di MARIA GRAZIE LEO
Lo avevamo ipotizzato, lo avevamo spiegato pur non essendo giuristi o inquirenti di professione, lo avevamo -diciamocelo chiaramente- tanto atteso nel rispetto dei tempi e delle procedure di indagine, spettanti alla Procura della Repubblica di Crotone competente territorialmente per leggenell’inchiesta aperta in merito alla tragedia del mare, verificatasi nella notte tra il 25 e 26 febbraio del 2023 in Calabria precisamente a Steccato di Cutro, in cui morirono 98 migranti, più molti dispersi rimasti purtroppo tali. E alla fine le conclusioni delle indagini dei Pm crotonesi sono arrivate, forti e chiare, aprendo un primo e fermo squarcio di verità probatoria che adesso spetterà ai giudici di merito valutare e certificare con sentenza definitiva, rendendo giustizia a quei morti, alle loro famiglie, ai semplici cittadini calabresi che li soccorsero a mani nude per spirito di solidarietà e umanità, a quell’Italia che si sposa in pieno nei valori dellanostra Costituzione e li attua e applica quotidianamente.
“Nei confronti di due appartenenti al Corpo delle Capitanerie di porto e di quattro appartenenti ai Reparti Aeronavali della Guardia di Finanza sono stati evidenziati profili di negligenza nel dare attuazione alle regole che la normativa europea e nazionale impone in casi del genere”. Questo trapela da un primo passaggio del comunicato stampa della Procura crotonese. Non facciamo i nomi degli indagati non tanto per puro garantismo costituzionale ma perché in fondo alla nostra riflessione non interessa strettamente l’identificazione anagrafica dei presunti responsabili penali del caso in questione ma più che altro interessa e di molto ciò che ha portato a quell’agire, l’approccio ideale, politico ed etico che avrebbe potuto riguardare chiunque si sarebbe trovato ad adempiere quelle funzioni di controllo, sicurezza e soccorso in un dato momento e luogo.
Nell’articolo pubblicato da“La Nuova Calabria” a ridosso di quel naufragio, trasportati da un sentimento di viva e profonda commozione ed emozione, misto ad un’ondata -consentiteci il termine- di ferma indignazione e sgomento per l’accaduto, ci eravamo posti già allora tante domande che subito e a quel tempo non potevano ovviamente trovare risposta sul piano giudiziario. Si potevano salvare, sarebbe stato possibile evitare quella scia di bare, comprensive di 35 bambini? “Chi di dovere o non li ha proprio visti arrivare quei migranti o si è girato colposamente, per errore o sottovalutazione dall’altra parte…non cercandoli, non trovandoli, non salvandoli dalle onde tempestose”. Così scrivevamo su questa testata il 12 marzo del 2023.
Da quando l’Agenzia europea Frontex avvistò e avvertì le autorità italiane competenti della presenza di un caicco in un mare forza 4 se non di più passarono 7 ore per rendersi conto a strage avvenuta del dramma posto in essere. Perciò il nostro cuore “esclamava” i suoi dubbi e si poneva intensamente i suoi perché: “ Sette ore di inspiegabili incertezze, sette ore di incredibiliattese, sette ore di probabili falle, sette ore di presunti rimpalli di passaggi di consegne, sette ore di incomprensibili momenti di indecisioni nello stabilire il passaggio da un burocratico controllo o procedura di polizia a scopo di ordine pubblico e sicurezza ad una scontata- ci permettiamo di alludere- e immediata operazione di ricerca e salvataggio di migranti- o per meglio dire- semplicemente di vite umane. Ricerca purtroppo mai avviata, forse mai pensata, magari solo sussurrata nella catena di comando che ha visto inizialmente protagoniste, da un lato la Guardia di Finanza con due unità operative in mare poi rientrate perché impossibilitate nel controllo di polizia a causa delle avverse condizioni climatiche, e dall’altro lato come attore non protagonista la Guardia Costiera, passiva fino a naufragio avvenuto. Come mai? È stata avvertita la Guardia costiera o non è stataavvertita e se sì quando ed in che termini? Sapeva o ha sottovaluto la presenza di migrantiin pericolo, su quel barcone? Se i dubbi restano e le domande sono tante, urgono e necessitano altrettanto risposte chiare di verità e giustizia”. Interrogativi, quesiti sui quali -dopo 16 mesi- i pubblici ministeri crotonesi hanno fatto luce. Quei migranti, quelle persone, quelle vite umane sofferenti nell’animo e nel fisico, si potevano, si dovevano salvare senza indugi. Ma così non è stato perché hanno prevalso imperizie, negligenze, imprudenze in chi era tenuto ad intervenire poiché anche in operazioni di law enforcement (operazioni di polizia), non censurate dagli inquirenti “l’azione di contrasto – afferma la Procura della città di Pitagora- è sempre improntata alla salvaguardia della vita umana e al rispetto della persona”. Invece quella notte si chiusero gli occhi, si spensero in certi momenti i collegamenti, si omisero i coordinamenti doverosi e necessari per scambiarsi informazioni e dati utili per sopperire all’emergenza in atto, non si chiese conto della situazione tra autorità e organismi competenti; praticamente si consegnarono -con leggerezza e incoscienza- al mare e al vento impetuoso, alle onde incontrollate i corpi inermi, esanimi di vite indifese e innocenti. Gli indagati risponderanno – se e quando verranno rinviati a giudizio- dei reati di naufragio colposo e omicidio colposo plurimo perché secondo la magistratura inquirente“nessuna imbarcazione delle autorità preposte al controllo del mare territoriale era in quella zona per tentare di intercettare il caicco, verosimilmente carico di migranti” Non ci dilunghiamo più di tanto nei dettagli del comunicato stampa, perché già questi primi elementi sono sufficienti per descrivere il quadro e delineare la piega dell’inchiesta. Quello che ci rattrista e che ci preme rimarcare come sintomo di forte preoccupazione è il clima di odio, di avversione, di fastidio che si respira nel paese quando si parla di migranti, stranieri o presone “diverse” da noi per cultura, religione, colore o altro. Un clima che trova i suoi riflessi o per meglio dire la sua rappresentanza in alcuni partiti che oggi governano l’Italia. Non ritorniamo approfonditamente sul punto perché abbiamo – a caldo- nel precedente articolo sulla strage di Cutro fatto conoscere e segnalato il nostro pensiero. Però a distanza di più di un anno non possiamo esimerci nel costatare con stupore che quel brutto “sentiment” sul piano del messaggio politico -dopo quel 26 febbraio- non si è attenuato per nulla, anzi si è rafforzato, addirittura allineato, plasmato come una calamita, un’attenuante, come una causa giustificativa difronte situazioni simili alla vicenda dei morti ritrovati sulla costa calabrese…che si sono succedute nel corso dei mesi e che continueranno ahimè ad accadere. Non è con i Decreti alla “Cutro” risultati più punitivi nei confronti degli scafisti e nello stesso tempo pure più restrittivi per i migranti vittime degli stessi, che si risolve il problema migrazioni che non è emergenziale ma che deve essere visto in forma strutturale dal nostro Governo, dall’ Unione europea, da tutti i continenti…e visto altrettanto come una risorsa da valorizzare sul piano dello sviluppo, dell’economia, dell’integrazione culturale, del lavoro. Così come non è con l’accordo con la Tunisia (dove non esiste lo Stato di diritto) o con l’Albania -che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni sfoggia come un grande successo nello sbloccare la situazione degli sbarchi, fermando le partenze prima o dirottandole in un altro Stato- che possiamo ritenerci soddisfatti e compiaciuti e gridare evviva, evviva. Intanto l’Albania pur essendo un paese democratico non fa parte dell’Unione europea e il trasferimento di alcuni migranti -quelli salvati dalla Guardia Costiera o Marina Militare- nelle due strutture proposte interritorio albanese, ma con giurisdizione italiana, è solo un palliativo per dire un pasticcio politico velato da una formalità e legalità che somiglia più ad una colonizzazione che ad una degna soluzione. Portare i migranti nei porti albanesi-solo 3.000 alla volta per un totale di 36.000 l’anno- per una semplice operazione di procedura di frontiera o di rimpatrio- e alla scadenza dei tempi di permanenza se non hanno acquisito il diritto d’asilo e non possono essere rimpatriati nei paesi d’origine, visto che gli accordi con quei paesi nella stragrande maggioranza dei casi mancano, non ci sono, alla fine quei migranti faranno sicuramente tappa in Italia. Praticamente quello che già si poteva fare subito nei nostri porti con strutture e personale formato ed in loco, lo si fa in Albania. E non tocchiamo il tasto dolente dello spreco dei soldi impegnati, che sono stati e saranno spesi per allestire e mantenere le due strutture, trasferire il personale, garantire i collegamenti online da remoto con gli avvocati messi a tutela dei migranti, con giudici ed il personale amministrativo che dovranno valutare caso per caso i loro diritti ed espletare le relative procedure. Veramente un gran capolavoro!!!
Ci permettiamo di affermare e consigliare al governo di centrodestra che la vera svolta o un buon risultato, sarebbe stato se il premier avesseraggiunto accordi bilaterali -caso per caso-convenienti per tutti, con molti paesi dell’Europa, visto che la Ue nella sua interezza stenta a dare una risposta costante, certa e collettiva. Solo così poteva emergere -nettamente- il prestigio, la statura europea e internazionale di Giorgia Meloni. Ma questo purtroppo non è avvenuto.Non ci siamo proprio Presidente Meloni, cambi visione e linea politica prima che può, altrimenti resterà isolata in Europa anche sul temamigranti. Restiamo umani, perché come scriveva Paul Valery “L’umanità è una somma di inumani…senza altri un uomo non è un uomo”.
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