
di CARLO MIGNOLLI
Si svolgerà il 27 novembre al Teatro Grandinetti di Lamezia Terme e il 28 novembre al Teatro Comunale di Catanzaro, alle ore 21:00, l’attesissimo ritorno di Cin ci là, nella nuova edizione firmata da Corrado Abbati per la 48ª edizione di MusicAma Calabria.
L’operetta di Carlo Lombardo e Virgilio Ranzato, vero classico del genere leggero, torna sulle scene con un cast ricchissimo: Antonella De Gasperi, Fabrizio Macciantelli, Luca Mazzamurro, Mariska Bordoni, Federico Bonghi, Claudio Ferretti, Matteo Catalini, affiancati dalla Compagnia Corrado Abbati e da Il Balletto di Parma. L’adattamento e la regia sono dello stesso Abbati, con le coreografie di Francesco Frola, l’allestimento scenico firmato InScena Art Design e la produzione targata InScena.
Cin ci là è forse il titolo d’operetta più celebre in Italia: un nome curioso e orecchiabile, musica immediata, ritmo brillante e un clima spensierato che ha conquistato il pubblico per generazioni. Quest’anno l’opera festeggia i suoi 100 anni, un traguardo celebrato con un’edizione speciale che mantiene intatta la freschezza della tradizione ma la reinterpreta con occhio moderno, grazie all’esperienza della compagnia di Corrado Abbati e a un allestimento nato al Teatro Verdi di Trieste. Una produzione vivace, pensata per incontrare il gusto del pubblico contemporaneo, che promette di trascinare gli spettatori in un vortice di comicità, eleganza e divertimento. Protagonista assoluta, Cin ci là, donna affascinante e sensuale, col suo mondo ricco di equivoci e leggerezza.
L’INTERVISTA
A Catanzaro e Lamezia arriva lo spettacolo Cin ci là, che compie 100 anni: com’è stato lavorarci e cosa rende quest’operetta così attuale e amata ancora oggi?
«Rispetto ad oggi, in passato aveva un minimo di erotismo che oggi non ha più. Oggi è rimasto soltanto il divertimento di quella che poi è diventata una favola. Il mio lavoro è stato quello di recuperare tutta la parte più gioiosa di Cin ci là, riequilibrare l’aspetto della prosa insieme a quello del canto, facendo in modo che ci sia un 33% di prosa, un 33% di musica e un 33% di danza. Perché questo? Perché nel corso del secolo la componente di prosa si era molto allargata, forse un po’ troppo, facendo diventare l’opera quasi una rivista e non più uno spettacolo dove c’è un’intensità lirica non indifferente. Il mio compito è stato quello di riequilibrare tutto».
In merito all’approccio rispettoso dell’opera originale di Lombardo e Ranzato, com’è stato il lavoro suo e del cast nel proporre comunque una lettura moderna?
«Il teatro leggero è sempre stato soggetto ad adattamenti e a soluzioni che si avvicinassero al gusto del pubblico. Oggi ci rivolgiamo a un pubblico che conosce internet, i telefonini e tutto il resto. Non ci saranno internet e telefonini, ma ci sarà un gusto particolare. Faccio un esempio: la scenografia è stata pensata come un libro per ragazzi, di quelli che quando si sfogliano si aprono e mostrano le situazioni nelle quali poi si svolge l’azione».
Parlava delle scenografie: e per quanto riguarda le coreografie?
«Le coreografie, quindi la danza, non sono più una danza da rivista. L’intero corpo di ballo lavora con elementi di danza classica e moderna: è un linguaggio più adatto al pubblico di oggi».
Il cast è molto numeroso. Quali sono state le principali sfide nel dirigere una compagnia così ampia integrando musica, danza e canto?
«Io, purtroppo o per fortuna, ho oltre quarant’anni di esperienza. Il cast lo scelgo io: nessuno mi impone nulla. Cerco persone che abbiano innanzitutto le caratteristiche attoriali e vocali per affrontare quest’opera, ma anche un feeling personale con me, che devo dirigerli. Non è stato complicato: l’esperienza mi aiuta a scegliere sempre le persone più adatte. Quest’anno credo che siamo arrivati a un risultato davvero molto buono. Tra l’altro, per la prima volta ho un interprete orientale in compagnia: è coreano e interpreta il principe di Corea. L’immedesimazione è perfetta».
Parliamo degli interpreti principali: come descriverebbe il lavoro con Antonella De Gasperi e Fabrizio Macciantelli?
«Lavoriamo insieme dal 1992: faccia lei i conti. Ci capiamo guardandoci. Abbiamo una tale conoscenza reciproca che spesso basta uno sguardo per cogliere ciò che cerco e ciò che loro sanno già come proporre. Possono aiutarmi anche con i nuovi, certo: lo fanno. Sono due fari, ai quali gli altri vanno spesso a chiedere lumi e guida».
Secondo lei, quali sono gli aspetti dello spettacolo che conquistano più facilmente spettatori di tutte le età?
«Direi l’aspetto ludico. Cin ci là parte subito, entra immediatamente nel vivo, cosa che non accade in molte altre opere o operette in cui serve un lungo percorso prima di arrivare al nocciolo. Qui il pubblico è subito immerso in una favola che fa ridere e resta con noi. Il momento più coinvolgente è la canzone O Cin ci là: il duetto l’ho ricreato facendo partecipare tutta la compagnia - ballo, attori, coro - per renderlo davvero travolgente. In quel punto rompiamo la quarta parete: guardiamo il pubblico, vediamo che ci segue, lo trasciniamo - in senso metaforico - sul palcoscenico. Da lì in poi è una gioia: siamo tra amici, e loro capiscono che noi siamo loro amici».
Per concludere: vuole lasciare un messaggio al pubblico di Catanzaro e Lamezia? Che tipo di emozioni spera di suscitare nel pubblico calabrese?
«Un’emozione vera, sincera. L’operetta ha proprio questa caratteristica: suscita subito un’emozione simpatica. È uno spettacolo adatto davvero a tutti. Voglio aggiungere una cosa: spesso, nelle stagioni di prosa, davanti agli abbonamenti c’è un pubblico più giovane rispetto a quello che conosceva l’operetta. Molti la vedono per la prima volta. Le assicuro - e glielo do come dato certo, non statistico - che tornano sempre a vedere l’operetta, perché quando la conoscono se ne innamorano».
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