Violenza donne, forum Agape su "Codice rosso" a Reggio Calabria

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Immagine di archivio
  23 ottobre 2019 21:07

L'applicazione delle novità introdotte dal Ddl 1200/2019, meglio noto come "Codice rosso", è stata al centro del forum organizzato a Reggio Calabria dal Centro Comunitario Agape, presieduto da Mario Nasone, patrocinato dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Reggio Calabria e dal Consiglio regionale, in collaborazione con l'Istituto di Terapia familiare di Reggio Calabria e Messina e l'associazione avvocati "Marianella Garcia". Una rete di partners: la Questura di Reggio Calabria e il Comando provinciale dei Carabinieri, esperti del settore, magistrati ed operatori dei centri antiviolenza, per fare il punto sugli aspetti giuridici qualificanti e quelli psicologici delle vicende che riguardano sempre più donne nel nostro Paese.

Un fenomeno in preoccupante espansione che ha indotto il legislatore ad introdurre modifiche al codice penale ed al Codice di procedura penale e prevedere nuove disposizioni in materie di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere. Il "Codice rosso" ha stabilito una corsia preferenziale nello svolgimento delle indagini, per renderle più rapide, e ha introdotto pene molto più severe per reati commessi in contesti familiari o nell'ambito di rapporti di convivenza. Una normativa che presenta, tuttavia, molte luci ed altrettante ombre, è stato detto nel corso del forum aperto dal Presidente del Consiglio regionale Nicola Irto, che dicendosi "rammaricato per la mancanza di una copertura finanziaria della legge", ha sottolineato "la necessità di potenziare la parte informativa e di prevenzione del fenomeno. Davanti a fatti come quelli di Maria Antonietta Rositani, avvenuti poco lontano da qui - ha affermato il presidente Irto - ci chiediamo se le tante attività che mettiamo in campo come istituzione, non restino alla fine chiuse nel 'Palazzo', in una sorta di cassa di risonanza. Serve un'azione pedagogica forte, perché la battaglia contro la violenza di genere non riguarda solo le donne che subiscono violenza, ma deve creare la base per una diffusa consapevolezza sul fenomeno, che investe l'intera società".

Toccante la testimonianza di Maria Antonietta Rositani, attraverso una lettera inviata dal suo letto d'ospedale, dove è ancora in cura per le gravi ustioni subite dall'aggressione, nel marzo scorso, da parte dell'ex marito, che le lanciò all'interno della sua auto del liquido infiammabile con lo scopo di ucciderla. Una lettera, letta dalla figlia Annie, in cui Maria Antonietta, moglie, prima felice, "con un matrimonio da favola", madre amorevole, con la nascita della piccola Annie, e successivamente di William, afferma di vivere "nel tempo gli incubi della paura, della solitudine all'interno delle mura domestiche. Costretta a mascherare il suo dolore, il dramma che vive dentro le mura domestiche, nascondendo tutto persino al padre, ai familiari". "Mentivo a lui, mentivo a me stessa, mentivo con le amiche…una vita di menzogne - scrive Maria Antonietta - tra urla, schiaffi, calci e paura". Tanta paura del marito, fino a quando l'uomo non aggredì anche la figlia, intervenuta in sua difesa. "Da quel giorno - scrive la donna - dissi basta, pur ancora amandolo. Basta per i miei figli". La scelta di denunciare, che rimase lettera morta, nonostante le rassicurazioni ricevute, fino a quando, con l'ennesima aggressione, la figlia Annie non informò i nonni e lo zio. L'arresto e nonostante tutto la paura di raccontare tutto al proprio avvocato. "Dopo essere stata bruciata, offesa e umiliata, finalmente ho capito che il mio non era più amore…". Maria Antonietta, nella lettera, rivolge un appello a tutte le donne.

"A volte - scrive - non è semplice rendersi conto di alcune cose, nonostante siano molto gravi, e ci convinciamo che quello che pensiamo non sia la verità. Se avete dubbi è quasi certo che tu sia una vittima di violenza, perché, come dice il detto 'quando si sente il rumore del ruscello c'è l'acqua". Quindi l'esortazione a non sottovalutare nemmeno gli 'episodi' sporadici. "L'amore non è una lotteria dove non sappiamo se arriva un premio o una punizione. Non c'è niente di più pericoloso. Ecco perché, appena Dio me ne darà la forza, io sarò accanto a tutte coloro che lo vorranno, mettendo la mia vita, la mia storia, la mia sofferenza, le mie paure, al loro servizio. Affinché mai più una donna, una figlia, una mamma possa più tremare all'interno della sua casa. Tra le mura domestiche". "Occorre denunciare subito - conclude Maria Antonietta - al primo urlo e non al primo schiaffo. Non abbiate paura. Urlate… denunciate. Grazie a tutti. Vi penso da questo letto e vi voglio bene".

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