di FRANCESCO BIANCO
In questi giorni e da qualche tempo, si torna a discutere della ipotetica ubicazione della facoltà di Giurisprudenza nel centro storico di Catanzaro. Con il rischio di essere ripetitivo, dichiaro, ancora una volta, la mia opinione assolutamente favorevole. Lo predico da anni. La collocazione di una facoltà universitaria in centro si pone nel solco di uno dei due settori che, da sempre, hanno rappresentato il core business della città di Catanzaro, cioè il settore del terziario con tutti i servizi che ne derivano. L’altro settore ha riguardato notoriamente la vocazione prettamente amministrativa, che tradizionalmente ha avuto in Catanzaro il centro regionale degli uffici pubblici principali. Precisato quanto detto, pur considerando positivamente qualche sforzo compiuto dall’attuale amministrazione, non può tacersi lo stato di sostanziale declino in cui versa la nostra città nel centro storico e nelle periferie. Ciò a causa dell’immobilismo di una classe politica sempre più autoreferenziale e dell’inattività di una classe borghese sempre più rinchiusa a curare piccoli interessi personali. Questi due fenomeni sono in realtà interdipendenti, poiché rientrano nel così detto “familismo amorale”, teoria sociologica introdotta dal Banfield, sociologo americano che si occupò delle basi morali di una società arretrata. In buona sostanza, una visione individualista della società, dove l’egoismo è motore delle scelte dei consociati, unitamente alla scarsa propensione ad associarsi per il bene collettivo, ha consentito indirettamente di delegare in bianco la gestione della cosa pubblica ad una classe politica costituità spesso da persone improbabili ed inidonee a promuovere il bene della collettività. Ed in effetti, se analizziamo ciò che è avvenuto nel corso dei decenni passati, tutto è stato fatto affinchè gli accadimenti si svolgessero fuori le mura di Catanzaro. Riscontriamo, quindi, una serie di scelte scellerate che hanno prodotto lo “svuotamento” del capoluogo di regione, nella piena mortificazione della vocazione tipica di Catanzaro prima accennata, posto che un luogo deve svolgere il ruolo che sa fare.
Ora, sono consapevole che i tempi cambiano e occorre essere pronti ad affrontare nuove sfide, ma certamente non è possibile tradire la propria identità e, soprattutto, dismettere attività e funzioni letteralmente abbandonate per scelte politiche di corto respiro. Non si possono creare cattedrali nel deserto. A parte l’assenza di una programmazione urbanistica degna di questo nome, al punto tale che per decenni Catanzaro è stata priva di un vero piano regolatore, per cui si è costruito nel più grande disordine possibile, devastando i territori, senza una razionale distinzione tra le varie zone tipiche di un’area urbana (residenziale – commerciale – industriale - agricola), che consentisse un naturale sviluppo verso il mare, creando al contrario quartieri satelliti dal decoro urbanistico più che discutibile, ritengo che una triade di fattori abbiano inferto colpi mortali alla nostra città negli ultimi 20-30 anni. Innanzi tutto il decentramento amministrativo prodotto con la creazione delle province di Vibo e Crotone che, al di là di visioni campanilistiche, non hanno generato neppure uno sviluppo per quei territori. Seconda scelta negativa, vero nodo gordiano, è stata quella di avere concepito l’idea dell’Università come Campus, privando di fatto il centro storico di un elemento cardine di sviluppo e di vitalità, così come si era manifestato nei primi anni di esperienza universitaria. Ci sarebbe da chiedere dove fosse la classe politica del tempo e quali motivi siano stati alla base di tale scelta dissennata, non considerando che il centro di Catanzaro non aveva grandi alternative di richiamo. E’ vero che successivamente sono state create strutture come il Politeama, il S. Giovanni e l’Auditorium Casalinuovo, ma gli eventi episodici, certamente di valore, caratterizzati da una serata di spettacolo o da una mostra, non creano soluzioni strutturali e determinanti un benessere socio-economico di una comunità, ma appunto soltanto degli episodi durante una stagione. La soluzione del problema non può essere data dalla presenza di un determinato numero di persone che, in ore serali e in modo occasionale, ascolta un concerto. Purtroppo si è molto fatto affidamento su questo dato, senza comprendere che un problema serio impone scelte serie, di tipo organico e costitutivo. Terzo motivo è stato il pullulare di centri commerciali, certamente concepiti in un numero in esubero rispetto alle reali esigenze della cittadinanza, con conseguente profonda crisi del piccolo commercio e, quindi, ulteriore motivo di svuotamento della città.
Ritornando al punto di partenza, la ubicazione di una facoltà umanistica come Giurisprudenza al Convitto Galluppi, darebbe slancio ad una intera comunità, rientrando in un’ottica di valorizzazione delle tradizioni culturali del nostro territorio. Non si dimentichi che Catanzaro vanta una tradizione non indifferente per ciò che concerne la propria Corte d’Appello, con una classe forense che ha rappresentato il fiore all’occhiello di un intero territorio. A tanto si aggiunga la presenza, nel centro storico, di importanti studi legali e notarili, che farebbero da supporto nei confronti di una moltitudine di studenti universitari nell’opera di orientamento verso la scelta di una carriera professionale. Insomma, ritengo che le scelte di fondo debbano essere orientate secondo un rigoroso criterio logico.
Credo, a questo punto, che sia importante il contributo di tutti, le competenze e le capacità intellettuali di coloro che potranno fornirle, affinchè si creino forme di pensiero e di aggregazione necessarie per potere generare momenti di seria riflessione indefettibili per la rinascita della nostra città.
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