Nel "Nido di seta" cresce la storia d’amore di chi crede nella Calabria

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images Nel "Nido di seta" cresce la storia d’amore di chi crede nella Calabria

  29 novembre 2019 16:53

di TERESA ALOI

E’ una storia d’amore verso la propria terra. E’ il richiamo delle radici che non conosce tempo. E’ la storia, la bella storia, di chi ha creduto, caparbiamente, che anche in Calabria si può costruire qualcosa di bello.  E’ la storia di chi ha aperto il cassetto dei sogni e gli ha dato vita.

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Si chiama “Nido di Seta”  la cooperativa di San Floro,  un paese di poco più di 600 anime alle porte del capoluogo,  famoso un tempo per la coltivazione di gelsi destinati alla bachicoltura. E' gestita da un gruppo di giovani calabresi che hanno deciso di intraprendere la sfida di  ritornare e restare in Calabria.  A condividere l'idea di Domenico Vivino, il  suo fondatore,  Miriam Pugliese. E' lei , ex hostess di una compagnia aerea, dopo tanti anni vissuti all’estero, quella che avverte di più la nostalgia e il richiamo della sua Calabria. Successivamente, al gruppo  si aggiunge  Giovanna Bagnato, artista specializzata nella lavorazione della ceramica di Squillace. Giovani coraggiosi ritornati alla terra e al paese d’origine solo dopo aver visto il mondo e aver aperto le proprie menti.

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“Le nostre parole chiave – spiega Domenico - sono tutela dell’ambiente e del paesaggio, crescita del territorio e sviluppo sostenibile. Intendiamo ripartire dalla “terra”, la nostra, sfruttando le risorse che quest’ultima ci offre”.

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E così, partendo dalla concessione di un terreno comunale su cui sorgono circa 3.000 piante di gelso, Nido di Seta ha deciso di ripristinare la via della seta calabrese.

Del resto Catanzaro fino alla fine dell’800 è stata la capitale della seta, e attorno ad essa si era formato un circuito produttivo che tracciava una “via della seta calabrese”, un corridoio che congiungeva la costa tirrenica a quella ionica. Ma soprattutto era nei paesi circostanti che si producevano i gelsi e la seta greggia: "da alcune fonti, consultabili presso l’Archivio di Stato di Catanzaro- racconta Domenico -  le famiglie contadine di San Floro, allevavano milioni di bachi da seta, di razza indigena, producendo circa 1.400 chili di bozzoli”. 

“Oggi la nostra azienda segue tutta la filiera che parte dalle foglie di gelso e arriva al prodotto finito, attraverso una rete di artigiani locali. I tessuti che nascono da telai manuali sono tinti esclusivamente con prodotti naturali: il filo d’oro viene lavorato su antichi telai a quattro licci e tutti i capi vengono colorati con prodotti naturali come il papavero, la mora di gelso, la cipolla di Tropea, i fiori di ginestra, il mallo di noce, rispettando così il concetto di sostenibilità ambientale. Oppure  vengono stampati con la tecnica dell'ecoprinting. Ed è così che vengono alla luce pezzi unici, tra cui sciarpe, foulard, cravatte, monili e tanto altro”.

 La loro storia si intreccia con quella di chi ha qualche anno in più, i capelli bianchi e le rughe, espressione di sapere di saggezza.

“Per riappropriarci della conoscenza serica – racconta ancora Domenico - siamo stati  discepoli di molti anziani, ultimi eredi della tradizione serica centenaria della nostra regione. Per implementare i loro insegnamenti abbiamo viaggiato oltre i confini europei gemellandoci con il Khon Kaen sericulture Institute in Thailandia, formandoci presso il Central Silk Board di Bangalore, India, e scoprendo metodi di lavorazione serica meno convenzionali e nuove tinture naturali in Messico. Inoltre abbiamo stretto partenariati europei con l’associazione Soierie vivante di Lione, Francia, e collaboriamo con il consorzio Swiss Silk di Hinterkappelen, Svizzera”.

Quando la tradizione strizza l’occhio al futuro nascono grandi cose.

Nella filiera, trova naturalmente posto la mora di gelso, che viene trasformata in deliziose confetture extra, in agricoltura biologica certificata.  "Nell'ottica di un'agricoltura multifunzionale, Nido di Seta, ha deciso di aprire le porte a tutti coloro i quali vogliano vivere in prima persona l'affascinante mondo del baco da seta, organizzando veri e propri tour esperienzali, coniugando artigianato, tradizioni, agricoltura bio, per dar vita ad un turismo alternativo..lento. Attraverso questa filosofia di sviluppo - racconta Domenico -  puntiamo anche a promuovere il territorio" E, parlando di numeri, ogni anno San Floro riesce ad accogliere tra aprile e ottobre circa 6.000 visitatori provenienti da tutto il mondo.

Ma non solo. Per evitare l’estinzione degli antichi saperi su cui si basa la  manifattura la cooperativa ha pensato di dar vita a corsi tematici legati all’artigianato e all’agricoltura come la lavorazione serica, la tessitura e i vari metodi di tintura naturale ma anche l’allevamento del baco da seta. "Quello che proponiamo non sono semplici corsi ma esperienze per avvicinarsi alla natura con rispetto e ascolto, ripercorrendo le storie delle donne del passato a cui era naturalmente affidata la lavorazione delle fibre, la conoscenza delle piante e dei loro poteri curativi e tintori riscoprendo saperi antichi ma ancora vivi dentro di noi". 

Basta attraversare la pineta panoramica che dista 10 minuti in bicicletta dal centro storico, e arrivare,  dopo una breve passeggiata lungo un bellissimo percorso naturalistico, nella sede della cooperativa. Lì dove è possibile visionare l'allevamento del baco da seta in tutte le sue età, dalla schiusura delle uova fino alla trasformazione in farfalla, e  restare incantati dal processo di trattura della seta ovvero come dal bozzolo viene estratto il filo di seta. O ancora trascorrere qualche ora nel gelseto di circa 2500 piante  e, quanto è periodo, assaporare le more di gelso. 

E a San Floro, in quel paese di poco più di 600 anime sono arrivati  dall'Argentina, Spagna, Finlandia ( Aalto University, School of Arts, Design and Architecture, Helsinki) e, ovviamente dall'Italia. Per  toccare con mano questa bella storia di emigrazione al contrario. 

 

 

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