L’intervista a Sarafine: il nuovo EP, i prossimi appuntamenti e il legame con la Calabria

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Sarafine, foto di Aldo Torchia

Ad aprile la cantante sarà all’Expo di Osaka in Giappone insieme alla Calabria Film Commission per rappresentare la Calabria

  27 marzo 2025 15:40

di CARLO MIGNOLLI

Dalla tranquilla Vibo Valentia ai riflettori di X Factor 2023 e la vittoria finale: la storia di Sarafine, al secolo Sara Sorrenti, è un viaggio audace alla ricerca della propria identità artistica. A 34 anni, ha lasciato una carriera stabile nel settore amministrativo per trasferirsi a Bruxelles e inseguire il sogno della musica.

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Con il suo stile unico, che fonde elettronica e pop, ha conquistato il pubblico e la giuria, trionfando nel celebre talent show con l’inedito “Malati di Gioia”, un brano che esplora le sfide di una generazione cresciuta con aspettative borghesi, mettendo in discussione i percorsi tradizionali imposti dalla società.

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A dicembre 2024, Sarafine ha pubblicato il suo primo EP, “Un trauma è per sempre”, una raccolta di sette tracce che rappresentano un lavoro introspettivo maturato negli anni. L’EP mescola influenze elettroniche, dubstep, techno e pop, con testi sia in italiano che in inglese. In questa intervista, Sarafine ci racconta il coraggio di cambiare, le sue influenze musicali e le emozioni vissute durante il percorso che l’ha portata alla vittoria e alla realizzazione del suo primo progetto discografico, non dimenticando mai le sue radici.

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L’INTERVISTA

A dicembre sei uscita con l’EP “Un trauma è per sempre”. Ti aspettavi questo riscontro e questo successo? E soprattutto, cosa hai voluto comunicare con questo progetto? Sui social si leggeva spesso “Perché non pubblica?”, quindi ti chiedo come mai hai deciso che questo fosse il momento giusto per farlo?

«Subito dopo X Factor è stato un momento abbastanza confuso per me, perché dovevo adattarmi a questa nuova vita. Io non avevo un pregresso nell’industria musicale, quindi per me fare questo di lavoro è stato molto impegnativo. Dovevo prendere le misure, circondarmi di figure necessarie per iniziare questa carriera, perché mi ci sono approcciata in maniera ingenua, ma non nel senso negativo del termine. È servito del tempo per capire cosa stava succedendo e cosa stessi facendo. Quando sei dentro un turbine del genere, non hai la lucidità per scrivere e creare con tranquillità. Mi sono presa questo tempo durante la preparazione del tour estivo. La scrittura dell’EP non è nata con un concept predefinito, non è stata una cosa pianificata. Ho scritto i brani in modo indipendente l’uno dall’altro e poi, riguardandoli, mi sono accorta che il filo conduttore era la questione dei traumi, dell’introspezione. È stata una scrittura spontanea, e proprio questo volevo comunicare: volevo farmi riconoscere, essere sincera e trasparente. Ci sono canzoni molto dure, che raccontano aspetti della mia personalità che prima mi facevano un po’ paura, ma che ora riconosco come umani. Ho imparato a voler bene anche alle parti più fragili e arrabbiate di me. L’EP racconta una fase della mia vita passata, in cui c’era molta rabbia e sofferenza, e in cui cercavo di capire perché mi sentissi in quel modo».

La tua musica ha uno stile unico. Quali artisti ti hanno influenzato nel tuo percorso musicale? Come hai sviluppato il tuo sound, che fonde elementi elettronici con sonorità più leggere?

«Se ti devo dire due nomi, direi Stromae e Skrillex. Ma anche Elisa, che potrebbe sembrare distante dal mio stile, e poi ci sono stati tanti altri artisti che ho scoperto da giovane, durante l’università, andando ai concerti. In età più adulta ho iniziato ad ascoltare molta più musica. Vivere all’estero ha avuto un grande impatto: nel Nord Europa la musica elettronica è molto presente e viene spesso suonata dal vivo con strumenti veri. Prima di trasferirmi, suonavo la chitarra e cantavo, quindi tutto quel mondo mi ha aperto una nuova prospettiva. Un gruppo che cito spesso, perché vorrei che più persone lo conoscessero, sono gli ECHT!: fanno una fusione tra jazz, elettronica e trap, tutto suonato dal vivo. Quando li ho ascoltati la prima volta, mi hanno folgorato. Poi c’è un altro artista che mi ha cambiato la visione: si chiama Saro, è stato campione mondiale di beatbox nel 2017: faceva delle cose incredibili sul palco. Il suo spettacolo era costruito con la loop station, creando i beat davanti al pubblico, fino ad arrivare a un’esplosione finale. Questo senso di collettività nella creazione mi ha emozionato tantissimo. Ho pensato: “Voglio fare questa cosa!” Infatti, tutte le mie produzioni - anche le cover che facevo prima - avevano sempre questo percorso di costruzione graduale, fino al drop finale».

Hai citato Elisa, che è nella cerchia delle artiste italiane donne che producono le proprie canzoni. Tu sei una di queste.

«Si, ci sono tante artiste che producono la loro musica, ma non se ne parla abbastanza. Elisa, sì, produce, arrangia e suona. Anche Francesca Michielin lo fa. Il problema è che c’è ancora l’immaginario della donna come solo interprete, ed è limitante. Io ho scoperto Elisa da piccola, con il suo album Lotus, che mi aveva regalato mio fratello. Era tutto in inglese, prima che lei facesse Sanremo. Me ne sono innamorata».

Parliamo delle tue origini. Sei di Vibo Valentia: pensi che la Calabria abbia influenzato la tua musica e la tua identità artistica?

«Assolutamente sì. Sono nata a Salerno, ho vissuto lì qualche anno, poi mi sono trasferita in Calabria, dove ho fatto le scuole e l’università. Il mio accento è chiaramente calabrese! La Calabria mi ha formato come persona. Da piccola, avevo la percezione che tutto finisse a Vibo Valentia. O al massimo a Cosenza, che mi sembrava già lontanissima! Crescere con questo immaginario ti fa sentire che non hai molte possibilità, che replicherai la vita dei tuoi genitori. Poi, con la crisi economica, molte certezze sono crollate e ho capito che me ne sarei dovuta andare. Ma la Calabria mi ha dato una forza incredibile, anche se da giovane non me ne rendevo conto. Amo i calabresi perché è gente concreta e trasparente nel dire le cose che si pensano. Crescere lì ti fa sentire lontano da tutto, ma poi capisci che è una terra bellissima. Adesso c’è un racconto più positivo della nostra regione, con eventi culturali e artistici. Per esempio, tra poco andrò in Giappone con la Calabria Film Commission per rappresentare la Calabria all’Expo di Osaka. È una cosa di cui vado fiera».

Si può dire che sei un’artista calabrese che tiene molto e va fiera delle sue origini. Alcuni invece tendono a distaccarsene e magari chi addirittura se ne vergogna.

«Sicuramente è così, ma io credo che sapere da dove vieni sia fondamentale per accettarti nella vita. La Calabria è una fortuna incredibile. Sono cresciuta con il mare e lo Stromboli di fronte. Quanti possono dire di avere avuto questa fortuna?».

Dopo X Factor avevi detto di voler tornare in Italia per fare musica. Stai realizzando questo desiderio? E quali sono i tuoi progetti futuri?

«Sì! Ora andrò in Giappone ad aprile per il mio primo live ufficiale post EP. Poi partirà il tour estivo e invernale, principalmente in Italia, ma non escludo l’estero. Vorrei, in futuro, suonare anche per gli italiani all’estero».

Hai studiato economia e lavorato in un altro settore. Cosa ti ha spinto a un cambiamento così radicale?

«La stanchezza. Ho lavorato per anni in un campo che non mi stimolava, convincendomi che mi piacesse. Ma non ero felice. A un certo punto, mi sono detta: “Basta, non ne posso più!”Ho accettato l’incertezza. Mi sono lasciata andare, sapendo che avevo qualche risparmio e un piano B. Ma volevo provare a vivere di musica».

Quale consiglio daresti a chi, come te, partendo dalla Calabria, sente il bisogno di cambiare direzione nella propria vita per seguire una passione?

«Di non avere fretta. Le cose arrivano. Bisogna prendere decisioni ascoltando solo le proprie aspettative, non quelle degli altri. È un mondo difficile, ma se desideri qualcosa e ci investi tempo, prima o poi la realizzi. Non c’è nessuno che ci corre dietro: la vita è lunga e si può cambiare strada quante volte si vuole. L’importante è stare bene con se stessi».

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