Sofia e il suo diritto negato all'assistenza: all'asilo con la maestra di sostegno ma senza l'Oss

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Il caso della bimba di San Leonardo di Cutro. Il padre: "Mi viene da pensare che se nasce un bimbo disabile in un paesino o frazione non ha alcun diritto ad essere uguale ad altri bimbi"  

  09 novembre 2021 18:04

di TERESA ALOI

E' un caso di negazione del diritto all’inclusione. Una "brutta storia"  fatta di burocrazia, assenze e mancanze. E forse, anche di poca lungimiranza. 

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La storia di Sofia (il nome è di fantasia per tutelare la privacy, ndr) arriva da San Leonardo di Cutro, frazione turistica balneare del Comune di Cutro, abbarbicata su una collina a ridosso del Mar Ionio. Affetta da una disabilità - ha gravi problemi psicomotori, fisici e comportamentali  - la bimba, a soli 4 anni anni, conosce già molto più di quanto una bimba dovrebbe conoscere.  

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Quella scuola per lei rappresenta un momento di apprendimento e di socializzazione. Avrebbe diritto non solo alla maestra di sostegno ma anche ad un operatore socio- sanitario che la faccia sentire a suo agio. E così non è. 

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La sua è una storia che parte  a gennaio 2020 quando la sua mamma e il suo papà la iscrivono alla scuola dell'infanzia. Fino a qualche mese prima, la piccola si nutre con il sondino naso gastrico ma, grazie  alla fisioterapia, esercizi di psicomotricità  e logopedia,  Sofia inizia l'anno scolastico senza l'utilizzo del sondino, ma con problemi di deglutizione e deambulazione. Utilizzando ancora il pannolino, poiché quel suo ritardo non le consente ancora di toglierlo.

"La scuola mi aveva richiesto tutta la sua documentazione e il foglio dell'INPS che attestava la disabilità con legge 104 art3 comma 3", spiega il padre, ricordando di aver consegnato tutto sia lo scorso anno che questo in corso. Ma nulla si è mosso e questa "mancanza " si traduce nel fatto che, ogni qualvolta  la bimba ha bisogno di un cambio pannolino, non c'è nessuno.

Disagi su disagi. Perché anche quando i bimbi pranzano a scuola, socializzando e condividendo momenti in libertà, Sofia rientra a casa  perché non c'è nessuno che le garantisce sicurezza.

"A tutt'oggi - racconta ancora il papà - la situazione non è cambiata, siamo al secondo anno e mia figlia non ha ancora nessuno che possa gestire la sua situazione all'interno della scuola". Due anni di lotte, di carte bollate, di richieste rimaste inevase. E questo per far valere un diritto sacrosanto che dovrebbe essere garantito senza se e senza ma.

Una lotta ingaggiata con il preside ("il dirigente scolastico - racconta il papà - vorrebbe formare una maestra per il soffocamento, ma il problema è che mia figlia ha diritto ad essere affiancata da un operatore socio sanitario") e soprattutto con il Comune,  per poter vedere realizzato un diritto "che a questo punto sembra quasi un privilegio".

La legge 104, infatti,  prevede la figura dell'operatore socio-sanitario all'interno dell'istituto, che, tra l'altro, ospita più di un bimbo  disabile. 

"La maestra di sostegno - racconta ancora il genitore - svolge un ottimo lavoro  ma non vedo il motivo per cui dovrebbe essere formata come un infermiera quando lei è una maestra. Il pomeriggio, quando l'insegnante non c'è, mia figlia avrebbe diritto ad un educatore, ma anche questa figura non c'è. Senza dimenticare che la scuola è priva di rampa di accesso disabili, ascensore per disabili, bagni per disabili".

Disagi su disagi. Ancora. "Nessuna colpa al preside perché sembra stia cercando le soluzioni e abbia fatto anche le PEC al Comune, il quale dovrebbe agire e richiedere presso l'Azienda sanitaria provinciale le figure che impone la legge". Ma, il Comune, sembrerebbe lavarsi le mani. Il condizionale è d'obbligo, anche se noi abbiamo provato a telefonare ai numeri  trovati su internet senza ottenere alcuna risposta. Il centralino, così come altri numeri, non ha risposto.

"Nessuno risponde alle PEC, nessun bando è stato messo al Comune. Nessun incontro con i commissari (il Comune è stato sciolto per infiltrazioni mafiose e attualmente è retto da una triade commissariale, ndr)  - conclude il papà - e allora mi viene da pensare che, se  nasce un bimbo disabile in un paesino o frazione, non ha alcun diritto ad essere uguale ad altri bimbi". 

Una considerazione amara, spiacevole, ma soprattutto dolorosa, che vorremmo che mai nessun genitore di un bimbo disabile possa mai pensare. 

 

 

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