Tulelli: "Educazione emotiva, il grande assente nei programmi scolastici"

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Rita Tulelli
  05 aprile 2025 09:21

di RITA TULELLI*

Nel cuore della scuola italiana  tra verifiche, voti e programmi ministeriali  si aggira un’assenza silenziosa, ma pesante: l’educazione emotiva. Sebbene le neuroscienze, la psicologia e la pedagogia abbiano da tempo dimostrato quanto le emozioni siano fondamentali per l’apprendimento, la motivazione e il benessere, questo tema continua a essere marginalizzato nei curricoli scolastici ufficiali. L’educazione emotiva è un processo pedagogico che mira a sviluppare la consapevolezza, la comprensione e la gestione delle emozioni, proprie e altrui. Non si tratta solo di “parlare dei sentimenti”, ma di insegnare agli studenti a riconoscere le proprie emozioni, regolarle, comunicare efficacemente e sviluppare empatia. Daniel Goleman, psicologo e autore del celebre saggio Intelligenza emotiva, ha sottolineato come il quoziente emotivo (EQ) sia spesso più determinante del quoziente intellettivo (QI) nel predire il successo personale e professionale. Eppure, nonostante tali evidenze, nelle aule scolastiche si continua a privilegiare l’intelletto cognitivo a scapito dell’intelligenza emotiva. La carenza di un’educazione strutturata in ambito emotivo ha conseguenze tangibili: aumento dell’ansia, bullismo, scarso senso di appartenenza scolastica, difficoltà relazionali, e persino abbandono scolastico precoce.

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Gli studenti non sempre imparano a gestire i conflitti, a tollerare la frustrazione o a riconoscere i segnali del proprio disagio emotivo. In una società in continua accelerazione, dove anche l’identità è spesso fluida e complessa, questi strumenti diventano fondamentali per la salute mentale e la crescita armonica degli individui. Negli ultimi anni, qualcosa si sta muovendo. Alcune scuole pionieristiche hanno introdotto laboratori di educazione socio-emotiva, programmi di mindfulness, circle time e momenti di ascolto attivo. Tuttavia, queste iniziative restano spesso legate alla buona volontà di singoli docenti o alla disponibilità di fondi extra. Non esiste ancora un quadro normativo chiaro e vincolante che renda obbligatoria l’educazione emotiva nelle scuole di ogni ordine e grado. Nel 2020, una proposta di legge sull’introduzione dell’educazione emotiva nelle scuole è stata presentata in Parlamento, ma il dibattito è rimasto bloccato nelle commissioni. A dimostrazione che, nonostante la retorica del “benessere dello studente”, la politica fatica a cogliere la portata trasformativa di questa materia.

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Rendere l’educazione emotiva una disciplina trasversale, integrata nei curricoli scolastici, potrebbe rivoluzionare la scuola italiana. Occorrerebbe formare adeguatamente gli insegnanti, inserire figure come lo psicologo scolastico in modo stabile e continuativo, e ridefinire il concetto stesso di “successo scolastico”, includendo parametri legati al benessere, alla cooperazione e alla consapevolezza emotiva. Una scuola che insegna a leggere e scrivere, ma non a conoscersi e comprendersi, è una scuola monca. In un’epoca segnata da crisi ambientali, digitali e sociali, l’educazione emotiva non è un lusso, ma una necessità educativa e civile. Investire nell’educazione emotiva significa costruire una società più empatica, resiliente e consapevole. È tempo che la scuola italiana smetta di considerare le emozioni come un’appendice e inizi a vederle per ciò che sono: il fondamento dell’apprendimento, della relazione e della cittadinanza. Perché un alunno che sa dare un nome a ciò che prova, è un cittadino che saprà dare un senso al mondo che lo circonda.

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