Addio ad Angelo Donato: il ricordo di Franco Cimino

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Franco Cimino
  05 aprile 2024 17:08

di FRANCO CIMINO

La notizia mi è arrivata improvvisa come un tuono dal cielo sereno. L’ho appresa non dai giornali on line, che sono più veloci della luce, ma da un whatsapp di un amico, per motivi diversi, comune, che ha usato però la stessa asciuttezza cronicistica della moderna informazione. Un dolore mi ha trafitto l’animo già teso verso ciò che quotidianamente ti arriva da questo impazzito mondo e di preoccupante già dal tuo stesso piccolo, in buona parte per la conseguenza di quello.

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Angelo Donato è morto, questa è la notizia. È morto a Roma, dove viveva da molto tempo e dalla quale città non si è più mosso per stare accanto alla sua amata moglie e ai suoi tre adorati figli, pur tenendo stretta nel cuore la sua Calabria, nella quale spiccava il suo profondo attaccamento per la sua Chiaravalle, che gli aveva dato i natali e le radici di tutta la sua larga famiglia. E per Catanzaro, la Città nella quale ha lavorato, divenendone sindaco, e vissuto per lungo tempo e fino al suo trasferimento a Roma per il lavoro di senatore che lì lo portava. Era vecchio Angelo con i suoi novant’anni il prossimo dodici aprile? È la domanda che accompagna sempre coloro che si interrogano, sorpresi del tuo dolore. È la stessa che viene posta dinanzi alla scomparsa, te già vecchio, di un genitore. Come a dire di un dolore minore o consolatorio di suo. Ancora non si comprende che le due età si accostano moltiplicandolo, il dolore. Ché in esso c’è parte della tua vita.

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Parte importante, che addirittura precede la sofferenza, perché si accompagna a stagioni dell’esistenza che restano anche nel perimetro chiuso di quella relazione affettiva. Relazione particolare, in cui i ricordi si appartegono anche all’altro, quasi che fosse una sorte di doppia chiave della cassetta di sicurezza in banca. Non basta la tua per aprirla. Ecco, quel tuono che mi sconquassa l’animo è già questo. Angelo Donato, che è stato un fine politico attraverso le numerose alte cariche ricoperte, delle quali oggi non dirò anche per non essere più lungo dei miei sentimenti, è quest’altra chiave. In quella cassetta vi sono ricordi che si caricano oggi di tanta nostalgia. Angelo ne è parte diretta per averli costruiti con me, all’interno di quel partito che fu il suo e fu il mio. La Democrazia Cristiana, servita con eguale passione e dignità e amata dello stesso amore. Dignità e amore, il suo, che hanno arricchito la lavagna degli insegnamenti da me ricevuti dai più grandi uomini della Politica. Un libro, la sua presenza educante, che si è da subito aggiunto alla mia non piccola libreria dell’impegno al servizio della gente e delle istituzioni. Impegno nel quale Angelo era davvero, più che un maestro, una figura da prendere ad esempio per essere migliori. E degno di essere democristiano e attivista dei propri ideali. Degno anche delle ambizioni che in quella militanza appassionata un giovane coltivava. Eravamo amici, Angelo e io. Lo eravamo di un’amicizia vera. Quella fatta di affetto per la conoscenza l’uno dell’altro, di stima per l’apprezzamento del modo di essere e di comportarsi nella vita dell’uno e dell’altro. Si era amici per la lealtà e sincerità che caratterizzava le due nostre persone, informando tutto il nostro rapporto.

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Eravamo diversi in tutto lui e io. La differenza d’età, il carattere, la forma dell’intelligenza, la struttura del pensiero. Cultura, luoghi di formazione e maestri, studi e letture, tutto era diverso tra noi. Eppure, o forse per questo, eravamo molto amici.

Angelo era persona leale, sincera, discreta, riservata. Pulita sin dal pensiero e fino alle mani e al cuore. Non tradiva. Non ingannava. La sua parola era credibile perché lui era credibile. Non lo dico io. E non lo dico oggi. Lo dicono tutti coloro che l’hanno conosciuto. E non lo dicono oggi. Lo dice la sua storia personale, la sua vita, privata e pubblica. Un solo amore, incontrato in piena fatica e carriera politica e avanti nella giovinezza quasi mai pienamente vissuta con leggerezza giovanile dell’epoca. E fu l’unico, eterno. Felicemente ricambiato. Una famiglia, che ha servito con amore profondo. E quei tre figli seguiti assiduamente anche quando altri non avevano tempo per guardare i propri. Una sola appartenenza. E a una corrente dentro il partito. E un unico atto di “ fedeltà”, la sua di uomo libero, verso il leader di quella, Elio Tiriolo, per la cui improvvisa prematura scomparsa soffrì molto. Una grande, tra le tantissime coltivate, devota rispettosa amicizia, che li ha legati, insieme al “ fratello “ minore Nanà Veraldi, e strettamente, tutta la vita. Poi, quella profonda e empatica, con Carmelo Pujia, il potente leader politico calabrese che con lui, pur distante di posizione di potere e di personalità, contrasse un rapporto strettissimo e diciamo pure paritario. I due stavano davvero alla pari. Carmelo gli portava rispetto per la grande stima che nutriva per lui. E anche tanto affetto per l’enorme da lui ricevuto, e disinteressatamente, nei momenti più difficili. Anche Riccardo Misasi ne aveva, stima e affetto, per Angelo. Un rispetto nutrito anche di gratitudine per essere riuscito lui dove altri non potevano. E, cioè, fare incontrare i due cavalli di razza quando sbizzarriti litigavano duramente.

A tutto danno del partito, della Calabria e di loro stessi amici, perché Carmelo e Riccardo erano davvero amici. Molto. E per lungo tempo molto inconsapevolmente. Perché ad Angelo riusciva il “miracolo”? Gli riusciva, sì gli riusciva, come tanti altre volte altrove, perché lui, diversamente dai rispettivi cerchi magici, che lucravano in quel sussidio, guardava solo al bene delle due alte personalità. E al bisogno che partito e Calabria avevano di un rapporto fecondo fra quelle due straordinarie genialità, autentiche officine di idee e progettualità . Di Angelo ci si poteva fidare. Era leale. Verso tutti. Indistintamente. Persone e istituzioni. Partiti anche. Il suo, come gli altri, i rappresentanti dei quali a lui si rivolgevano quando le famose e fumose, faticose ed estenuanti, interpartitiche non si concludevano affatto. Ovvero, male per i loro interessi. La sua casa e la sua segreteria erano un “ porto di mare” . Sempre aperte quelle porte. Lui sempre prodigo a dare consigli. Di più, ad ascoltare, attività la più rara in quel tempo. Il valore quasi interamente perduto in quello attuale. Angelo ascoltava. E con attenzione. E le posizioni altrui accoglieva con rispetto. Rispetto, il suo, dalla duplice dimensione. Quella umana per l’educazione ricevuta. In particolare, da quel padre per il quale ha conservato ininterrottamente affetto riconoscente. E quegli insegnamenti che lui riteneva fondamentali per la sua crescita personale e per i ruoli svolti nella vita.

Quello di padre, innanzitutto, lui figlio, acculturato, era ammirato di quella pedagogia “contadina”e, perciò, semplice e umile. La pedagogia che ha cambiato il vecchio mondo, consegnando al paeee una robusta generazione di uomini e donne impegnati nella stessa opera dei padri e delle madri. L’altro aspetto educativo di quel rispetto, era, diciamo, cristiano e laico insieme. Derivavano dallo stesso principio evangelico e costituzionale del rispetto per la persona. Delle sue idee e dei suoi sentimenti. Persona in sé piena di dignità. Per quel suo carattere per natura quieto e lontanissimo da ogni forma di aggressività, anche verbale, per la sua capacità di ascolto, per il suo parlare piano nel ragionare quieto e profondo, per la sua straordinaria capacità di quietare gli animi più inquieti e tendenzialmente aggressivi, caposte e cattivi compresi, Angelo era considerato un “ angelo”. Per la sua qualità di tessere ragioni sulle ragioni contrapposte, egli riusciva a sanare i contrasti e a mettere insieme e disarmati i duellanti, a conciliare, addirittura, gli opposti. E sempre intorno a un punto politico che li portasse al dovere della responsabilità. Scrivo chiaramente questa parola a lui molto gradita. E necessaria, insieme a libertà. Ci sarebbe molto da dire sul suo pensiero in merito, maturato nei suoi approfonditi studi della Costituzione.

La Grande Carta, che conosceva benissimo e della quale sarebbe stato un grande docente universitario se l’impegno totale per la Politica non lo avesse dirottato su altri campi, nei quali pure eccelleva per preparazione e competenza acquisita con serietà di impegno. Dico soltanto, in questa riflessione, che responsabilità e libertà stanno sempre insieme, che separarle é danno grave per la società. E offesa per la Libertà. E per la Persona, che di essa è costituita. Per per sintetizzare un pensiero così profondo mi viene da dire, mutuandolo, che Libertà è risorsa dello spirito, responsabilità é atto dell’intelligenza. Chi mi legge non ha bisogno di ulteriori incaute mie spiegazioni. per capirlo. Angelo era considerato un mediatore, attività non facile mai e per alcuno. Angelo, per la sua collocazione interna al partito, e per quel suo modo di esprimersi elegante e sereno, per il suo parlare quasi piano pur con quella voce robusta, per il suo costante rifuggire da qualsiasi estremismo, era definito un politico moderato.

Lui mi autorizzerà , di certo, anche stamattina, di affermare che tutte queste denominazioni o etichette non gli appartengono. Angelo era due cose in una sola. Era democristiano e democratico. Anzi, democristiano, fede ( la sua intensa) a prescindere, perché democratico. Un solo esempio, lui non operava tanto per trovare una soluzione ai conflitti. La sua strategia, mi permetto di dire morotea, era di mettere insieme le diverse ragioni secondo il principio che ciascuno ne abbia di sue proprie e che tutte siano valide. Le piccole verità per costruirne una più grande nella quale vi sia riconosciuto il valore di tutti. Si chiama affermazione del pluralismo, questo, elemento fondamentale della Democrazia. Chi ha conosciuto Angelo, anche brevemente, sa che non nutriva astio e odio per alcuno. E che la maldicenza gli era estranea totalmente. Come quell’arte, sempre diffusissima, del pettegolezzo. Chi parlava con lui era certo

della sua riservatezza blindata. Era un uomo buono. Perché non dirlo, oggi se è sempre stato detto ciò? Io lo dico, era buono. Che ha fatto tanto bene. A molti. Era un uomo sempre “ per”. Per la giustizia e la buona amministrazione. Per il rigore morale nella vita pubblica. Per il fare il Bene e per costruire il fare delle opere di progresso e di civiltà. Era contro, di. Ma solo nei confronti dell’ingiustizia. Era contro la violenza. Contro il malaffare e la corruzione. Contro le mafie di ogni genere, Contro i violenti di ogni specie. Era contro gli ipocriti e i bugiardi. Contro l’invidia e la mediocrità morale. Non era mai “anti” se non del fascismo. Ma questo era dentro il suo impegno per la Costituzione. Non era anticomunista, per esempio. Dirigenti del PCI, nazionali e regionali, in quel difficile tempo in cui, auspice Carmelo Puija, si cercava, per salvare la Calabria dalla sua più grave crisi, un rapporto ravvicinato tra le due maggiori forze popolari ma storicamente antagoniste, parlavano con lui. Lo cercavano. E a lui, Pujia, e anche Misasi, si affidavano per convincere i democristiani più recalcitranti e ostili al “ compromesso storico in salsa calabrese.” Anche in questa idea “ azzardata, per me che la sostenevo, invece, intelligente e coraggiosa, Angelo ha dato il meglio di sé. E potrei continuare a dire tanto altro fino al mattino. Anche ripetendo a memoria la sua filosofia formato “pocket” anche attraverso i tanti aneddoti e detti, suoi e antichi, con cui lui “ professorava”. Una frase lapidaria era un pensiero profondo. Un detto antico, una verità ineccepibile. Una frase paterna, una massima persuasiva.

Un insegnamento esemplare del padre, una pagina di pedagogia roussouviana valida ancora oggi. A memoria potrei ripeterle tutte. Angelo ascoltava per imparare. Da tutti, dal colto come dall’ignorante, ché intelligenza e cuore ce l’hanno tutti. E insegnava da maestro autentico. Io ho imparato molto da lui. E lui cercavo per capire meglio le cose che non mi apparivano chiare. Ci vedevamo sempre a casa sua e nelle ore più riposanti per lui, quelle della sera che si completava con la cena alla sua tavola. Non sono ancora vecchio per riporre la mia passione politica in un cassetto. Non lo farò fino a quando, Angelo lo sapeva bene, io avrò forza per farla. Ma ho fatto tanto e nella stagione dei conti, non saprei qualificarla se rapportata ai successi personali. Molti non sono arrivati per errori commessi dalla mia fanciullesca ingenuità , come dal mio idealismo teso e dal mio disinteresse verso il potere quale viene ancora concepito. Per amore totale verso la mia terra e questo mio insistente senso delle istituzioni.

E per questo mio carattere ostinatamente portato a dire ciò che penso e battermi sempre contro il male che appare alla mia etica e alla mia idealità. Ne parlo per prima volta e apertamente qui, perché è come se parlassi con lui, che tanti suggerimenti mi ha dato per farne tesoro al meglio dell’utilizzo dei mie talenti, come li definiva lui. Ecco, se dovessi valutarli, non per rimpianto ma per farne lezione da dire a chi mi ascolterà ancora, affermerei che non averne seguito i più importanti é stato un mio grande errore. Conosco, però, la sua risposta. É quella tenera di sempre. Questa :” ma no Franco, non darti pensiero. Tu sei fatto di ciò che è la tua forza. Averla impegnata non è stato un errore. Continua, invece, a praticarla. Non cambiare.” Grazie Angelo. Anche di questo. Consentimi, però, indossando per un solo attimo, la veste di Segretario Provinciale della tua e nostra Democrazia Cristiana, che io ti copra della sua bandiera. Andare per il cielo fin Lassù ti farà un po’ freddo.

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