di MARCELLO FURRIOLO
Ora che il delirio di Ferragosto è passato con gli stessi riti e le stesse attese di sempre, anche il tempo da una mano per convalidare l’antico brocardo dell’esperienza popolare. Finita la festa un nuovo inverno è alle porte.
Quest’anno, però la prospettiva della stagione invernale appare ancora più grigia del solito. Più vicina alle illusioni e alle profonde delusioni del protagonista, Ethan, del capolavoro di John Steinbeck “L’inverno del nostro scontento”, che alla voglia di ritrovare affetto e intimità familiare sotto la magia dell’albero di Natale. Peraltro bisognerà passare prima dal calvario delle elezioni regionali inopinatamente anticipate .
Un percorso che ha cambiato radicalmente le stesse prassi e consuetudini dei calabresi per questo finale di stagione. E la stessa politica sonnecchiosa, che in questi quattro anni non ha trovato lo scatto di orgoglio per tentare di rovesciare non solo la linea di traiettoria della curva del nostro sviluppo sociale, economico e civile, lasciando che il solo Governatore Roberto Occhiuto, nel bene e nel male, cercasse di imprimere una svolta quanto meno alla narrazione della vicenda calabrese, oggi non riesce a costruire un’ alternativa credibile al Presidente dimissionario. E questa situazione, che coinvolge direttamente sopratutto le responsabilità storiche della sinistra non solo calabrese, non può non riportare la discussione sui fondamentali della politica e sulla formazione della classe dirigente calabrese.
Non per declinare il logoro teorema sulle responsabilità della classe politica e dirigente sulle gravi condizioni economiche e civili della società meridionale, ma per sottoporre alla matura riflessione dei calabresi il fatto che i massimi dirigenti dei partiti della sinistra, chiamati ad assumere il ruolo guida della regione, in uno dei momenti più critici della sua storia recente, si rifiutino, preferendo mantenere le poltrone di velluto rosso dei Palazzi romani. Dove di Calabria si parla solo a proposito della ‘ndujia condita sulla minestra riscaldata della ‘Ndrangheta. Con il rischio della deriva populista che vede il Padre del Reddito di cittadinanza, che avrebbe dovuto eliminare la povertà in Italia, invocato come il salvatore della Patria nella regione più emarginata del paese. Ecco che mai come quest’anno a Ferragosto i lidi si sono cominciati a spopolare, evidenziando ancora di più le difficoltà economiche e le contraddizioni di un sistema di gestione del patrimonio pubblico delle coste affidato al monopolio di pochi operatori. Ma forse anche di un modello di vita della società italiana, che non può consentirsi più i lussi e le esasperazioni vacanziere che ispiravano i racconti caciaroni dei fratelli Vanzina dei vari “Sapore di Sale”.
Non solo la crisi mondiale della Classe Media risucchiata in basso dalla congiuntura economica, che ha annientato la capacità di spesa e il valore economico dei salari, ma soprattutto la distorsione del modello sociale costruito nel dopoguerra in Italia piegato al predominio e al ricatto di alcune lobby come i tassisti, i balneari, ma anche alcune categorie professionali di intoccabili.
In Calabria tutto questo appare ancora più stridente e colpisce favorevolmente che proprio il giorno di Ferragosto, sei rappresentanti di una categoria di intellettuali in via di estinzione, abbiano preso in mano la tastiera per scrivere una lettera aperta pubblicata da “La Nuova Calabria” (LEGGI QUI) in cui si raccontano le contraddizioni di una regione dove, in questi giorni esplode il delirio di sagre, luminarie e decibel fuori controllo, fuochi d’artificio sudamericani, mentre i pronto soccorso degli ospedali vanno in tilt, manca l’acqua proprio nelle località balneari e lamentiamo la maladepurazione, la malamovida e ovviamente la malasanità. “ Nel momento della grande abbuffata di frastuono e luci, nel frattempo, a nulla sembrano rilevare i costi spesso esorbitanti e la dispersione di soldi pubblici per il nostro panem et circenses quotidiano.
Così passata l’euforia, mentre saremo svegliati dalla dura realtà e le statistiche ci ricorderanno che il tanto decantato turismo calabrese più che decollare affonda per prezzi alti o per carenza di servizi, piagnucoleremo un pò ma nulla ci impedirà di farci trovare pronti per l’ennesima campagna elettorale… E con Natale e Capodanno la corsa a nuovi concerti, ecco servite altre luci, sempre più sfavillanti. E noi di nuovo a spellarci le mani al grido di Calabria fenomenale e strabiliante…Mentre la comunicazione della Regione alterna epica e desolazione, euforia e depressione, in un andamento clinicamente bipolare.”
Ma c’è una ricetta per uscire da questo vortice di negatività? Secondo i firmatari della lettera bisogna “Recuperare l’ampiezza e la profondità millenaria della nostra Terra. Non tanto adorare le ceneri, ma custodire e alimentare il fuoco di Sybaris, I Pitagorici, il Vivarium di Cassiodoro, Gioacchino, Telesio, Campanella… Pulirci gli occhi dal sale per non ballare e ridere guardando le nostre sagome negli specchi che ci regalano insieme al panem et circenses.” Firmato Ettore Bruno, scrittore, Alessandra Capalbo, archeologa, Maura Casciano, umanista, Amerigo e Corrado Minnicelli, giuristi, Leonardo Spataro, filosofo.”
Questo Ferragosto del primo quarto del Terzo millennio ha riportato alla sua Casa natia una grande figura di Uomo e di calabrese, padre Fedele Bisceglia. Un Frate che ha saputo vivere sulla propria pelle l’universalità del messaggio cristiano, sposando i bisogni degli ultimi nel riscatto sociale che passava anche dalla passione da ultras per i colori del suo Cosenza. Un martire cristiano su cui si è esercitata con cinismo la miopia della Giustizia e la fallacia della Gerarchia della Chiesa.
Ricordo le sue appassionate telefonate serali quando insisteva perché da Sindaco di Catanzaro presenziassi al Marulla al derby con gli odiati cugini. “Ti vengo a prendere io e vediamo assieme la partita con gli ultras. Stai tranquillo!” E le assicurazioni che dava a mia moglie Marisa. Ovviamente andai a Cosenza e vedemmo la partita tranquillamente con Padre Fedele e l’amico sindaco di Cosenza Pino Gentile.
Altri tempi, quando la Calabria era illuminata anche dallo spirito visionario di Padre Fedele.
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