Ponte Morandi di Genova: la ferita che brucia ancora nei familiari delle tre vittime calabresi

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images Ponte Morandi di Genova: la ferita che brucia ancora nei familiari delle tre vittime calabresi
Ersilia, Luigi e Bruno, le tre vittime calabresi del Ponte Morandi di Genova. Le foto sono tratte da Facebook
  14 agosto 2019 14:37

di TERESA ALOI ed EDOARDO CORASANITI

C’è una linea sottilissima che unisce Genova e la Calabria.  E’ una linea  costruita sul dolore di tre famiglie, vittime del crollo del Ponte Morandi, esattamente un anno fa.   Ersilia Piccinini, Luigi Matti Altadonna, Bruno Casagrande erano lì. Lì, su  quei 240 metri che, in una manciata di secondi, si sbriciolano, e dove il pilone di 90 metri si accartoccia.

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Ognuno con le proprie storie.  Di emigrazione, di amore, di lavoro. C’è  quella  di Ersilia, originaria di Sersale (Catanzaro), 41 anni, sposata con Roberto e madre di Samuele. Viaggiano tutti e tre verso casa della suocera per trascorrere qualche ora insieme. Ad accoglierli sul ponte Morandi, il vuoto, il silenzio, la morte.  Ersilia amava la Calabria ed ogni estate ritornava per salutarla e per trascorrere le vacanze, ritrovando le abitudini, i volti, le radici della sua infanzia. La Calabria e la sua famiglia, a cui si era dedicata a tempo pieno da quando Samuele aveva donato luce nella loro casa.  La notizia in Calabria non arrivò subito: solo alle 20,30 quando iniziarono a squillare i cellulari dei familiari.  

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"Non ci sono parole per esprimere un dolore così forte, anche a distanza di un anno. E' stato terribile per chiunque conoscesse Ersilia", dice Paolo Piccinini, avvocato e cugino della 41enne.

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Era il 16 agosto, due giorni appena dopo la tragedia, quando la solidarietà, il gran cuore dei calabresi, iniziò a battere. Di un battito forte, sano.  Non c’era tempo per piangere e la rabbia per una tragedia che si poteva e si doveva evitare,  presto si tramutò in qualcosa di bello. Bisognava dare aiuto alla famiglia di Luigi Matti Altadonna che, a 35 anni, sotto quel maledetto ponte perse la vita lasciando per sempre la  moglie Lara e i suoi quattro adorati bambini Francesca, oggi 13 anni, Tomas, 11, Giuseppe, 7 e Cristian, 4 anni. Era nata allora, su Facebook, su iniziativa di Morena Iannotta e di Valeria Todde, la pagina per aiutare Lea e i suoi bambini. Serate di beneficenza, incontri a tema, raccolta fondi. Tutto per loro. E, a volte, i social fanno miracoli.

Luigi era partito da Curinga, centro del Lametino alla volta di Genova  con il cuore gonfio di gioia per quella assunzione che gli avrebbe permesso di non far mancare nulla alla sua amata famiglia. Sotto braccio, quella immancabile valigia carica di speranza e di belle cose. Sogni  spezzati e sepolti sotto le macerie alle 11,36 di un anno fa mentre stava transitando sul ponte a bordo del furgone della ditta per cui lavorava. Un’azienda di mobili lo aveva assunto da appena dieci giorni e, finalmente, dopo un periodo di distanza per cercare un’occupazione, aveva riabbracciato la sua famiglia. 

“I ricordi di fb fanno più male del solito... Angoscia  ansia  paura e tanto dolore”. Claudia Matti, la sorella di Luigi, affida al mondo dei social il suo immenso dolore.   

Un dolore che ti trafigge, che non ti lascia scampo. Ora dopo ora. Giorno dopo giorno. Mese dopo mese.  Lo sa bene Lara che con quel dolore ci convive esattamente da un anno. Lo sa bene quando si specchia negli occhi dei suoi quattro figli che cresceranno senza l’abbraccio del loro papà.

Lara e Luigi, un amore fatto di tenerezza, di giornate al mare, di passeggiate, di gioia per l’arrivo dei quattro figli.   Il loro è soltanto  uno dei tanti amori stroncati da una tragedia che ancora oggi, a distanza di un anno,  non ha responsabili.

Una storia, che insieme a quella delle altre vittime è raccontata in “Genova Ore 11:36, film documentario sulla tragedia del ponte Morandi. Prodotto da 42° Parallelo in associazione con Rai Cinema, verrà trasmesso in prima serata su Rai 3 il 15 settembre. 

“Non saprei cosa dire”. Poche parole  quelle di Lara  contattata telefonicamente.   “Sinceramente non saprei davvero cosa dire... È già passato un anno ma sembra sia passato solo un minuto! È tutto molto difficile, ma si deve andare avanti...”. E come non crederle.

Quel maledetto 14 agosto una delle finestre della sua casa di via San Giovanni D’Acri, a Cornigliano, un quartiere di Genova, era aperta. Metaforicamente per cacciar via il dolore e la disperazione.   Rosanna Fregoso sotto quel ponte ha perso l’amore della sua vita, il padre dei suoi figli, 13  e 20  anni. Il compagno che aveva scelto per sempre. Bruno Casagrande, 57 anni, originario di  Antonimina, in provincia di Reggio Calabria, era lì per lavorare . Un paio d’anni prima l’azienda per cui lavorava era fallita e lui era rimasto disoccupato. Aveva trovato un impiego precario in Amiu, la municipalizzata che si occupa dei rifiuti, che lo aveva chiamato, sotto Ferragosto, a sostituire colleghi più stabili. La mattina del 14 agosto stava  lavorando nell’isola ecologica che sorgeva sotto il viadotto, quando nel giro di pochi istanti il furgoncino su cui si trovava  venne sepolto da tonnellate di calcestruzzo e asfalto. Il destino, a volte, sa essere crudele come non mai. Lo aspettavano per partire per la campagna. Lì, in quella casa a via San Giovanni D’Acri, dalle finestre aperte, Bruno non è più rientrato.

 

 

 

 

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