Lettera a Tito, in onore della tata Maria Sforza di Guardiabruna simbolo di tutte le “tate” del mondo

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images Lettera a Tito, in onore della tata Maria Sforza di Guardiabruna simbolo di tutte le “tate” del mondo

  15 settembre 2025 10:02

di DOMENICO LANCIANO

Caro Tito, come ricorderai, agli inizi del settembre 2016 abbiamo evidenziato la storia di Luigi Mancini (1902-1989) autista delle corriere (autobus) della “Gissana” di Gissi e poi della “Cerella” di Vasto (entrambi Comuni della provincia di Chieti, in Abruzzo) dalla metà degli anni Venti fino al 1955 dello scorso 20° secolo. Puoi rinfrescare la memoria rileggendo il nostro << www.costajonicaweb.it >>  in anticipo su << https://www.soveratoweb.com/lettere-a-tito-saluto-ai-pendolari-e-ai-loro-autisti/ >> di giovedì 08 settembre 2016. Da tale nostra “Lettera” sono state tratte delle sintesi pubblicate da alcuni giornali web molisani ed abruzzesi come, ad esempio, << https://ecoaltomolise.net/dalla-gissana-alla-cerella-sulla-tratta-agnone-vasto-si-viaggiava-tutti-corriera/ >>  ( Agnone del Molise martedì 06 settembre 2016) e come << https://www.histonium.net/notizie/territorio/40099/ricordando-luigi-mancini-autista-della-gissana-e-della-cerella-tra-vasto-e-agnone >>  ( Vasto, mercoledì 07 settembre 2016) e anche dal cartaceo mensile agnonese “L’Eco dell’Alto Molise” che Gli ha dedicato un’intera pagina.

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Durante il pranzo dello scorso Ferragosto 2025, il mio vicino di casa al mare di Vasto Paradiso, l’ingegnere Alberto Mancini (figlio del predetto Luigi) si è trovato a parlarmi della sua “Tata Maria”. Mi ha talmente commosso questa figura che ho pensato bene di dedicarLe questa “Lettera n. 630”, pure per onorare tutte le “tate” del mondo e per evidenziarne gli ammirevoli valori etici (ormai quasi in disuso ai nostri tempi e, anche per questo, mi verrebbe di definirli << valori epici ed eroici >>). Per quei pochi che ancora non lo sanno, diciamo che la tata è << la bàlia, la bambinaia, la governante, la sorella maggiore o, più genericamente, la donna che, diversa dalla madre, si prende cura di uno o più bambini >> (https://www.treccani.it/vocabolario/tata/). Ovviamente da non confondere “tata” con “badante” (la quale si occupa prevalentemente di persone non autosufficienti, debole o malate, in gran parte anziani). Adesso provo a mettere insieme racconto ed emozione su tale nobilissima figura che si chiamava Maria Sforza, nata in Guardiabruna (frazione del Comune di Torrebruna, in provincia di Chieti) il 28 agosto 1926 ed è poi deceduta a Vasto il 19 maggio 2021 (a quasi 95 anni). Me ne hanno parlato a lungo pure le professoresse Maria Luisa e Liliana Mancini (nate a Gissi CH rispettivamente il 02 dicembre 1938 e il 14 ottobre 1942), sorelle di Alberto (Gissi 21 ottobre 1939). Questi tre fratelli ritengono tata Maria Sforza la loro amatissima sorella maggiore, tanto che adesso riposa nella loro stessa cappella di famiglia nel cimitero di Vasto.

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LA STORIA DI MARIA SFORZA

Tutto è cominciato quando la giovane maestra Maddalena Caprio (nata a San Severo – FG – il 04 settembre 1901 poi deceduta in Vasto il 24 novembre 1988), è scesa dal treno alla stazione di Vasto sul finire del settembre 1932, ed ha preso la corriera (guidata proprio dal suo futuro marito, Luigi Mancini) per recarsi a Schiavi d’Abruzzo (freddo e nevoso paesino montano a 1400 metri di altitudine) per insegnare in quella scuola elementare (distante 56 km da quella città adriatica). Possiamo ben dire che tra i due è stato amore a prima vista. Sono convolati a nozze dopo cinque anni, il 27 dicembre 1937. Nel frattempo la maestra Caprio ha insegnato a Schiavi d’Abruzzo negli anni scolastici 1932-33 e 1933-34 e poi nella vicina Guardiabruna negli a. s. 1934-35 e 1935-36. Una volta sposata è andata ad abitare e a insegnare a Gissi, paese del marito, fino al 1949 quando, pure per permettere ai tre figli di frequentare le scuole medie inferiori e superiori, tutta la famiglia Mancini è andata a risiedere in Vasto per poi trasferirsi a Bologna dal 1959 al 1966 quando si è trattato di farli frequentare l’università. La signora Caprio-Mancini ha, quindi, insegnato pure a Bologna fino alla pensione, proprio in coincidenza con la conclusione degli studi universitari dei figli. Cosicché è avvenuto il ritorno definitivo a Vasto.


Maria Sforza

Durante il periodo (1934-36) di insegnamento a Guardiabruna (villaggio posto ad un’altitudine di 860 metri e distante circa dieci km da Schiavi e 47 km da Vasto), la maestra Caprio ha avuto come alunna pure Maria Sforza, figlia di Domenica la quale faticava molto a sostenere la propria famiglia, composta di altri figli. Costei ha poi convinto la signora Maddalena a prendere con sé Maria (poco più che dodicenne) come tata dei figli e come tutto fare, dal momento che la coppia genitoriale Mancini era sempre molto impegnata, l’una nell’insegnamento a scuola e l’altro assente da casa quasi tutto il giorno per la conduzione delle corriere che, specie d’inverno, poteva diventare un’impresa tra nevi, ghiaccio e bufere. Così sabato 04 febbraio 1939 Maria Sforza entra in casa Mancini, che d’allora in poi ha sempre considerato indissolubilmente anche la propria casa, la propria famiglia. In seguito, a ricordo di tale affettuoso ingresso, Tata Maria ogni 4 febbraio offriva (con i propri risparmi) un lauto pranzo a tutta la famiglia Mancini. La quale ancora oggi, che Maria non c’è più, festeggia tale ricorrenza del suo arrivo in casa … segno di come e quanto sia stato importante e amoroso, quasi provvidenziale, tale ingresso in famiglia!

Maria Sforza (Guardiabruna 1926 – Vasto 2021) ha sentito così profondamente la propria missione di essere utile alla famiglia Mancini che non ha voluto mai sposarsi, pur ricevendo allettanti proposte di matrimonio, poiché sentiva l’obbligo di aspettare che i tre fratelli conseguissero tutti la laurea e che la maestra Maddalena giungesse almeno a pensionarsi dall’insegnamento. E così è stato il 3 luglio 1966 quando si è unita in matrimonio (alla non più verde età di 40 anni) con Luciano Ferrarinato (1914 – 2008) di Bologna (dove lavorava come carrozziere). Maria Sforza aveva seguìto, passo dopo passo, tutti i trasferimenti della famiglia Mancini prima a Gissi, poi a Vasto dal 1949 al 1959 e quindi a Bologna fino al 1966. Finiti tutti questi impegni, Maria Sforza si è voluta sposare, non generando figli propri. E, una volta deceduto il marito (24 dicembre 2008), è rimasta per un po’ di tempo da sola a Bologna; ma è stata reclamata dalla famiglia Mancini ed è quindi tornata a vivere a Vasto, accanto ai suoi amati ragazzi che l’hanno accudita, in modo molto amoroso ed inappuntabile, fino al suo ultimo respiro come se fosse davvero una seconda mamma o la loro amatissima sorella maggiore.

COME LA MAMMA-BAMBINA DI LUCIO DALLA

A volte ci sono delle coincidenze simboliche involontarie. Infatti, la vicenda di Maria Sforza (che entra bambina di appena 12 anni in Casa Mancini ad accudirne la prole) mi ha fatto venire alla mente quella mamma-bambina di 15 anni che si è trovata ad allevare un bambino (Lucio Dalla) nato il 4 marzo 1943, data che evidenzia il titolo della famosa canzone che ha esordito con grande successo al Festival di Sanremo del 1971 (ascolta con << https://youtu.be/L8q7IHvF0A4?si=IaE7raQef-S_0BRc  >>). Pure Tata Maria si è trovata a dover fasciare e cullare i neonati Maria Luisa e Alberto e poi Liliana, quando aveva dai 12 ai 16 anni. Una amorosa vice-mamma bambina.

Altra simbolica coincidenza è che dal 1959 al 1966 la famiglia Mancini si trovò a Bologna per permettere ai propri figli di completare gli studi universitari. Bologna, si sa, è la città di Lucio Dalla ma anche il luogo dove vivono ancora adesso numerorissime famiglie del Sud Italia e tantissimi studenti e lavoratori meridionali. Ti ricordo che nel 1955 pure mio padre avrebbe voluto trasferire la famiglia a Bologna, sia per permettere pure a noi numerosi figli di studiare o di lavorare, sia perché la riteneva una città ricca anche di ottimi servizi socio-sanitari. Infatti, abbiamo utilizzato più volte i medici e gli ospedali di Bologna, pur abitando in Calabria. E proprio a Bologna ho ancora parecchi amici ed anche parenti che studiano o lavorano. Diciamo che tale città è assai attraente per diversi motivi. E, però, pure i bolognesi sono attratti dal nostro Sud. Come non evidenziare l’amata residenza (buen retiro) del già ricordato Lucio Dalla nelle isole Tremiti (le quali sono un po’ molisane e un po’ pugliesi)?…

GLI ANNI DI BOLOGNA

Alberto Mancini vive alle porte di Milano e, quindi, ho incontrato le sorelle Maria Luisa e Liliana a Vasto Paradiso nella mattinata di sabato scorso 13 settembre 2025 perché mi parlassero della loro Tata Maria, che  – come già rimarcato – hanno sempre rispettato ed amato come una “seconda mamma” o una “sorella maggiore” e verso cui nutrono ancora oggi (che non c’è più) una particolare venerazione. Tanto è che i ricordi si sono mischiati ripetutamente alla commozione.  Molteplici gli aneddoti e gli episodi che si sono accavallati nel rievocare alla memoria l’importanza di questa figura per la vita dei tre fratelli Mancini. Tata Maria veniva regolarmente retribuita con un salario e con i contributi per la pensione. Ma in pratica, quasi tutta la sua economia era destinata ai tre fratellini minori. Tra gli aneddoti, mi ha colpito più particolarmente quello che vede Tata Maria evitare di prendere l’autobus quando andava a fare la spesa o a fare qualche altra commissione … poiché gli spiccioli erano destinati (segretamente) per qualche vezzo giovanile dei tre fratelli Mancini, specialmente per Alberto che mostrava di avere più esigenze pure di cameratismo.

Negli anni di Bologna, Tata Maria si trovava a cucinare pure per quegli amici universitari dei tre fratelli che spesso restavano a pranzo o a cena. Anni esuberanti, durante i quali non mancava però qualche benevolo rimprovero, proprio da sorella maggiore che ambisce vedere i propri familiari eccellere e farsi onore il più possibile. Per i tre fratelli Mancini la Tata Maria era carismatica. Un carisma guadagnato con l’innata bontà, l’abnegazione continua, l’incommensurabile altruismo e quell’amore senza limiti che contribuiva a legare la famiglia in simbiotica unione all’amore genitoriale. Liliana, in particolare, ha voluto maggiormente legarsi a Tata Maria chiedendole di fare la madrina di cresima. E, si sa, per noi del Sud i comparaggi di battesimo e di cresima sono sacri come e a volte più dei legami di sangue, poiché sono cementati da una religiosità convinta e profonda. Nella foto di questo paragrafo le due sorelle Mancini fanno da “damigelle d’onore” a tata Maria nel giorno del suo matrimonio il 03 luglio 1966 a Bologna.

IL RICORDO DEI TRE FRATELLI MANCINI

Ecco cosa ha scritto Maria Luisa: << Pensiero per Maria. Ciao Maria, seconda mamma, sorella, zia. Sei stata con noi meravigliosa. Abbiamo condiviso 82 anni di amore reciproco e il tuo ricordo dolce e affettuoso continuerà a vivere per sempre nel cuore nostro e dei nostri figli >>. Così Alberto: << Sono tanti i ricordi di “Ciacanella” (non ho memoria dell’origine di questo simpatico nomignolo). Vanno dalla cura delle sbucciature infantili per le partite di pallone … al rientro a casa a Bologna con le borse della spesa stracariche, portate a piedi per risparmiare qualche soldino dell’autobus da darmi, in segreto, per farmi andare al cinema parrocchiale con gli amici. Ma quello che voglio ricordare è la Maria che camminava orgogliosa, a testa alta, nella corte della casa in via San Donato, ignara per qualche tempo che qualcuno la stesse osservando da una finestrella del bar dell’angolo … quel qualcuno si chiamava Luciano il quale sarebbe diventato l’amore della sua vita! >>.

Ed ecco cosa scrive Liliana: << Maria, per me, Maria Luisa e Alberto sei sempre stata la nostra “Ciacanella”. Per Stefano, Alessandra e Paolo “la Bertina” come amorevolmente ti chiamava il tuo adorato Luciano. Una “Fata” per tutti noi della famiglia. Ciao Madrina, sei sempre nel mio cuore >>.  Che bella “Storia d’Amore” familiare, questa! … Tata Maria Sforza, una donna minuta e quasi esile, ha elargito e avuto tanto Amore. Posso immaginare che sicuramente i tre fratelli Mancini non sarebbero stati così magnifici e interiormente molto ricchi e sensibili senza questo “Amore aggiuntivo” a quello genitoriale! Ritengo che siano così tanto uniti tra di loro, pure perché hanno avuto un “surplus” di affetto, attenzioni e “coccole” dalla Tata Maria. Sono i miracoli dell’Amore vero, quello che non chiede niente e invece dona tutto. Voglio scrivere di questa grande “Storia d’Amore” pure per i giornali locali molisani ed abruzzesi, poiché Tata Maria Sforza ha fatto onore a questi territori montani, fatti di gente adusa al sacrificio e alla durezza anche orografica e climatica, alla scarsità di risorse e ad una fede (pure religiosa) davvero genuina e profonda. Ecco, sarebbero persone come Tata Maria a dover essere fatte “Sante” dalla Chiesa cattolica. Ma il primo miracolo Tata Maria l’ha già fatto: tenere uniti, pure nel suo nome, tre fratelli che si commuovono (fino alle lacrime) quando parlano di lei, anche a distanza di tanti anni.

SALUTISSIMI

Caro Tito, dopo aver saputo di Tata Maria, ci tenevo a raccontarti questa bellissima storia, che si presterebbe pure a diventare trama di un film anche etico-pedagogico (cinematografico, televisivo o teatrale) anche perché il ruolo delle “Tate” è stato importante in tutti i luoghi e le epoche. Famose, nei decenni passati, sono state ad esempio le “bàlie” ciociare (della provincia di Frosinone) che andavano a Roma oppure in giro per il Lazio e persino in altre parti d’Italia ad allattare i figli delle mamme con seni con poco o senza latte. Mi sembra di capire che non hanno ancora una propria letteratura (anche sociologica) i cosiddetti “collaboratori o collaboratrici familiari” (dalle bàlie o tate alle badanti, dalle cameriere ai cuochi, dalle donne delle pulizie ai tutor scolastici privati, ecc.) che supportano ed aiutano le famiglie a vivere e ad organizzarsi meglio.

Nel sesto volume de I MIEI VIP (nel Libro-Monumento per i miei Genitori) nel 2007 ho evidenziato la figura della badante rumena Mirela Nocu (al capezzale di un signore anziano, in fase terminale all’ospedale di Agnone) come simbolo di tutte quelle persone (uomini e donne) che stanno aiutando, ormai da decenni, le famiglie che in tutto questo mondo globalizzato non hanno (o non vogliono avere) tempo sufficiente da dedicare alla casa, ai figli e agli anziani genitori o parenti. Pure queste lettera, dedicata alla Tata Maria Sforza di Guardiabruna, intende essere (nel mio piccolo) un MONUMENTO DI RICONOSCENZA E DI GRATITUDINE PER TUTTI I COADIUTORI FAMILIARI. In particolare alle “tate” meravigliose come Maria Sforza, abruzzese di Guardiabruna. Spero che il Comune di Torrebruna possa e voglia mettere una targa per ricordare Tata Maria Sforza nella sua frazione di Guardiabruna, come tributo a questa illustre concittadina che ha fatto onore a tutta la stirpe abruzzese e che possa essere indicata come esempio alle presenti e alle future generazioni. Sogno lo svelamento di questa targa, pure alla presenza dei fratelli Mancini e dei loro figli e nipoti, i quali – pure loro – hanno conosciuto ed amato Tata Maria.

Concludendo questa “Lettera n. 630” spero di poter portare un affettuoso omaggio floreale e una devota preghiera alle tombe di Tata Maria e dei coniugi Mancini, quando qualcuno mi potrà accompagnare alla loro cappella nel cimitero di Vasto. Ribadisco che mi ha tanto colpito il cuore e tanto commosso l’anima questa bellissima storia familiare e spero assai assai che i nostri gentili lettori possano gradire queste figure e le loro vicende così ricche di nobili valori umani e sociali. E soprattutto etici. Valori di cui abbiamo estremo bisogno, specialmente in questo periodo di odio sociale fin troppo diffuso, di guerre atroci e di prospettive non affatto incoraggianti. Ed ecco che la stupenda storia di questo grande amore dentro la famiglia Mancini può essere indicativo di tale necessità d’Amore, anzi urgenza umana, sociale ed umanitaria globale. Intanto, ti ringrazio di voler pubblicare questa lettera, così come ringrazio coloro i quali la leggeranno benevolmente e chi ci segue con interesse e generosità. Quindi, alla prossima “631” e tanta cordialità a tutti! Domenico Lanciano (www.costajonicaweb.it)

ITER-City, lunedì 15 settembre 2025 ore 05.24 – Da 58 anni (dal settembre 1967) il mio motto di Wita è “Fecondare in questo infinito il metro del mio deserto” (con Amore) – BASTA ARMI – BASTA GUERRE – Violenze di ogni genere stanno impadronendosi del mondo, il quale potrebbe non reggere. Urge impedire la catastrofe. Le foto mi sono state molto gentilmente fornite dai tre fratelli Mancini.

 

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