di FRANCO CIMINO
Domani sotto l’egida dell’Amministrazione Comunale si terrà, con la solita enfasi celebrativa, e la più consolida tecnica propagandistica, un convegno sul porto. Ah, il porto! Gioia e dolore, attesa e speranza, conoscenza e ignoranza, vittoria e sconfitta, illusione e delusione, errori e correttezza. Promessa e inganno. Verità e bugia. Sono questi elementi oggettivi e stati emotivi che hanno accompagnato finora la lunga travagliata storia del porto di Catanzaro Marina, come è sempre stato definito da quando la sua “ tragicomica avventura è iniziata nei primissimi anni sessanta. Un grande porto industriale in Calabria che non ne aveva ancora uno. L’idea non era giusta, il posto sbagliato, la collocazione pessima. Dopo sessant’anni, tante promesse e inganni, miliardi bruciati, campagne elettorali vinte sulle bugie e sugli inganni, sta venendo “ fuori” il porto. Un porticino più che porticciolo, si potrebbe definire quello che “ secondo la classificazione nazionale dei porti italiani, è un porto di seconda categoria e terza classe, ai sensi della legge 86/94”. “Megghiu e nenta”, diciamo nella nostra prima lingua. Mi fa rabbia quando per ogni occasione simile, questo detto venga pronunciato. Sa di rassegnazione,di rinuncia ad ambizioni e alla forza per sostenerle. Di pigrizia e indolenza. Insomma, sa del nostro male antico, la rinuncia a combattere, che è causa dei nostri problemi, tutti. E, maggiormente, del permanere al potere di una classe dirigente, per la sua massima parte storicamente valutata( eccezioni escluse), incolta, incompetente, clientelare, e “menefreghista”.
Da qui l’altro detto antico, usato come reazione a questa politica e incoraggiamento alla protesta e alla lotta. Questo:” pe’ chissu ni fannu i siringati a musica.” Significa, la nostra indolenza consente “ loro” di farci ciò che vogliono di negativo. I ragazzi di allora, quelli degli anni settanta, questi due tocchi di filosofia popolare, li avevamo compresi bene. E utilizzati. Per la formazione della nostra coscienza sociale e per quella politica, per il rafforzamento del nostro senso di appartenenza, l’identità del luogo, sui quali abbiamo costruito le nostre scelte e militanze politiche e impostato le nostre battaglie “ rivoluzionarie”, trovando su alcune di esse l’unità dei giovani tutti, nonostante la marcata divisione partitica e ideologica. Io, giovanissimo, ne ho guidato, o sostenute tante. Due quelle più esaltanti per me, oggi memoria attiva di quel giovane. Una è quella per ottenere, con una considerevole popolazione studentesca pendolare verso Catanzaru(come era considerata la “ distanza” complessiva tra il nostro quartiere, dove mancava tutto, e il “ Centro”, che possedeva tutto), almeno le sedi distaccate degli Istituti Scolastici, “ i scoli superiori”, come li denominavamo. L’altra è quella per il porto, in particolare negli oltre dieci anni di fermo dei lavori. Il porto per noi, era anche l’impegno a favore della “ nostra marineria”, l’attività dei pescatori, sempre più rischiosa e precaria. E lontana rispetto a quella organizzata e produttiva, non solo siciliane e pugliesi, ma anche rispetto a Crotone, Schiavonea e Roccella. Era, la battaglia per il porto, anche quella a difesa del nostro litorale, la cui spiaggia anno dopo anno veniva erosa, fino alle tristi attuali “ profondità”. Per verificare le quali, basterebbe andare oltre il porto in località Giovino. Grandi battaglie quelle, che ci fanno sentire, ancora oggi, rivoluzionari difronte alla gran parte delle ultime classi dirigenti. Mute più che afone, inattive più che pigre, interessate al piccolo particolare più che egoiste, incapaci di pensare più che di pensare alto. Senza idee più senza ideali. Senza concezione di essere parte più che non avere partito. Senza emozioni più che suggestionata dai piccoli potenti. Inconsapevole della bontà del potere che rappresenta più che intimidita dai cosiddetti “ poteri forti”, in realtà tutti deboli in una realtà debolissima come la nostra. Ah, il porto, finalmente! Tutti adesso se ne vantano. Il Comune perché è il Comune, che ha fatto questo e quello e “ bla bla bla”. La regione, perché ha “ donato” tanti milioni di euro in questi ultimi otto anni, compreso i sedici milioni degli ultimi giorni. Se sono quelli che mancavano per il completamento, è fatta. Viva il porto di Catanzaro, non più soltanto di Marina, che per decenni è rimasta sola e isolata anche su questo problema. Viva il porto, questo piccolissimo porto, della grande Catanzaro, città anche di mare. Ma oggi se vogliamo celebrare questo porto e le “ grandi” imprese di questa politica per “ realizzarlo” in tempi record, che la barba di Mosè sarebbe ancora all’inizio, bisogna ricordare l’uomo che più di chiunque altro ha combattuto, pagando prezzi personali alti, per la sua realizzazione.
È Ettore Biondi, un campano, di Ischia se non erro, che, per il lavoro di ferroviere e per amore verso la sua donna, si fermò per sempre a Marina, amandola e servendola con la sua spiccata geniale intelligenza creativa, come alcun altro abbia mai saputo e voluto fare. È scomparso prematuramente circa vent’anni fa, non ricordo precisamente. Di lui scriverò più ampiamente in altro momento. Oggi mi piace ricordarlo a tutti come colui il quale ha il merito principale per ciò che tra qualche mese vedrà tagliare il suo nastro “ inaugurale”. Non è il porto che lui avrebbe voluto. “ Chi m’arripicchi cu stu portu industriale che non si farà mai perché tra l’altro è dannoso…Ci vuole il porto turistico e peschereccio per fare di tutta Catanzaro una perla preziosa del turismo meridionale. “ Sono le sue parole, che io e migliaia di marinoti e catanzaresi abbiamo udito bene. Non è nel posto giusto, come Ettore aveva affermato, e nella progettualità migliore, come i vecchi marinari, i pescatori, i veri conoscitori delle correnti marine, avevano denunciato. “Occorre abbattere sta brutta cosa, e costruirne uno più leggero, un poco più distante( l’attuale Giovino), sinnò si mangia tutt’a spiaggia!” Sono ancora le sue parole. Quest’uomo piccolo e dalla corporatura “ simpaticamente buffa” , dalla camminata strana e dal vocione “ roccioso”, dal cuore generoso e dalla mente geniale, dal carattere socievole e affettuoso, educato e sincero, leale e coraggioso, coerente e onesto, aveva ragione. In tutto. Credo sarebbe atto semplice e riconoscente quello di intitolare l’intera realtà portuale alla sua persona. Propongo, da questa riflessione, al Sindaco e al Consiglio Comunale, di rendere in tal modo effettivo, la gratitudine dell’intera Città verso questo marinoto-catanzarese bellissimo. Ah, che bello:” porto di Catanzaro Ettore Biondi”.
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