Stop della Corte dei Conti al Ponte sullo Stretto: perché si rischia il danno erariale

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  03 novembre 2025 18:16

di SETTIMIO PAONE

 La decisione della Corte dei Conti di non concedere il visto di legittimità alla delibera CIPESS sul progetto definitivo del Ponte sullo Stretto di Messina ha provocato un brusco stop all’iter dell’opera simbolo del governo. L’atto, che vale circa 13,5 miliardi di euro, resta per ora inefficace, con l’impossibilità di procedere alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e dunque all’avvio dei cantieri.
La Corte, chiamata a verificare la regolarità formale e sostanziale degli atti che comportano impegni di spesa pubblica, avrebbe ravvisato criticità sul piano finanziario e procedurale. In particolare, secondo quanto trapela da fonti vicine all’ambiente contabile, vi sarebbero dubbi sulla completezza delle coperture economiche, sul parere tecnico del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici e sul quadro contrattuale che regola i rapporti con il general contractor.

La conseguenza immediata è il blocco dell’efficacia del provvedimento, ma dietro questa decisione si nasconde un nodo più profondo: il rischio di danno erariale. Il “visto” della Corte dei Conti non è una semplice formalità burocratica, bensì una condizione di legittimità per l’avvio delle spese pubbliche. Senza di esso, qualunque spesa sostenuta – progettazioni, anticipazioni, contratti preliminari, incarichi tecnici – potrebbe essere considerata illegittima o non dovuta.

Il danno erariale si verifica quando, a causa di una condotta dolosa o gravemente colposa di pubblici amministratori o dirigenti, si produce una perdita per le finanze dello Stato. Nel caso del Ponte sullo Stretto, il rischio sorge se venissero impegnati fondi o firmati contratti nonostante il blocco contabile, e successivamente l’atto risultasse invalido o inefficace. In tale ipotesi, le somme spese – comprese eventuali penali o indennizzi a imprese e professionisti – potrebbero essere considerate danno patrimoniale per l’erario.

Il Governo ha davanti a sé due strade: accogliere i rilievi della Corte e ripresentare la delibera corretta, oppure chiedere la cosiddetta registrazione con riserva, che consentirebbe di procedere ugualmente, ma con la responsabilità diretta dei firmatari in caso di successivo accertamento di irregolarità o di spreco di risorse pubbliche. Molti osservatori sottolineano che forzare i tempi con la registrazione con riserva non elimina il controllo contabile, ma semplicemente lo rinvia, esponendo chi decide a maggiori rischi di sanzioni future. La prudenza, in casi di tale portata economica e simbolica, appare dunque l’unica via per evitare che il sogno del ponte diventi l’ennesimo capitolo di spese inutili e contenziosi milionari a carico dei cittadini. Per ora, l’opera resta ferma al palo, in attesa che il Governo e la Corte dei Conti trovino un punto di equilibrio tra la volontà politica di costruire e il dovere istituzionale di vigilare sulla correttezza e l’efficacia dell’uso del denaro pubblico.


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