di perdere il controllo. Alessia chiuse gli occhi e si concentrò sul respiro, cercando di calmare le sue emozioni e di ritrovare la sua razionalità. “Guarda. C’è una libreria. Vorrei entrarci.” Anche se sorpreso, Luca la seguì. Tra i tanti libri esposti, Alessia vide quello delle poesie di Hermann Hesse. Era lo stesso autore che stava leggendo quando si erano incontrati la prima volta. “Guarda questo”, disse. “Questo è il mio dono per te”. Luca la guardò sorpreso, ma poi sorrise. “Grazie, Alessia. Significa molto per me”. Il contatto con Luca e lo scambio dei doni sembravano aver creato un legame speciale tra loro, un legame che Alessia non sapeva se sarebbe stata in grado di sciogliere. Dopo il momento di tensione emotiva, decisero di continuare la loro visita di Reggio Calabria, cercando di allontanare la tensione e di godersi la giornata.

Camminarono lungo la costa, ammirando la vista del mare e delle montagne circostanti. Decisero di pranzare in un ristorante tipico calabrese. Scelsero un posto con una vista panoramica sulla città e sul mare. Il ristorante era pieno di profumi e sapori tipici della cucina calabrese. Ordinarono alcuni piatti tipici, come la ‘nduja, il capicollo e la pasta alla norma. “Ti piace la cucina calabrese?” chiese Luca ad Alessia, mentre mangiavano. “Sì, è deliziosa”, rispose Alessia. “Mi piace molto la pasta, è così saporita”. “Ah, sì”. “La pasta alla norma è un classico della cucina calabrese. E il capicollo è un salume tipico della zona”. “E adesso, per dessert?” chiese Luca ad Alessia. “Non so”, rispose. “Cosa mi consigli?” “Devi assolutamente provare il bergamotto. È un frutto tipico della Calabria e si utilizza per fare dei dolci deliziosi”. Alessia annuì, curiosa di provarlo. Luca chiamò il cameriere e ordinò due dessert al bergamotto. “Luca, posso chiederti una cosa?” “Certo, dimmi pure”. ” Perché mi stai dedicando tutto questo tempo?” Luca si mise a sedere accanto a lei e le prese la mano. “Alessia, tu mi hai colpito in un modo che non mi era mai successo prima. Dalla morte di mia moglie, non avevo più provato nulla di simile”. “Davvero? E cosa è stato a colpirti di me?” Luca le sorrise. “La tua tenerezza, la tua fragilità, la tua bellezza… tutto in te mi ha colpito”. Alessia arrossì e abbassò lo sguardo. “Grazie, Luca. Mi sento onorata.” Le prese il mento e le sollevò il viso. “Non devi ringraziarmi. Devi solo essere te stessa, perché sei perfetta così”. Si sentì commossa dalle sue parole e gli si avvicinò per baciarlo. Le loro labbra si sfiorano appena e subito Alessia fece un passo indietro per evitare un bacio più coinvolgente. “Luca, ho paura”, disse, con voce appena sopra un sussurro. “Non so se è giusto, se è normale sentire queste emozioni. Ho paura di non capire più me stessa. Luca la guardò con occhi sinceri. “Alessia, non c’è nulla di cui avere paura”, disse con voce dolce e rassicurante. “Non c’è nulla di sbagliato nel sentirle. Sono le stesse che sento io. Voglio che tu sappia che questo tempo insieme è stato prezioso per me. Mi hai fatto sentire vivo di nuovo. Non dimenticherò mai questo momento. Non ti dimenticherò mai”. Alessia sentì un nodo di tristezza in gola. “Anch’io”, disse. “Anch’io non ti dimenticherò”.

Si sentì un po’ più tranquilla, la sua ansia si dissipò leggermente. Luca le prese la mano e lei si sentì compresa. “Ma come mai alcuni uomini possono essere oppressivi con le donne?”, chiese Alessia, con una voce che tradiva una profonda preoccupazione. Luca si fermò e la guardò con serietà, prendendo un momento per riflettere sulla risposta. “La mancanza di rispetto per le donne è un problema complesso e profondo, che affonda le sue radici nella cultura, nella società e nella storia”. Alessia annuì, ascoltando attentamente e assorbendo le parole di Luca. “Sì, è vero. Io stessa ho vissuto questa situazione con mio marito”. Luca le prese la mano e la guardò con tenerezza: “Mi dispiace tanto. Nessuna donna merita di essere trattata in quel modo”. Si sentì commossa dalle parole di Luca e gli sorrise lievemente. “Grazie. Significa molto per me sentire che ci sono persone che mi capiscono”. Le strinse ancora la mano e la guardò negli occhi. “Sei stata coraggiosa e determinata nella tua scelta. Io sono onorato di conoscerti e di essere al tuo fianco”. “Dai, andiamo in un posto speciale” esclamò per vincere il desiderio di abbracciarla teneramente.

Parcheggiò la macchina in un vicolo vicino al centro di Pizzo Calabro. Alessia guardò intorno e vide che erano in una zona molto pittoresca, con case antiche e strade strette. Aveva portato con sé la sua macchina fotografica da professionista, pronta a catturare i momenti più belli della loro giornata. “Vieni”, disse Luca, prendendole la mano. “Ti voglio mostrare il posto speciale che ti ho detto”. Alessia si sentì emozionata e curiosa. Lo seguì per le strade strette di Pizzo, ammirando la bellezza della cittadina. Dopo un po’ di tempo, si fermarono davanti a un ristorante che si affacciava sul mare. “Questo è il posto speciale?”, chiese Alessia, guardando Luca con sorpresa. “Sì, questo è il posto. Qui si può mangiare il miglior gelato di tutta la Calabria”. Alessia rise. “Il gelato? Non mi aspettavo questo”. “Sì, il gelato è una specialità di Pizzo. E qui, al ristorante ‘La Casa del Gelato’, si può trovare il miglior gelato di tutta la regione”. “Allora, andiamo a provare questo gelato!”. “Sì, andiamo. Ti prometto che non te ne pentirai”. E così, entrarono nel ristorante e si sedettero a un tavolo. Ordinarono due gelati e si misero a mangiare, godendosi il sapore e la bellezza del posto. Era incredibilmente buono, con un sapore intenso e cremoso che li lasciò entrambi senza parole. “Sei una vera artista”, le disse, mentre lei scattava una foto di un vecchio uomo che sedeva su una panchina, guardando il mare. La guardava con ammirazione, impressionato dalla sua passione e dalla sua abilità. Alessia sorrise, felice di condividere la sua passione con lui.  “La vista sul mare è spettacolare e il tramonto sarà incredibile”. Luca annuì. “Mi sembra un’ottima idea. Andiamo a catturare quel tramonto!”

Era ormai quasi sera e continuarono a passeggiare per Pizzo Calabro, godendosi la brezza marina. Alessia scattava foto di quel luogo molto ameno e della gente. Alcuni abitanti si facevano fotografare volentieri, sorridendo. Una vecchia signora si fece persino fare uno scatto con Luca, abbracciandolo e dandogli un bacio sulla guancia. “Questa è una foto che dovresti conservare”, disse a Luca. “Questa città è piena di vita e di energia”, e aggiunse “Devo andare in hotel a prendere la mia macchina fotografica Reflex. Voglio scattare alcune foto con il grandangolo”. Luca annuì. “Va bene, andiamo”. In hotel, mentre cercava la Reflex in uno dei suoi bagagli, lo ringraziò della giornata meravigliosa che le aveva donato e sorrise felice. Luca sorrise a sua volta. “È stato un piacere”, disse. “Spero che tu possa restare qui per un po’ di tempo e scoprire altre meraviglie”. La meraviglia più grande è che non sapeva che si potesse essere in armonia con un uomo, che si potesse parlare di tutto senza paura di essere giudicata o criticata. La sua esperienza con il suo ex marito era stata completamente diversa. Roberto era sempre stato autoritario e geloso, non le permetteva di avere interessi o passioni proprie. La fotografia, in particolare, era sempre stata la sua grande passione, ma lui le aveva sempre impedito di coltivarla, definendola una “attività frivola” e “inutile”. Per questa sua aspirazione, aveva frequentato molti corsi di fotografia, aveva letto libri e articoli, aveva guardato video e tutorial. Ma ogni volta che cercava di mettere in pratica il suo apprendimento e le sue conoscenze, Roberto la fermava, dicendole che non era importante, che non era una cosa “da donne”, e che doveva concentrarsi sulla casa e sulla famiglia. Si era sentita soffocata, sottomessa e umiliata, aveva rinunciato a tutto e aveva accettato la vita che le era stata imposta.

Quando mostrò le sue foto, Luca le guardò con grande attenzione e ammirazione. “Sei molto brava”, le disse. “Hai un occhio fantastico”. Alessia si sentì arrossire, ma anche felice. Nessuno le aveva mai detto che era brava, che avesse talento. E ora, con Luca, sentiva di poter finalmente esprimere se stessa. “Grazie, Luca” e si avvicinò a lui. Si trovarono avvolti in un’atmosfera di intimità e di calore. La luce soffusa della lampada da notte illuminava i loro volti e la brezza leggera che entrava dalla finestra sembrava sussurrare parole d’amore. Senza accorgersene, si trovarono abbracciati molto teneramente. Il loro respiro si sincronizzò e il loro cuore batteva all’unisono. Alessia sentì la sua testa appoggiata sulla spalla e la sua guancia contro la sua. Sentì il suo calore, la sua vicinanza. Luca, a sua volta, sentì il profumo dei capelli di Alessia, e la sua pelle morbida contro la sua. Sentì il respiro leggero e il suo cuore che batteva per lui. In quel momento, non c’era nulla di più importante che la loro presenza l’uno per l’altro. Si abbracciarono e si lasciarono trasportare dalla loro emozione, senza pensare al futuro, senza pensare al passato. Si abbracciarono e si lasciarono essere nel presente, nell’amore. “E adesso?… Cosa succederà adesso?” si chiedeva Alessia guardando Luca dormire al suo fianco. La sua mente era un turbine di pensieri e di dubbi. Aveva paura di sbagliare, di essere ferita. Non sapeva ancora cosa provava per lui, ma sapeva di non voler rimanere delusa. E non voleva deludere nemmeno lui. Forse, pensò, non c’è bisogno di preoccuparsi troppo. Forse basta solo godersi il momento.

 Alessia si svegliò lentamente, ancora avvolta nella nebbia del sonno. Ma quando aprì gli occhi e vide Luca accanto a lei, il suo cuore saltò un battito. La sera prima era stato un sogno, ma adesso, vedendo il suo viso addormentato e il suo corpo vicino al suo, si rendeva conto che era tutto vero. Luca si mosse e aprì gli occhi, sorridendo quando vide Alessia che lo guardava. “Ciao”, disse, con una voce rauca. Alessia si sentì arrossire e distolse lo sguardo, cercando di nascondere il suo imbarazzo. “Ciao”, rispose, con una voce quasi inudibile. “Tutto bene?” chiese Luca. Lei annuì, ancora un po’ stordita. “Sì, tutto bene”, rispose. Lui sorrise e le prese la mano. “Sono felice che tu sia qui”, disse. Alessia sentì il calore della sua mano e si rese conto che non voleva più allontanarsi. Le diede un leggero strattone alla mano e la fece sdraiare di nuovo accanto a lui. “Non andare via”, disse, con un sorriso. “Resta qui con me”. Alessia sentì il cuore battere forte e annuì. Si sdraiò di nuovo accanto a lui e si sentì avvolta dal suo calore. La tensione erotica che li circondava divenne quasi palpabile. Le loro labbra si incontrarono in un bacio appassionato, che li fece tremare di desiderio. La lingua di Luca esplorò la bocca di Alessia, mentre le sue mani le accarezzavano la pelle, facendola rabbrividire di piacere e il corpo si arrendeva al desiderio di Luca. Ogni tocco, ogni carezza, ogni bacio era come una scintilla che esplodeva in un incendio di passione. Si sentivano come se fossero stati fatti l’uno per l’altra, come due anime che si erano finalmente ritrovate, e non avrebbero mai più lasciato andare l’altra. I loro corpi si fusero in un abbraccio stretto. La passione e il desiderio che li aveva uniti la notte prima tornarono a galla, e si persero in un altro intenso momento di amore. Quando si staccarono ansimanti e felici si guardarono negli occhi e Alessia vide l’amore e la tenerezza che Luca provava per lei. “Ti amo”, disse Luca, ma lei non rispose, sorrise soltanto. Il suo cuore si sarebbe lasciato andare, ma la sua mente era ancora frenata.

Erano arrivati in ritardo al porto di Tropea, appena in tempo per partire fare una escursione in barca, verso l’isola di Stromboli. La giornata è soleggiata e il mare è calmo, ideale per una gita in barca. Mentre si allontanano dalla costa, Luca le racconta la storia del posto, un’isola vulcanica che fa parte dell’arcipelago delle Isole Eolie. Le parla della sua bellezza naturale, delle sue acque cristalline e della sua fauna marina unica. Alessia si sente emozionata all’idea di scattare foto in un luogo così unico. Dopo circa un’ora di navigazione, arrivano sull’isola di Stromboli. Alessia è colpita dalla sua bellezza e si mette subito al lavoro per scattare foto. Luca le mostra i posti più belli dell’isola, come la spiaggia di Forgia Vecchia e il faro. Mentre camminano sull’isola, Luca le racconta anche della leggenda di Stromboli, secondo cui l’isola sarebbe stata creata dal dio del mare, Poseidone. Alessia è affascinata e si sente come se stesse vivendo in un’altra dimensione. Mentre si trovano in un negozio di artigianato locale, Luca sceglie un bellissimo ciondolo in argento, con una forma che rappresenta la stella marina, simbolo dell’isola di Stromboli. Ma ciò che rende questo ciondolo ancora più speciale è il fatto che lo abbia fatto personalizzare con una frase che gli è molto cara: “Il mare ci ha uniti, il cuore ci terrà insieme”. Alessia è commossa quando vede il ciondolo, leggendo la frase. “È bellissimo”, dice, mentre lo abbraccia. “Grazie, Luca”. “Sono felice che ti piaccia” risponde lui.

Dopo aver trascorso alcune ore sull’isola, tornano in barca per il rientro a Tropea. Alessia è stanca ma felice e la macchina fotografica piena di foto. Sono entrambi stanchi ma felici e non hanno voglia di andare a cena fuori. Preferiscono trascorrere la serata da soli, a casa di Luca. Era una piccola villetta bianca, con un giardino pieno di fiori e di alberi. Luca si fermò davanti alla porta di casa e si voltò verso Alessia. “Vuoi entrare, sei sicura?” chiese con un sorriso ironico. Alessia annuì e Luca aprì la porta. La casa era calda e accogliente, con un’atmosfera di tranquillità. La guidò attraverso la casa, mostrandole le varie stanze. La sala era piena di libri e quadri, la cucina era calda e profumata. Alessia si sentiva come se fosse stata lì molte volte prima. Luca decide di preparare sia ‘nduja e salsiccia, sia i carciofi alla calabrese. La cucina si riempie di profumi deliziosi e Alessia non può fare a meno di sentire l’anticipo della cena. “La cena è pronta!” …  Si siedono a tavola, desiderosi di gustare insieme il tutto. “Luca, questa ‘nduja è incredibile! Come hai fatto a prepararla così bene?” “Eh, è un segreto di famiglia… ma posso dirti che contiene un ingrediente speciale: l’amore. E anche un po’ di peperoncino, per fare in modo che il mio amore non si addormenti mai!” “Ma… questa ‘nduja è troppo piccante! Mi sta bruciando la bocca!” “Ahah, scusa! Ma non si dice forse che l’amore è una fiamma? … e la mia ‘nduja è la prova evidente!”

Dopo cena, si lasciano andare sulla comodità del divano, abbracciati e con gli occhi chiusi. Il silenzio è rotto solo dal suono del mare in lontananza e dal battito dei loro cuori. Luca la guarda con occhi ardenti, ma anche con una dolcezza che tradisce il suo timore di spaventarla. Le sue mani tremano leggermente mentre le accarezza i capelli, e la sua voce è bassa e rauca quando le sussurra parole d’amore. Alessia si sente coinvolta dal suo ardore, ma anche rassicurata dalla sua tenerezza. Si lascia trasportare dalle sue parole e dalle sue carezze. Sente il suo cuore battere forte nel petto. La bacia con passione, ma anche con delicatezza, come se temesse di rompere il fragile equilibrio tra di loro. Alessia gli risponde con altrettanta passione, ma anche con una certa esitazione. “Alessia, ti amo più di ogni cosa al mondo”. Alessia gli risponde con un sussurro: “Anch’io provo un’emozione molto forte. Non ho mai sentito nulla di simile”. La loro passione cresce e il tempo sembra rallentarsi, lasciando solo il suono dei loro respiri e il battito dei loro cuori.

Nella notte inoltrata, mentre Luca dormiva, Alessia si sedette nella veranda, circondata dal silenzio e dalla bellezza del mare calabrese in lontananza. Era come se il suo cervello fosse in tumulto, pieno di pensieri e dubbi che la tormentavano. Lui era diverso dal suo marito, questo era certo. Era gentile, attento e premuroso. Ma Alessia non era pronta per un’altra storia importante così presto. Era come se il suo cuore fosse ancora ferito, e non sapeva se fosse pronto per amare di nuovo. Mille dubbi la tormentavano, come la notte precedente. Era troppo presto per innamorarsi di nuovo? Era giusto lasciare che Luca si avvicinasse a lei, quando ancora non aveva superato il trauma del suo matrimonio? E se Luca non fosse stato quello che sembrava? E se l’avesse delusa, come aveva fatto suo marito? Si sentiva confusa e incerta. Non sapeva cosa fare o cosa pensare. Era come se il suo cervello fosse in guerra con il suo cuore e non sapeva chi avrebbe vinto. Guardò fuori, verso la campagna calabrese, e si sentì un po’ più calma. La bellezza della natura, anche con le ombre notturne, sembrava aver un effetto calmante su di lei. Ma i dubbi e le paure erano ancora lì; non sapeva come superarli. Sperava che, con il tempo, avrebbe trovato la risposta giusta.

La mattina successiva, decidono di trascorrere la giornata visitando le Grotte di Sbarre, un luogo incantevole e romantico sulla costa di Reggio Calabria. Si recano al porto e salgono a bordo di una barca. Il mare è calmo e il sole splende sulle acque, creando un’atmosfera serena e rilassata. Mentre entrano nella grotta, Alessia non può resistere alla tentazione di scattare alcune foto per catturare la bellezza di questo luogo. Luca la guarda con un sorriso, felice di vederla così entusiasta. La luce del sole filtra attraverso le aperture della grotta, creando un’atmosfera mistica e romantica e illumina gli occhi verdi di Luca. Il suo sguardo la incanta. Era magnetico e sembrava penetrarle l’anima, attirandola in un vortice di emozioni e sentimenti. Prima gli fa uno scatto, catturando quel momento, poi lo bacia appassionatamente, senza preoccuparsi delle persone accanto a loro. Luca ne rimase colpito e confuso, facendo difficoltà a trattenere l’ardore scatenato in lui.

La loro giornata alle Grotte di Sbarre è stata un’esperienza romantica e avventurosa che certamente non dimenticheranno mai. Al ritorno al porto di Reggio. mentre camminano lungo il molo, Alessia non può fare a meno di notare una figura conosciuta che li sta aspettando. È il suo ex, Roberto. Alessia sente un brivido di ansia e si avvicina a Luca, cercando conforto nella sua presenza. Luca la guarda con un’espressione interrogativa, chiedendosi cosa stia succedendo. Roberto si avvicina a loro con un sorriso forzato e Alessia può sentire la tensione nell’aria. Cosa vuole? E come reagirà Luca alla sua presenza? La paura la assale. “Ah, eccoti qui”, disse, avvicinandosi a loro con un sorriso presuntuoso.  Alessia si irrigidì, sentendo una sensazione di disagio. “Non voglio tornare con te, Roberto”, disse, cercando di mantenere la calma. Ma Roberto non sembrava interessato a sentire la sua opinione. “Non hai scelta”, disse, con una voce aggressiva. “Sei mia, e tornerai con me. E tu”, aggiunse, voltandosi verso Luca, “chi sei tu? Il suo nuovo giocattolo?” Luca si fece avanti, il suo sguardo fisso su Roberto. “La devi lasciare libera” disse, con una voce ferma. “E non permetterò che tu la trattenga contro la sua volontà.” Roberto rise, una risata fredda e minacciosa. “Oh, sei un eroe”, disse. “Bene, vediamo come ti comporti quando sei faccia a faccia con un uomo vero”. Detto questo, lanciò un pugno verso Luca, che cercò di difendersi, ma Roberto era troppo forte e Luca cadde a terra, colpito. “Sei un povero idiota”, disse Roberto, guardando Luca con disprezzo. “Pensi di poterla proteggere? Pensi di poterla amare come la amo io?”. Luca si rialzò, il viso dolorante. “Non sei capace di amare”, disse. “Sei solo capace di possedere e di controllare. “Roberto si infuriò, il suo viso rosso di rabbia. “Tu non sai nulla di me”, gridò. “Tu non sai nulla di noi. Alessia è mia, e sempre lo sarà” e gli tirò un altro pugno più forte facendolo cadere di nuovo. Alessia si fece avanti, il suo viso pieno di paura. “Roberto, fermati”, disse. “Fermati prima di fare qualcosa di cui ti pentirai”.

La polizia del porto arrivò velocemente; gli agenti in uniforme si avvicinarono a Roberto con cautela. “Signore, è necessario che si calmi e ci segua”, disse uno degli agenti, con una voce ferma ma calma. Roberto si girò verso di loro, il suo viso ancora rosso di rabbia. “Non potete fermarmi!”, gridò. “Ho il diritto di parlare con mia moglie!” Gli agenti si scambiarono un’occhiata, poi uno di loro fece un passo avanti. “Signore, anche se lo fosse, non ha il diritto di minacciarla o di aggredire gli altri”. Roberto si infuriò ancora di più, ma gli agenti non lo lasciarono. Lo afferrarono per le braccia e lo portarono via, mentre lui continuava a gridare e a lottare, imprecando contro tutti. Mentre la polizia portava via Roberto, Alessia si avvicinò a Luca, che era ancora a terra, insanguinato e dolorante. Si inginocchiò accanto a lui e gli prese la mano, i suoi occhi pieni di lacrime e di disperazione. “Mi dispiace tanto”, disse, la sua voce tremante. “Mi dispiace che tu abbia dovuto subire tutto questo per causa mia. Non so cosa avrei fatto se ti fosse successo qualcosa.” Luca si alzò in piedi, aiutato da Alessia, e la guardò con un’espressione preoccupata. “Alessia, non è colpa tua”, disse, cercando di calmarla. “Non devi chiedere scusa per nulla. Quel uomo è un pericolo.” “Mi dispiace tanto”, disse lei con voce tremante. “Mi dispiace che tu abbia dovuto subire tutto questo a causa mia. Vederti in pericolo a causa mia… Forse avrei dovuto andare via con lui… ”.

Luca si alzò in piedi, aiutato da Alessia, e la guardò con un’espressione preoccupata. “No, Alessia”, disse, scuotendo la testa. “Non dovevi andare via con lui. Non devi mai cedere alle sue richieste. È solo un prepotente. Tu sei degna di essere amata e rispettata. E io sono qui per fartelo sapere”. Un agente che era tornato indietro per dire loro: “E’ necessario che veniate anche voi in caserma”. Dopo aver ascoltato attentamente la storia di Alessia, il commissario di polizia decise di chiamare una psicologa specializzata in violenza domestica per aiutare Alessia a elaborare i suoi sentimenti e a prendere una decisione informata sul da farsi. La psicologa, una donna gentile e compassionevole, si presentò e si sedette accanto ad Alessia. “Ciao, Alessia”, disse. “Sono la dottoressa Rossi. Sono qui per aiutarti.” Alessia annuì, sentendo un senso di sollievo nel sapere che c’era qualcuno che poteva aiutarla a capire cosa stava succedendo. La dottoressa iniziò a fare domande ad Alessia, ascoltando attentamente le sue risposte. Alessia le raccontò di come Roberto l’aveva trattata durante il loro matrimonio, di come l’aveva isolata dai suoi amici e dalla sua famiglia, di come l’aveva fatto sentire in colpa per tutto. La dottoressa Rossi ascoltò tutto con attenzione, prendendo appunti e annuendo. Quando Alessia finì di parlare, la dottoressa Rossi le prese la mano. “Alessia, tu sei una vittima di violenza psicologica”, disse. “Roberto ti ha manipolato e ti ha fatto sentire in colpa per tutto. Ma non è colpa tua. Non sei tu che hai fatto qualcosa di sbagliato”. “E’ necessario denunciare Roberto”, disse continuando a consigliarla. “Devi far sapere alle autorità cosa ti ha fatto. Non puoi lasciare che lui continui a fare del male ad altre persone”. Alessia annuì, sentendo un senso di determinazione, ma anche un timore che non riusciva a scacciare. “Ho paura”, disse, la sua voce tremante. “Ho paura di cosa potrebbe succedere se denuncio Roberto”.  “Capisco”, disse. “È normale avere paura. Ma devi sapere che sei protetta. La legge è dalla tua parte. E noi siamo qui per aiutarti”.

Alessia disse sì con la testa, ma il timore non se ne andava. Pensava a tutte le cose che Roberto le aveva detto, a tutte le minacce che le aveva fatto. Pensava a come lui l’aveva controllata e manipolata per così tanto tempo. “Ma cosa succederà se lui si vendica?” chiese Alessia, con la voce piena di ansia. “Cosa succederà se lui mi fa del male?” La dottoressa Rossi la guardò con fermezza. “Non permetteremo che lui te lo possa fare. Siamo qui per proteggerti. E abbiamo misure di sicurezza per proteggerti”. Alessia annuì, sentendo un po’ di sollievo, ma il timore era ancora lì, nascosto nella sua mente. Mentre la dottoressa Rossi stava cercando di rassicurare Alessia, Luca si fece avanti con una domanda. “Alessia, come aveva fatto Roberto a sapere che eri qui in Calabria?”. Alessia si fermò un momento, pensando. “Non lo so. Non avevo detto a nessuno che sarei venuta qui”. “È possibile che Roberto abbia dei contatti qui in Calabria?” chiese. Alessia scosse la testa. “Non lo so”. La dottoressa Rossi si fece seria. “Dobbiamo scoprire come ha fatto Roberto a sapere che eri qui. E dobbiamo prendere misure per proteggerti”. Dopo alcune ore di indagine, gli agenti di polizia scoprirono che Roberto aveva manipolato il cellulare di Alessia, installando un software di spyware che gli permetteva di leggere i suoi messaggi, di ascoltare le sue conversazioni e di localizzare la sua posizione.

Alessia si sentì invasa e tradita quando scoprì cosa aveva fatto Roberto. “Come ha potuto fare una cosa del genere?” chiese, sentendo un senso di rabbia e di paura. “Roberto è un uomo manipolatore. Ha usato ogni mezzo per tenerti sotto controllo” disse la dottoressa. Con il viso pieno di rabbia, Luca disse: “Dobbiamo fare qualcosa per fermarlo. Non possiamo lasciare che continui a fare del male ad Alessia”. Gli agenti di polizia annuirono. “Stiamo già lavorando per raccogliere prove contro Roberto”, dissero. “E presto lo arresteremo per i suoi crimini. Denunciare Roberto è il primo passo per fermarlo. Ora la polizia e la magistratura lavoreranno insieme per raccogliere prove e per portarlo davanti a un giudice”. La dottoressa spiegò: “Alessia sarà messa sotto protezione. Le sarà assegnata una scorta e sarà trasferita in un luogo sicuro, dove Roberto non potrà trovarla”. Alessia accennò un sorriso di assenso. “E cosa accadrà a Roberto?” chiese. “Roberto sarà trattenuto in attesa dei suoi capi d’accusa e poi processato per i suoi crimini. Se sarà condannato, potrebbe essere condannato a una pena detentiva”. Luca si fece avanti. “E se viene rilasciato?” chiese. “Se Roberto viene rilasciato, la polizia e la magistratura continueranno a monitorarlo. Alessia sarà sempre protetta e Roberto non potrà avvicinarla”.

Alessia capì che la strada sarebbe stata lunga e difficile, ma era pronta a combattere per la sua libertà e per la sua sicurezza. Scattarono immediatamente le misure di protezione. Luca, che era stato un grande sostegno per Alessia durante tutta la vicenda, si offrì di darle la possibilità di abitare in un’altra sua casa a Vibo Valentia. “È una casa isolata, ma sicura. Non ci sono vicini e la casa è dotata di un sistema di sicurezza avanzato. Sarai al sicuro lì”. Alessia accettò l’offerta di Luca, sentendo un po’ di sollievo al pensiero di avere un posto sicuro dove poter stare. La polizia ne prese atto e si accertò che la casa fosse adeguatamente protetta. La dottoressa Rossi si fece pensierosa per un momento, poi disse: “Purtroppo, il caso di Alessia non è isolato. Ci sono molte donne che subiscono violenza domestica e psicologica ogni giorno. Secondo le statistiche, una donna su tre subisce violenza nel corso della sua vita. E molte di loro non denunciano il loro aggressore per paura di ritorsioni o per vergogna. Ma tu, Alessia, hai fatto il primo passo per liberarti da questa violenza. E adesso, voglio dirti che non sei sola. Ci sono molte risorse disponibili. Le donne vittime di violenza, innanzitutto, dovrebbero cercare aiuto e sostegno da parte di amici, familiari o professionisti. Dovrebbero anche denunciare il loro aggressore alle autorità competenti. E, infine, dovrebbero cercare di ricostruire la loro vita e la loro autostima. Tu, Alessia, hai fatto la scelta giusta. E adesso sei sulla strada per la tua liberazione”.

Dopo aver lasciato la stazione di polizia, Luca e Alessia tornarono a casa. Alessia era ancora frastornata e confusa; Luca le stava vicino, cercando di rassicurarla. “Va tutto bene, Alessia”, disse Luca, mentre le apriva la porta di casa. “Sei al sicuro adesso.” Alessia annuì, ma con la mente sembrava ancora lontana. Luca le prese la mano e la guidò verso il salotto. “Vado a prenderti un tè. Tu siediti qui e riposa un po’”. Alessia si sedette sul divano, ma non riusciva a rilassarsi. La sua mente era ancora piena di pensieri e di immagini di Roberto. Luca tornò con due tazze di tè su un vassoio e si sedette accanto a lei. “Come ti senti?” chiese Luca, mentre le porgeva una tazza di tè. Alessia scosse la testa. “Non lo so”, disse. “Sono ancora confusa e spaventata”. Luca le prese la mano e la strinse. “Non lascerò che Roberto ti faccia ancora del male”. Mentre Alessia e Luca sedevano sul divano, sorseggiando il loro tè, Alessia non poteva fare a meno di pensare al futuro. Aveva accettato la soluzione di Luca di trasferirsi nella sua casa a Vibo Valentia, ma non sapeva cosa questo avrebbe significato per il loro rapporto. Luca sembrava aver capito i suoi pensieri, perché si voltò verso di lei e le chiese: “Alessia, cosa pensi del nostro futuro insieme?” Alessia esitò, non sapendo come rispondere. “Non lo so”, disse infine. Luca sorrise. “Io sì”, disse. ” Non voglio forzarti a nulla, Alessia. Voglio che tu abbia il tempo di riflettere e di decidere cosa vuoi per te stessa”. Si sentì sollevata dalla sua risposta. “Grazie.”, disse. “Mi sento ancora un po’ confusa e non so cosa vuol dire il futuro per me”. Luca annuì. “Capisco”, disse. “Prenditi tutto il tempo che ti serve. Io sarò qui per te, quando sarai pronta”.

La conversazione tra Alessia e Luca sembrava aver perso un po’ della sua magia. L’ intensità dei sentimenti che avevano caratterizzato la loro relazione fino a quel momento sembravano essersi dissolti, lasciando posto a una sensazione di incertezza e di confusione. Ma era comprensibile. Alessia aveva appena vissuto un’esperienza traumatica e aveva bisogno di tempo per elaborare i suoi sentimenti e per capire cosa voleva per il suo futuro. E Luca, dal canto suo, era disposto a darle tutto il tempo e lo spazio di cui aveva bisogno. Sapeva che l’amore richiedeva tempo, pazienza e comprensione. Ed era disposto a dare tutto questo ad Alessia; avrebbe aspettato, per quanto tempo fosse necessario, che lei avesse fiducia nel loro amore, nella loro relazione e in lui. – stop –

DOLORI SILENZIOSI (per Emily) – Poesia e analisi di Paola Giaccio

<< Dondola stanco l’autobus per i mille chilometri fatti, e ora è ancora più lento per queste strade malandate della mia Terra. Scorrono i cartelli col nome del mio paese. Gli occhi si riempiono di lacrime…  La mia anima è un ponte tra due mondi, dove le radici restano e i sogni volano. Sento la nostalgia di chi è partito, la loro voglia di tornare a casa, di ritrovare il calore della famiglia e il profumo della propria terra.  Il loro è un dolore silenzioso… Lei ancora non conosce il peso della lontananza, ride e gioca con gli occhi pieni di sole. Per lei, il mondo è ancora un luogo senza confini, dove l’amore non ha distanza.  Quando la saluto, mi dice, “Au revoir, nonna! “, con un sorriso dolce. Io rispondo, con la voce rotta: “O revuà”, sangue mio, ma ormai straniera lontana da me >>.

Analisi del testo poetico “Dolori silenziosi”. Introduzione: Il testo poetico è scritto dalla prospettiva di una nonna che visita la nipote emigrata con il padre in un paese straniero. Il testo esplora i temi della nostalgia, della lontananza e della separazione tra le generazioni. Struttura e linguaggio: Il testo è composto da 4 strofe di lunghezza variabile, con un linguaggio semplice e diretto. L’uso di verbi come “dondola” e “scorrono” crea un senso di movimento e di flusso, mentre gli aggettivi come “stanco” e “malandate” enfatizzano la stanchezza e la malinconia e un po’ di rabbia della nonna. Temi e simboli: Il tema principale del testo è la nostalgia e la lontananza, vissute dalla nonna che vede la nipote cresciuta in un paese straniero e deve poi separarsi da lei. La “mia Terra” rappresenta la patria comune della nonna e del figlio emigrato, e ora anche della nipote che è nata e cresciuta all’estero. La figura della nipote: La nipote rappresenta la nuova generazione, cresciuta in un contesto diverso da quello della nonna. La sua innocenza e gioia (“occhi pieni di sole”) contrastano con la malinconia e la nostalgia della nonna. Il rapporto tra le generazioni: Il testo esplora il rapporto tra la nonna e la nipote, separate dalla distanza e dalle diverse esperienze di vita. La nonna cerca di mantenere un legame con la nipote nonostante la lontananza. Messaggio: Il messaggio è universale e può essere applicato a tutte le persone che hanno vissuto l’esperienza della separazione e della lontananza dai propri cari a causa dell’emigrazione dal proprio Paese per mancanza di possibilità di lavoro.

SALUTISSIMI

Caro Tito, per me è stata una vera emozione leggere questo racconto << FUGA VERSO LA LIBERTA’ >> per la drammatica storia narrata, per l’ambientazione calabrese e anche perché (come ho scritto sopra) mi ricorda la mia “Ragazza in fuga” che avrebbe potuto rendere Agnone città capitale dei Diciottenni, secondo una mia precisa ed articolata proposta. Spero tanto che tale racconto << FUGA VERSO LA LIBERA’ >> abbia non soltanto il successo che merita (assieme alle altre due narrazioni di cui si compone il prossimo libro di Paola Giaccio) ma che sia utile a coloro i quali intendano intraprendere una vita in comune, il più possibile serena e proficua. Alla protagonista creata (sicuramente dal vero) da Paola Giaccio è andata abbastanza bene, tutto sommato … però a volte queste storie di maltrattamenti delle donne (dentro un insano e “tossico” rapporto coniugale o di coppia) finiscono drammaticamente in prigione o tragicamente in femminicidio.

Poi, come hai potuto leggere al paragrafo 4, Paola Giaccio è una nonna che, purtroppo, non può fare la nonna poiché la nipotina abita in Svizzera, così come suo figlio e sua nuora lì emigrati per mancanza di lavoro in Molise. I nonni a distanza (come già sai per avere pubblicato più di una volta i suoi racconti) sono il tema principale di Maria Rosaria De Rito di Diamante (CS) la quale si sta apprestando a dare alle stampe il libro STORIA D’AMORE E DI CALABRIA, dedicato al nipotino Duccio che abita a Firenze. Pure la signora De Rito deve limitarsi a fare la “nonna a distanza”. Così ho messo in contatto Paola con Maria Rosaria. Sicuramente saranno solidali vicendevolmente, vivendo lo stesso “dolore silenzioso” di nonne lontane dai nipotini. Come più volte da me proposto, speriamo che insieme possano fare un’Associazione dei nonni a distanza (oppure di NONNI INCAZZATI come sarebbe meglio evidenziare). Noi le seguiremo entrambe, con grande affetto e particolare interesse. Intanto ci diamo appuntamento per la “Lettera n. 612”. E, come al solito, ringrazio te e i nostri lettori. Tanto e di vero cuore. Alla prossima e tantissime cordialità! Domenico Lanciano (www.costajonicaweb.it)

ITER-City, mercoledì 14 maggio 2025 ore 15.41 – Da 57 anni (dal settembre 1967) il mio motto di Wita è “Fecondare in questo infinito il metro del mio deserto” (con Amore). Le foto: alcune sono mie, altre mi sono state date da Paola Giaccio, altre ancora ho preso dal web libero.

 

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