di SETTIMIO PAONE
Con la solenne cerimonia dell’Ottavaria si concludono i festeggiamenti in onore di San Pantaleone, il medico e martire a cui il popolo di Montauro da secoli affida preghiere, speranze e ringraziamenti. Anche quest’anno la Chiesa Matrice si è riempita fino all’ultimo banco: uomini, donne, bambini, anziani, montauresi residenti e ritornati, fedeli da altri paesi, tutti stretti attorno a quel Santo che rappresenta il cuore spirituale del borgo.
Il rito di chiusura, profondamente simbolico e carico di emozione, ha previsto come da tradizione la riposizione delle reliquie del Santo nella teca posta nell’altare dedicato a San Pantaleone. Un gesto antico che segna la fine dei festeggiamenti, ma anche l’inizio di un nuovo anno sotto la protezione del Santo martire. Le chiavi della preziosa porticina che cela le reliquie sono state consegnate dal parroco del tempo alle figure che da secoli ne custodiscono il significato: una resta in chiesa, custodita dall’Amministratore di San Pantaleone; una viene affidata alle autorità civili, quest’anno rappresentate dal Commissario Prefettizio Francesco Giacobbe; la terza va a un rappresentante del popolo, a simboleggiare il legame profondo tra la comunità e il suo Patrono.
Quando tutto finisce, si affaccia sempre una velata tristezza. E non poteva essere diversamente anche stavolta. La malinconia di un congedo inevitabile si è letta negli sguardi, nelle parole sussurrate sottovoce, in quei lunghi abbracci tra fedeli che si lasciano alle spalle giorni intensi e carichi di spiritualità. Ogni chiusura, anche la più attesa, porta con sé il peso lieve ma profondo di qualcosa che non c’è più: le luci, i suoni, i colori, i sorrisi condivisi, la fede vissuta coralmente. È il sentimento che accompagna i titoli di coda, quel silenzio che si posa sulle strade dopo la musica, quando il paese ritorna alla sua vita ordinaria ma con qualcosa in più nel cuore.
Ma accanto alla malinconia, come sempre, sboccia la speranza. La speranza del ritorno, della rinascita, del ritrovarsi ancora una volta lì, tra un anno, a rinnovare la fede e la devozione. La speranza, soprattutto, di un futuro migliore, fatto di legami più forti, di unità tra le persone, di un senso rinnovato di collettività che affonda le sue radici nella fede condivisa e nell’identità di un popolo che non dimentica le proprie origini.
Montauro, in questo, non ha mai avuto timore: non si vergogna delle proprie tradizioni, anzi le custodisce e le difende con orgoglio come parte viva del proprio patrimonio culturale e spirituale. In un mondo che spesso tende a sradicare, qui si sceglie invece di affondare con forza le radici, consapevoli che nella continuità dei gesti antichi si costruisce il senso del presente e del futuro.
La conclusione è stata resa ancora più coinvolgente dalla Banda di Montauro, che come ogni anno ha intonato le sue musiche accompagnando l’uscita dalla chiesa con allegre marcette. In un crescendo di emozioni, i presenti sono stati coinvolti in un momento di gioia collettiva, battendo le mani a tempo e cantando, trasformando la fine in un nuovo inizio, nella migliore delle tradizioni montauresi.
Perché la fede, a Montauro, non si spegne con la festa: si rinnova ogni giorno nei gesti semplici, nei cuori, nei ricordi e in quella certezza che, ovunque si vada, San Pantaleone rimane sempre accanto al suo popolo.
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