“Libertà è partecipazione”: a Catanzaro il PD riaccende il dibattito sul referendum dell’8 e 9 giugno

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images “Libertà è partecipazione”: a Catanzaro il PD riaccende il dibattito sul referendum dell’8 e 9 giugno
Da sinistra: Alberto Scerbo, Leonardo Mellace, Antonio Calogero
  04 giugno 2025 11:46

di IACOPO PARISI

Una democrazia è viva solo quando i cittadini partecipano. È questo il messaggio emerso con forza durante l’incontro “Libertà è partecipazione”, organizzato dal Partito Democratico di Catanzaro presso la biblioteca comunale "De Nobili"  per approfondire i cinque quesiti referendari su cui gli italiani saranno chiamati a votare l’8 e 9 giugno. Un’iniziativa che ha posto al centro il valore dell’informazione, del confronto e della consapevolezza.

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A introdurre i lavori, Antonio Calogero, segretario cittadino del PD, che ha sottolineato l’importanza di rompere il silenzio intorno ai temi referendari: “In pochi sanno di cosa si parla davvero. Il nostro compito è aprire una stagione di discussione, anche con le sue contrapposizioni, ma necessaria per affrontare il cambiamento”. Il PD si è schierato a favore dei cinque quesiti – quattro legati al mondo del lavoro, uno alla cittadinanza – ritenendoli un’occasione per correggere storture legislative e dare nuovo impulso ai diritti sociali.

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Tra gli interventi più densi di contenuto, quello di Leonardo Mellace, docente di “Diritti umani, integrazione e cittadinanza europea” all’Università Magna Graecia, che ha offerto una riflessione ampia e strutturata sul valore dei referendum nella storia democratica italiana. Mellace ha messo in luce una netta inversione di tendenza nella partecipazione referendaria: “Dal 1997 ad oggi abbiamo avuto nove referendum abrogativi, e solo uno ha raggiunto il quorum. Ma fino agli anni ’80 e all’inizio degli anni ’90, la partecipazione era ben più alta, segno di un tessuto civico più vivo, più coinvolto”. L’attuale disaffezione, ha spiegato, è frutto di molteplici cause: l’eccessivo tecnicismo dei quesiti, la distanza tra istituzioni e cittadini, e una crisi della mediazione culturale.

Se oggi si conosce poco – ha aggiunto – lo si deve anche alla reticenza di alcuni media, come la Rai, che in questo periodo sembra poco incline a garantire uno spazio equo al dibattito. E allora immaginate cosa sarebbe accaduto se nel 1946 ci fossimo astenuti in massa: forse oggi non saremmo nemmeno una Repubblica. È grazie alla partecipazione che si costruiscono le grandi svolte democratiche”.

Mellace ha inoltre ribadito che il referendum non è un voto pro o contro un governo, ma un pronunciamento su un tema specifico, e ha offerto una panoramica sintetica ma incisiva dei cinque quesiti:

  • Il primo punta a ristabilire il principio di reintegro per i lavoratori licenziati ingiustamente, superando le distorsioni introdotte dal Jobs Act.

  • Il secondo riguarda le tutele nei licenziamenti nelle piccole imprese, dove oggi vige una disparità difficilmente giustificabile nel contesto economico attuale.

  • Il terzo interviene sulla precarietà contrattuale, sottolineando come chi ha contratti atipici sia oggi facilmente licenziabile e discriminato, anche ad esempio nell’accesso al credito.

  • Il quarto mira a rafforzare la sicurezza sul lavoro estendendo la responsabilità dell’impresa principale anche ai lavoratori in subappalto.

  • Il quinto riforma i criteri per l’ottenimento della cittadinanza, riducendo il tempo da 10 a 5 anni e rimuovendo clausole discriminatorie legate alle adozioni.

“Temi complessi – ha concluso Mellace – che richiedono strumenti di comprensione, non slogan. Eppure oggi, nello spazio digitale che ha soppiantato quello sociale, si preferisce la semplificazione al confronto”.

Molto interessante anche l’intervento di Alberto Scerbo, ordinario di Filosofia del Diritto all’UMG, che ha ribadito con forza la centralità del pensiero critico e della riflessione autonoma: “Oggi la politica sembra voler costruire cittadini che non pensano, che si limitano ad accettare ciò che viene decisoO. È un processo che porta verso una deriva autoritaria”. 

Scerbo ha poi aggiunto che le norme non sono neutrali: “Dobbiamo uscire dall’idea che le norme siano intoccabili e oggettive. Le norme si rispettano, certo, ma vanno anche messe in discussione, soprattutto quando entrano in conflitto con i principi costituzionali. È un dovere democratico farlo, con libertà e responsabilità”.

E ha concluso con una riflessione sulla dignità del lavoro come pilastro democratico: “La dignità del lavoro è la base della vita di ciascun individuo. Anche se questi referendum non raggiungeranno il quorum, non importa. Dobbiamo comunque porre le basi. Non siamo in una situazione immutabile dalla quale non si può uscire”.

Il sindaco di Catanzaro Nicola Fiorita ha arricchito il dibattito con un intervento appassionato e netto. Ha ricordato che la democrazia non è solo governo della maggioranza, ma un sistema fatto di regole, valori e diritti, in cui anche le minoranze devono essere tutelate.
Ha criticato duramente la strategia dell’astensione come arma politica, definendola “un danno alla democrazia che mina il confronto pubblico”. Ha sottolineato che anche se il quorum non verrà raggiunto, vale comunque la pena votare, perché ogni voto è un atto di impegno civile. “Chi lotta contro l’indifferenza e la disinformazione fa un servizio alla libertà – ha detto – e chi invece tenta di sabotare la partecipazione sta danneggiando le fondamenta stesse della democrazia”.

A concludere il dibattito, il contributo di tre iscritti al Partito Democratico che hanno voluto portare il loro punto di vista, unendo esperienza, sensibilità e militanza. Filippo Veltri, giornalista, ha evidenziato la necessità di abbassare il quorum per i referendum al 30%: “Oggi il 50%+1 è un ostacolo troppo alto. Servirebbe una riforma che riconosca il cambiamento del contesto sociale e favorisca la partecipazione”. Antonio Ionà ha dichiarato:  "Sebbene la battaglia politica possa sembrare difficile da vincere, a Catanzaro si punta a porre basi importanti, con l’obiettivo di mantenere credibilità e riconoscibilità nel tempo." Ha poi parlato della mozione a favore della Palestina che il PD ha presentato la scorsa mattina in Regione.

"Dopo tanto tempo, il Partito Democratico di Catanzaro è tornato a organizzare un’iniziativa. È un segnale positivo – ha dichiarato Carla Rotundo – che fa pensare che possiamo andare avanti e fare sempre meglio." Secondo l’esponente dem, a Catanzaro manca ancora la capacità di imporsi contro le prepotenze: "È una città apatica, che ha bisogno di aiuto". Da qui l’appello a un cambiamento profondo: "Dobbiamo risvegliare le coscienze dei cittadini, perché se non cambiano le persone, non potrà mai cambiare davvero la città".

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