
di MARILINA INTERIERI
E’ stata molto più di una grande interprete della musica italiana: è stata una donna che ha incarnato, con naturalezza e coerenza, una forma di femminismo autentico e vissuto, ben prima che il linguaggio pubblico desse un nome a quella libertà.
La sua carriera, iniziata nel fervore culturale del Piccolo Teatro di Milano, si è mossa sempre in controtendenza. Scelse repertori scomodi, legati alla vita, alla marginalità, al desiderio e alla fragilità. Non accettò mai ruoli preconfezionati, non cercò il compiacimento. La sua voce, calda e inconfondibile, divenne strumento di autodeterminazione.
Femminista ante litteram, Vanoni non proclamò teorie: le praticò. Difese l’autonomia artistica, scelse collaborazioni che le somigliavano, rifiutò compromessi che la allontanassero dal proprio percorso. Parlò dell’età, dell’amore, del tempo, della solitudine senza paura di mostrarsi vulnerabile, trasformando la fragilità in forza.
Fino alla fine rimase così: libera, intelligente, ironica, capace di guardare la vita con lucidità e tenerezza insieme. Non arretrò mai dalle sue scelte. La sua presenza è stata un gesto politico, un lascito culturale che oggi appare più moderno che mai.
Ornella Vanoni ci lascia una voce, certo, ma soprattutto un esempio: quello di una donna che si è scelta sempre, e che nella sua libertà ha aperto spazi anche per tutte le altre.
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