di FRANCESCO IULIANO
L’iniziativa dell’Unione europea che ha proposto che gli edifici nuovi dovranno essere ad emissioni zero entro il 2030 e quelli esistenti entro il 2050, con step intermedi per gli immobili residenziali che dovranno raggiungere la classe energetica E entro il 1° gennaio 2030 e la classe D entro il 1° gennaio 2033, sta alimentando il dibattito ed innescano non pochi dubbi anche all’interno delle associazioni di categoria.
“Il testo della proposta europea sull’efficienza energetica nell’edilizia, contenuto nel pacchetto “Fit for 55”, contiene una serie di norme che dispongono interventi obbligatori sugli immobili, finalizzati a far scomparire quelli con ridotte prestazioni energetiche, secondo una tempistica molto ravvicinata. In particolare, è previsto che entro il 1° gennaio 2030 gli edifici residenziali e le unità immobiliari dovranno raggiungere almeno la classe energetica E ed entro il 1° gennaio 2033 almeno la classe di prestazione energetica D. Se non interverranno modifiche, milioni di edifici residenziali, in pochi anni, dovranno essere ristrutturati per raggiungere classi energetiche via via più elevate, con gravissime ripercussioni sulla quasi totalità della popolazione italiana che dovrà sostenere spese ingenti e vedrà diradarsi i risparmi. Senza considerare che ci sono fondati timori che le case di classe energetica G, possano essere escluse dal mercato e che per quelle di classe F e E si prevedano interventi colossali, mentre, in moltissimi casi, gli interventi richiesti non saranno neppure materialmente realizzabili, per via delle particolari caratteristiche degli immobili interessati. Oppure lo sarebbero, ma a patto di deturparli in modo inaccettabile. Inoltre, i tempi ridottissimi, determineranno una tensione senza precedenti sul mercato, con aumento spropositato dei prezzi, impossibilità di trovare materie prime, ponteggi, manodopera qualificata, ditte specializzate, professionisti ed altro ancora”.
Lo afferma il presidente di Confedilizia Calabria e Catanzaro nonché componente del direttivo nazionale di Confedilizia, Sandro Scoppa, dichirando la totale contrarietà dell’associazione al progetto.
Quali sono le differenze con gli altri Paesi europei, alcuni dei quali sono favorevoli all’adozione della direttiva?
“L’Italia è un Paese a proprietà immobiliare diffusa, nel quale l’investimento in immobili è tradizionalmente considerato come la forma principale e più diffusa di risparmio e solo per la casa di abitazione. A questo ci ha portato una politica vincolistica sulle locazioni abitative, che ha prodotto una limitazione nell’offerta di immobili e reso meno agevole reperire una casa adeguata alle proprie esigenze o, in caso di necessità o di mutate condizioni familiari, sociali o economiche, poter rapidamente trasferirsi in un'altra. Ciò ha spinto verso l’acquisto degli immobili, pure favorito dalle agevolazioni fiscali e bancarie. In altri Paesi, come Francia e Germania, la proprietà degli immobili è concentrata in poche grandi società di real estate e si riscontra un esteso utilizzo del sistema degli affitti, tant’è che il proposto efficientamento energetico riguarderebbe rispettivamente il 17 e 7%, degli edifici, a fronte di 9 milioni di immobili in Italia, quasi il 60% del patrimonio nazionale, come rilevato dall'Associazione Nazionale Costruttori Edili (Ance)”.
Qual è la situazione nella nostra Regione?
“Per quanto riguarda la Calabria, la situazione è tra le più drammatiche. Sul numero complessivo di quasi 790mila immobili, di cui poco più di 613 mila occupate a titolo di proprietà e circa 91 mila in affitto - immobili residenziali accertati dall’Istat, il 10 per cento circa è inutilizzato, mentre si registra la presenza, da un lato, di fabbricati, soprattutto nelle zone più interne, di vetusta costruzione e persino, in molta parte, collocati in contesti peculiari dal punto di vista della conformazione del territorio; dall’altro, nelle zone di edificazione successiva, di edifici che sovente non risultano ancora completati o addirittura non sono stai neppure adeguati ai nuovi standard costruttivi. Vi è inoltre una rilevantissima quota di immobili di proprietà condominiale: il che rende molto più complessa la gestione di norme vincolistiche come quelle previste dalla direttiva europea. In dipendenza di ciò, appare evidente che, se detta direttiva sarà adottata senza alcuna modifica, ciò comporterà l’espulsione immediata dal mercato di un numero rilevante di case con classe energetica G e imporrà pesanti e per alcuni versi insostenibili investimenti per quelle di classe F e E. Una situazione drammatica, che rischia di disperdere il patrimonio immobiliare della Regione, che è pure ricco di storia, arte e bellezze naturali, e di minare ulteriormente la sua già precaria economia”.
Qual è la soluzione che propone Confedilizia?
“Bisognerebbe, in primo luogo, abbandonare le spinte ideologiche che hanno nutrito il dirigismo europeo in materia di economia green e di ambiente, peraltro a scapito della proprietà e con costi senza senso per le famiglie e considerare che per migliorare le prestazioni energetiche di milioni di edifici, sarà necessario affidarsi alle libere scelte individuali e porsi, nel contempo, obiettivi realistici. Occorrerebbe, soprattutto, agire attraverso misure incentivanti e non imponendo, a Paesi diversissimi fra loro, obblighi pensati dietro le scrivanie dei palazzi di Bruxelles. Si è scelta, invece, la strada della coercizione, senza neppure prevedere, in capo agli Stati membri, un’adeguata flessibilità per adattare le nuove norme ai contesti nazionali.
A tutto ciò non sembra inutile aggiungere che, in realtà, secondo un recente studio di Nomisma Energia, gli edifici che entro il 2050 dovrebbero diventare a emissioni zero secondo la normativa in via di definizione, contribuiscono ben poco all'inquinamento globale: le emissioni di anidride carbonica delle abitazioni rappresentano circa il 12 per cento del totale Ue e quelle totali dell'Ue equivalgono al 7 per cento del totale mondiale, il settore conta pertanto per meno dell’1 per cento nel mondo”.
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