di MARCO CALABRESE
Il mio terzo Natale a Catanzaro.
C’è chi tira le somme a fine anno, posticipando alla sera del 31 dicembre riflessioni, speranze riposte e mai realizzate degli ultimi 365, o come in questo caso dei 366 giorni, c’è chi, come me, le fa pochi giorni prima di Natale.
Non vuole essere, il mio, un atteggiamento cinico paragonabile a quello del venditore di almanacchi di leopardiana memoria, ma solo un oggettivo, scarno e crudo resoconto.
Frutto sicuramente di una serata difficile. Le difficoltà si trovano ovunque… il gioco della vita è questo!
Ma se vogliamo metterci anche il fatto che rientrare a casa alle 18.44, diventa impresa impossibile pari a quella di Ulisse, a causa di una scellerata imposizione di “isola pedonale” nel centro storico cittadino, la riflessione che segue ha ragione di essere stata meditata, tra imprecazioni, e una quantità non precisata e innumerevole di giri in macchina tra Politeama, via Menniti, Duomo (o in alternativa XX settembre) Corso, discesa del Masciari poi Comune per ritrovarsi nuovamente al Politeama, incrociando anche il luminoso trenino che trasporta i divertiti e gaudenti passeggeri che fanno spola da piazza Roma fino al San Giovanni e viceversa.
Dopo un ora e mezzo del tram tram appena descritto, il tanto desiderato parcheggio, bramato agognato e sofferto, appare come una lussureggiante e flessuosa oasi nel deserto. Ovviamente c’è da fare poi un bel pezzo a piedi prima di giungere nella privata abitazione… ma è così!
"Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare".
“L’isola pedonale fa scoprire il senso della città!” “La gente si riappropria del centro!” “L’aggregazione esplode e la gente si diverte!”
Slogan lanciati da chi poi non vedo passeggiare nell'isola. Slogan anche veri se vogliamo. Ma vero è anche il contrario!
Sarà che io non ho bisogno dell’isola pedonale per riappropriarmi di una parte della città. La vivo tutti i giorni… frequentandola, conoscendone buona parte di negozianti, commercianti e abitanti, apprezzandone buche, sanpietrini divelti e mai sistemati, passaggi, tombini, ombre disegnate con gusto metafisico e sfumature morbide. Non aspetto quelle due ore di paralisi del Corso cittadino - unica via e arteria che consente un traffico fluido e diretto, evitando i più angusti e spazialmente limitati passaggi di via De Grazia e XX Settembre - per vivere la suggestiva e decadente bellezza dei vicoli, delle case profumate di pietra bagnata in cui il muschio e le felci crescono, degli scorci magici e intimi, dei passaggi strettissimi tra case addossate…
E di isole pedonali ne ho viste e vissute, in altre città italiane ed europee. Vie di negozi modesti o lussuosi, di piccoli scrigni con preziosi articoli, di antiquari raffinati, di sarti, di alchimisti, di polverose e demodè boutiques, di venditori sfrontati, di invitanti caffè, pullulanti di luci, di scintillio e di bel vivere, di passeggio moderato calmo e cadenzato, di saluti cordiali e sorrisi accennati.
Questa scena, come in un copione, si ripete quasi sempre in quelle città in cui la conformazione urbanistica lo consente; un “Centro” e attorno, quasi a raggiera, la città che cresce e si sviluppa. La più facile conseguenza è che il “centro pedonalizzato” è sempre facilmente raggiungibile! E non per due ore al giorno, ma tutti i giorni. Dai residenti e da quelli che giungono da fuori; tutti trovano sempre lo stazionamento adeguato per il proprio mezzo di trasporto.
A Catanzaro no! Non è così! La città si sviluppa in lungo. Tre arterie principali ne attraversano il cuore; bloccando la più fluida, si intasano le altre due.
E intanto, anche se la gente passeggia, lo shopping lo si va a fare nei centri commerciali o nella vicina Lamezia (anche perchè ci si impiega meno tempo), e i negozianti disperano a causa delle poche vendite, e tutto questo nel fine settimana pre natalizio.
“Ah ma tu sei quello che parli” “Tu parli troppo!” “Uff! Ti lamenti sempre!”
Penso, rifletto, forse troppo, soprattutto grazie e durante l’ora e mezza trascorsa in macchina per conquistare un parcheggio. Nessuno di noi in questo mondo dice il vero… Forse l’unica accusa che mi si può fare è quella di volere una città più “comprensiva” capace di ascoltare o di confrontarsi! Forse perché, con un po 'di presunzione, credo di amarla.
Ma qui non è così! Se non ti va bene arrangiati!
Loro hanno deciso e la tua opinione non conta nulla. E soprattutto… guai se ne parli!
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