
di PAOLO VELTRI*
Cerchiamo di spiegare come funziona il sistema idrico a Catanzaro e cosa è successo. La città è servita da alcuni importanti schemi acquedottistici, tutti realizzati al tempo dalla cessata CASMEZ e oggi affidati alla gestione della Società regionale SORICAL S.p.A.
In particolare, l’acquedotto Simeri Passante, il più importante tra tutti, utilizza le acque dell’invaso artificiale del Passante, sull’alto corso del fiume Alli, dapprima addotte grezze al di potabilizzatore di Santa Domenica e da questo poi, rese potabili, rilanciate per massima parte ai serbatoi centrali della Città e, per una parte più modesta, addotte a gravità verso la frazione Lido. Concorrono all’alimentazione della Città l’acquedotto dal campo pozzi Corace, destinato prevalentemente all’alimentazione delle frazioni Lido e Germaneto, l’acquedotto dal campo pozzi Alli basso, anch’esso destinato in prevalenza alla frazione Lido, l’acquedotto del Guerriccio, una infrastruttura risalente ai primi decenni del ‘900, di proprietà del comune che ne cura la gestione e che assicura una portata di circa 100 l/s alle frazioni più alte: Siano, S. Elia, Piterà e altro ancora. È in attesa di finanziamento l’adeguamento del Guerriccio, presentato in ambito CIS Acqua.
Lo schema Simeri Passante è ancora valido, ma la condotta del diametro 700 mm, realizzata nei primi anni ’80 del secolo scorso a cura della CASMEZ, corre in fregio all’alveo del F. Alli per molti km, sulla sua sponda destra in un contesto di difficilissima accessibilità. La condotta è fradicia, si rompe sia perché è vecchia, sia perché i muri spondali che la proteggevano dalle acque del fiume Alli sono in massima parte crollati. Un progetto della SORICAL di alcuni anni fa prevedeva di evitare il fiume e arrivare al potabilizzatore in galleria; presentato alla Regione non è stato finanziato.
È bastata la rottura della vecchia condotta per generare un collasso pressoché completo del servizio di distribuzione per la gran parte del centro cittadino. La severa frequenza delle rotture indica chiaramente come la stessa, in uno alle opere di protezione entro le quali è posata, è giunta al termine della sua vita utile e necessiterebbe di un radicale intervento di sostituzione, oggi solo parzialmente effettuato nelle sue tratte superiori, approfittando dei lavori realizzati per la sistemazione della SP n. 25.
Questo è lo stato delle opere.
Vediamo ora cosa è stato fatto di recente. Con fondi POR del 2017 – circa 4 milioni di Euro - si è concluso il progetto di ingegnerizzazione, che ha riguardato tutta la città e oggi consente il controllo dei 23 distretti in cui è stata suddivisa. Le opere realizzate sono però soltanto quelle dell’area Sud e, per di più, la gestione della rete è allo stato attuale ancora comunale.
La gestione della rete interna passerà, come per tutti i comuni calabresi, alla SORICAL, in base alla recente riforma del servizio, superando finalmente le distorsioni delle gestioni divise fra gestore regionale ed enti locali. La stessa SORICAL è destinataria di finanziamenti del PNRR sia per il ciclo attivo (circa 33 milioni di Euro di interventi per l’efficienza delle reti di distribuzione idrica nei comuni da 6000 a 10000 ab.), sia per il ciclo passivo (circa 21 milioni di Euro con l’obiettivo di mitigare gli effetti delle procedure di infrazione comunitarie).
Ma la gravissima insipienza è nel lentissimo percorso dell’assetto istituzionale. Gli acquedotti costituiscono con le fognature e i depuratori un unico servizio (SII), riconosciuto dalla legge 36/94 e coerente con la Direttiva europea Acque 2000/60 e con il D.L.vo 152/2006. La Calabria si adeguò con la legge regionale n. 10/97, che divideva il territorio in cinque Ambiti omogenei. La legge nazionale funzionò bene per le regioni che già avevano avviato un processo di unificazione dei servizi, anche multiutility, e che li gestivano in forma industriale con altre attività che erano e sono di pubblica utilità. Il tempo da noi passava e poco si faceva, tanto che nel 2017 una nuova legge istituì l’Autorità Idrica della Calabria (oggi ARRICAL), con un unico ambito e con dentro tutti i comuni, con il compito di individuare il gestore unico in seguito individuato nella SORICAL S.p.A. della quale, nel frattempo, liquidato il socio privato, la francese VEOLIA, la Regione Calabria ne è divenuta l’azionista unico. In seguito, la Legge regionale 10/22 ha sostituito la vecchia Autorità idrica AICI con l’Ente di Governo ARRICAL, istituendo un solo Ambito per tutta la Regione, guidato da un Commissario Straordinario fino allo scorso 14 ottobre. Il 29 settembre scorso è stato votato il Consiglio direttivo composto da 40 comuni; il capo gabinetto del Presidente della Regione ricopre il ruolo di D. G.. Dall’ottobre 2022 Arrical ha affidato la gestione del SII per il perimetro territoriale calabrese alla società Sorical S.p.A., erede della vecchia SORICAL che, nel 2004, ereditò a sua volta dalla Regione l’enorme patrimonio idrico creato dalla CasMez dal 1950 al 1984.
Cosa non ha funzionato, allora, oltre all’estenuante insipienza della governance? ll cambiamento climatico, via di fuga per giustificazioni poco valide in Calabria, è in atto, ma al momento i circa mille mm all’anno di pioggia non sono pochi, anche se la pioggia non è la stessa in tutte le stagioni, né cade uniforme in tutto il territorio. Esiste un piano dighe, che risale alla CASMEZ e che attende di essere ripreso e verificato, anche perché le infrastrutture sono vecchie e in contesti di grave fragilità.
Nei Progetti Speciali della CASMEZ, Cosenza e Catanzaro erano i soli comuni calabresi che non soffrivano di “un drammatico disagio idrico”. Nel PRGdA del 1967, soltanto 87 comuni disponevano di dotazioni idriche più o meno sufficienti. L’acqua prevista nel PRGdA sarebbe anche oggi più che sufficiente per soddisfare tutti i comuni, ma se ne spreca una gran quantità e il sistema idrico è nel suo insieme vecchio. I comuni con deficit di portata sono circa 70 su 409, eppure tutti lamentano insufficienze.
Quali sono allora le ragioni della crisi? Rigidità e obsolescenza del sistema di adduzione regionale risalente ai tempi della CASMEZ; obsolescenza (livelli di perdite attorno al 40%) e mancanza di conoscenza di gran parte delle reti idriche interne; divisione fra servizio cosiddetto all’ingrosso e al dettaglio (la fornitura d’acqua ai comuni è a carico della SORICAL che dovrebbe riscuotere la tariffa dai comuni, che, a loro volta, la forniscono all’utenza finale ed essere a loro volta pagati). Il risultato è che l’acqua si paga molto per il servizio che fornisce, ma poco per ciò che costa mantenerlo. La conflittualità ha per anni imbalsamato la messa a regime di quanto era necessario. La poca tecnologia delle reti, vecchie e con rilevanti perdite - tecniche e amministrative -, si unisce alla mancanza di distretti, di telecontrollo e di regolazione delle pressioni, a tariffe inadeguate, a morosità, a scambi di accuse fra gestore all’ingrosso e comuni. I comuni vorrebbero sempre più acqua nei loro serbatoi, anche se quella che hanno dovrebbe essere più che sufficiente per sodisfare i bisogni dei cittadini.
C’è bisogno di tante cose e, soprattutto, di chiarezza.
*già ordinario di costruzioni idrauliche, Unical
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