Tulelli: “Il nuovo volto della criminalità femminile”

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  06 dicembre 2025 08:15

di RITA TULELLI

Per molto tempo la criminologia ha descritto la donna come figura marginale all’interno delle dinamiche criminali: una presenza di supporto, spesso coinvolta in maniera indiretta o costretta da contesti familiari e culturali.

Questa prospettiva, però, non è più sufficiente. Negli ultimi anni, infatti, la partecipazione femminile alle attività criminali sta assumendo forme nuove e più complesse, rivelando una presenza capace di leadership, innovazione e autonomia operativa. Non si tratta di episodi isolati, ma di un cambiamento strutturale che coinvolge sia le organizzazioni criminali tradizionali sia le reti di criminalità informatica. La fine dello stereotipo della donna come soggetto “non incline al crimine” nasce da vari fattori. La crescente autonomia economica, culturale e sociale ha ampliato le possibilità d’azione, permettendo anche alle donne di entrare in settori storicamente maschili. Le trasformazioni delle strutture criminali, sempre più flessibili e meno gerarchiche, hanno reso possibile l’ingresso di figure femminili con competenze gestionali, capacità relazionali e una maggiore abilità nel muoversi sotto il radar dell’attenzione pubblica. 

L’idea della donna come soggetto “insospettabile” continua infatti a influenzare le percezioni sociali e può offrire un vantaggio tattico, consentendo operazioni più mimetiche.All’interno delle organizzazioni criminali tradizionali, le donne assumono oggi ruoli che vanno ben oltre il semplice supporto logistico. In diversi contesti hanno dimostrato di saper gestire reti di traffico, coordinare attività operative complesse e controllare i flussi economici, spesso garantendo la continuità del gruppo nei momenti di crisi, ad esempio in seguito all’arresto di figure maschili di spicco.

In alcuni casi partecipano direttamente ai processi decisionali, sfruttando la loro capacità di organizzare, negoziare e mantenere alleanze. Anche la gestione delle finanze criminali, un ambito sempre più cruciale, vede una presenza femminile crescente: donne con competenze economiche e amministrative ricoprono ruoli centrali nel riciclaggio, nei movimenti di capitali e nella gestione di attività societarie di copertura. Se nelle organizzazioni tradizionali la leadership femminile si è affermata lentamente, nel mondo del cybercrimineil processo è stato molto più rapido. Il cyberspazio ha ridotto le barriere d’accesso, privilegiando non la forza fisica o il controllo territoriale, ma le capacità cognitive, la discrezione, le competenze tecniche e le abilità comunicative. In questo ambiente, molte donne hanno trovato un terreno favorevole per sviluppare ruoli di rilievo. Alcune sono particolarmente attive nel social engineering, dove la manipolazione psicologica delle vittime richiede empatia, intelligenza emotiva e attenzione ai dettagli relazionali; elementi che rendono queste operazioni molto efficaci. Altre coordinano gruppi cybercriminali, gestiscono marketplace nel dark web o si occupano della selezione degli obiettivi e della distribuzione delle competenze. Una presenza rilevante si registra anche nei crimini economici digitali: frodi online, riciclaggio tramite criptovalute e gestione di wallet anonimi, attività che richiedono precisione e una buona conoscenza dei sistemi finanziari.

La maggiore visibilità della criminalità femminile è il risultato di più processi convergenti. Le reti criminali contemporanee sono meno rigide e meno patriarcali, favorendo l’ingresso di figure dotate di abilità specifiche, indipendentemente dal genere. La digitalizzazione dei reati ha abbattuto molti confini, consentendo alle donne di operare da qualsiasi luogo e spesso con una migliore capacità di elusione. L’indipendenza economica e la trasformazione dei ruoli sociali hanno inoltre ridotto quegli ostacoli culturali che un tempo limitavano la partecipazione femminile. Tutto questo contribuisce a una presenza che, pur crescendo, rimane in parte invisibile proprio a causa degli stessi stereotipi che la società continua a coltivare.

Questa evoluzione comporta importanti implicazioni criminologiche e investigative. Le categorie interpretative tradizionali, pensate per descrivere un fenomeno maschile e strutturato in modo verticale, non sono più sufficienti. È necessario elaborare nuovi profili che tengano conto delle motivazioni, delle strategie e delle pratiche operative femminili, spesso diverse da quelle maschili. L’invisibilità di molti ruoli ricoperti da donne costituisce un ulteriore ostacolo per l’analisi e la prevenzione: riconoscere la presenza femminile non significa stigmatizzare, ma mettere in luce dinamiche reali che rischiano di passare inosservate. Inoltre, la combinazione tra discrezione sociale e competenze digitali rende alcune reti criminali più difficili da penetrare e più resilienti alle tradizionali tecniche di investigazione. In conclusione, il volto della criminalità femminile sta cambiando rapidamente. Le donne non sono più mere comparse o vittime collaterali, ma protagoniste in grado di guidare, innovare e adattarsi alle nuove forme del crimine.

Questa trasformazione non indica un aumento della devianza femminile in senso assoluto, bensì una ristrutturazione del panorama criminale, sempre più orientato alla strategia, all’intelligenza operativa e alla tecnologia. Comprendere questo fenomeno significa dotarsi di nuovi strumenti interpretativi, capaci di leggere la complessità del presente e di anticipare le sfide future.

 


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