
di IACOPO PARISI
In un Paese che solo nel 2025 ha già contato più di ottanta femminicidi, un numero che da solo basterebbe a spiegare l’urgenza di cambiare rotta, la “passeggiata rumorosa” organizzata dal Collettivo Aurora a Catanzaro ha trasformato il 25 novembre in un momento di denuncia concreta. Una mobilitazione che non si è limitata a ricordare le vittime, ma ha voluto ribadire quanto sia assurdo e inaccettabile che una donna continui a morire quasi ogni tre giorni per mano di chi diceva di amarla. Ed è proprio da questa consapevolezza che nasce l’appello delle attiviste: non basta una ricorrenza, serve un impegno costante, culturale, sociale ed educativo.

"Questa passeggiata vuole evidenziare e sensibilizzare che oggi una donna non può morire per mano di chi diceva di amarla", ha dichiarato Elisabetta Treccozzi del Collettivo Aurora. "Sempre più donne vengono uccise perché manca la cultura del rispetto. Per questo puntiamo a partire da famiglie e scuole: la prevenzione comincia dall’educazione". Tra i presenti anche Gianmichele Bosco, presidente del Consiglio comunale, che ha sottolineato l’importanza della manifestazione: "Iniziative come queste sono fondamentali per cambiare una cultura patriarcale che purtroppo è ancora radicata nella nostra comunità. Ringraziamo chi organizza e chi partecipa. È un impegno che dobbiamo sostenere sempre, come amministratori e come cittadini".

Fin dalla partenza al Cavatore, la partecipazione è stata significativa: anziani, giovani, donne e uomini hanno camminato insieme verso piazza Galluppi tra fischietti, utensili, strumenti improvvisati per fare rumore e cartelloni con frasi significative e d'impatto. Accanto al Collettivo Aurora hanno sfilato diverse associazioni cittadine, dando vita a un corteo che, tra cori e interventi spontanei, ha mostrato quanto il tema riguardi l’intera comunità.

L’arrivo in piazza Galluppi ha ribaltato l'atmosfera. In conclusione della serata, le attiviste hanno dato vita a un flashmob semplice ma potentissimo: mentre venivano letti, uno a uno, i nomi delle troppe donne uccise nel 2025, un indumento rosso veniva posato a terra per ognuna di loro. Il grande panno rosso steso al centro ha finito per raccogliere quei segni, diventando una sorta di tappeto della memoria, capace di trasformare la piazza in un luogo di silenzio, carico di attenzione e denuncia.
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