
Un'imposta che incide direttamente sul risparmio delle famiglie
11 dicembre 2025 21:45di SANDRO SCOPPA*
Il prossimo 16 dicembre scade il termine per il versamento della rata di saldo IMU 2025, un appuntamento che coinvolge tutti i proprietari di immobili diversi dall’abitazione principale non di lusso: seconde case, immobili a disposizione, unità sfitte, fabbricati locati, negozi, uffici e aree edificabili. Si tratta di un obbligo fiscale che grava su chi detiene diritti reali su immobili non esenti e che, nei capoluoghi calabresi, assume un peso particolarmente rilevante a causa delle aliquote stabilite per l’anno in corso.

Secondo i prospetti ufficiali pubblicati sul portale del Dipartimento delle Finanze, per il 2025 i principali centri urbani della regione hanno confermato l’aliquota massima consentita dalla legge, pari a 10,6 per mille (1,06%). È il caso, ad esempio, di Catanzaro, dove la deliberazione comunale ribadisce l’applicazione del valore massimo; stesso orientamento a Reggio Calabria, che estende l’aliquota alla generalità degli immobili imponibili, e a Cosenza, dove si conferma la misura più elevata per le unità non esenti. Anche a Crotone e Vibo Valentia, secondo la prassi degli ultimi anni e i dati ufficiali, la tendenza è quella di attestarsi sugli stessi livelli.
Una delle poche differenziazioni previste dalla normativa statale riguarda gli immobili concessi in locazione a canone concordato, per i quali l’IMU è automaticamente ridotta del 25%. La misura deriva da una disposizione nazionale, si applica in via automatica e non richiede alcuna delibera da parte dei singoli comuni. Si tratta, tuttavia, di una delle rare eccezioni all’interno di un sistema fiscale improntato alla massima rigidità.
La struttura stessa dell’IMU genera effetti distorsivi evidenti: rappresenta infatti un’imposta che colpisce il semplice possesso del bene, a prescindere dalla sua redditività, dal suo stato, dalla condizione del mercato o dalla situazione economica del proprietario. Il tributo colpisce la proprietà in sé, ogni anno, anche quando il bene non produce alcun reddito e non è oggetto di alcuna attività economica. Un’imposizione fissa e ricorrente, che trasforma la semplice detenzione di un immobile in un onere costante.
Nei territori più fragili, come quello calabrese, questa logica si traduce in un danno ancora più evidente. La gran parte degli immobili soggetti a IMU nei capoluoghi della regione non produce reddito e, spesso, non può essere messa a reddito per ragioni strutturali, demografiche o di mercato. Eppure, anche in questi casi, il prelievo resta invariato.
Il saldo del 16 dicembre rende concreta una dinamica profondamente iniqua: il proprietario che conserva, ristruttura o tenta di mettere a disposizione un immobile — magari da anni inutilizzato o invenduto — è comunque gravato da un’imposta patrimoniale che incide direttamente sul risparmio, senza alcun legame con la generazione di reddito. La casa, o qualsiasi altro bene immobiliare, non è solo un oggetto da tassare: è un pilastro della stabilità familiare, uno strumento di trasmissione intergenerazionale, spesso frutto di una vita di lavoro e sacrifici.
Nel contesto della Calabria, già segnato da difficoltà economiche, squilibri demografici e carenze infrastrutturali, il fenomeno assume contorni ancora più marcati. Il patrimonio edilizio locale è in gran parte il risultato del risparmio privato, spesso costruito o acquistato in tempi in cui la casa rappresentava l’unico investimento sicuro. Oggi, però, quel patrimonio viene trattato unicamente come base imponibile. Si tassa chi non guadagna nulla, si penalizza chi cerca di mantenere un bene in ordine, si scoraggia la riqualificazione e la messa a disposizione sul mercato.

Di fronte a tutto questo, non ha più alcun senso invocare regole stabili, maggiore trasparenza o una diversa articolazione del prelievo. Il punto non è come viene applicata l’IMU, ma il fatto stesso che esista. Si tratta, a tutti gli effetti, di una tassa patrimoniale ricorrente che colpisce ogni anno il semplice possesso di un bene, anche quando non produce reddito, non è utilizzato e non è messo a disposizione del mercato. Non grava sulla ricchezza effettiva, ma sulla sola esistenza della proprietà, trasformandola in una base imponibile permanente. È un’imposta che ostacola la conservazione, scoraggia l’investimento, rende onerosa la trasmissione familiare e penalizza l’utilizzo sociale ed economico degli immobili.
È necessario un cambio di paradigma. Una fiscalità equa e razionale non può fondarsi su un prelievo fisso applicato a beni improduttivi, soprattutto in contesti dove la casa rappresenta l’unica forma di risparmio accumulato e il solo patrimonio disponibile per molte famiglie. Non servono aggiustamenti, ma una scelta di fondo: superare l’IMU come imposta patrimoniale permanente. Rispettare il risparmio, riconoscere la funzione economica e civile della proprietà privata, permettere ai cittadini di pianificare il proprio futuro: tutto questo richiede una svolta. E la svolta comincia da una constatazione semplice e netta: l’IMU è una distorsione che va abolita.
*presidente Confedilizia Calabria
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