Il business delle spiagge anche in Calabria, tra concessioni, criminalità e l'Europa che preme sulla trasparenza

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Demanio marittimo
  06 dicembre 2020 15:14

di PAOLO CRISTOFARO

Beni paesaggistici e ambientali, spiagge e aree verdiproprietà pubblica e privata. Stiamo tutelando tutto quello che c'è da tutelare? L'emergenza pandemica ha rallentato molte cose - dibattiti inclusi - offrendo preoccupazioni che purtroppo hanno fatto passare in secondo piano tutte le altre. Tuttavia appare essenziale, per quel che si può, non perdere di vista alcuni temi importanti. E proprio la pandemia, nel caso degli ospedali ad esempio, ha fatto discutere sul rapporto tra pubblico e privato. Oltre alla salute, però, va tenuto conto che interessi privati - talvolta legittimi e positivi, ma troppo spesso fuori controllo e senza regole - minacciano aspetti che appartengono alla collettività. E' il caso delle spiagge. Proprio in questo periodo, infatti, si stanno rinnovando - anche e forse soprattutto in Calabria - le concessioni demaniali marittime fino al 2033. La normativa italiana, in materia, è approssimativa e incompleta, tanto che il nostro paese rischia la procedura d'infrazione da parte dell'Unione Europea. Cosa c'è in ballo? Quali sono gli interessi e quali le preoccupazioni? 

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TRA NORMATIVA E PRASSI ARRUGINITA - La spiaggia cosiddetta del demanio, normalmente, è bene pubblico. I beni pubblici non sono in vendita, ma al massimo possono essere ceduti o affittati a privati nel rispetto delle normative previste per i vari settori. Le concessioni demaniali marittime appartengono a questa casistica. Gli enti pubblici competenti - previo accordo e convenzione - concedono temporaneamente tratti di spiaggia a privati, per stabilimenti balneari, alberghi, locali e altre attività. Il problema è la quasi totale assenza di trasparenza e di "liberalizzazione" delle concessioni in tal senso. Spesso da decenni gli stessi soggetti gestiscono - al pari di una proprietà privata - aree di spiaggia del demanio pubblico. Tali concessioni si rinnovano automaticamente, quasi sempre dietro semplice richiesta e anche laddove vengano avviate gare o avvisi pubblici questi risultano di frequente carenti dal punto di vista dei parametri di trasparenza delle procedure. Chi ha gestito uno spazio l'ha gestito bene? Chi ha controllato? Le distanze, i materiali, i regolamenti, sono stati rispettati? Si può concorrere per occupare un'area demaniale la cui concessione è in scadenza? E che criteri si seguono per affidarle o riaffidarle? A queste domande l'Italia al momento non è in grado di rispondere e all'Europa non è sfuggito

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LE PRESSIONI LEGITTIME DELL'EUROPA SULL'ITALIA - L'Europa, guardando con sospetto alla legge 145/2018, sul prolungamento delle concessioni demaniali marittime fino al 2033, bacchetta l'Italia, minacciando persino la procedura d'infrazione. La legge sarebbe infatti in contrasto con la direttiva 2006/123/CE detta "Bolkestein", mai effettivamente assimilata dall'Italia. La normativa riguarda appunto la liberalizzazione dei servizi e l'uniformità della prassi amministrativa a livello comunitario per svolgere determinati lavori. Vi è oltretutto una sentenza del 14 luglio 2016 della Corte di Giustizia Europea che aveva dichiarato illegittime le proroghe automatiche delle concessioni balneari. E mentre comuni ed enti vari - sconsideratamente, inconsapevolmente e talvolta maliziosamente - si apprestano a ridistribuire a piene mani tali "privilegi", il dibattito sul tema si fa fitto. 

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I DIBATTITI - Sulla questione si discute molto, a livello nazionale, ma anche e soprattutto regionale. Alla passata conferenza delle regioni, del 20 novembre scorso, era presente un punto all'ordine del giorno che recava la "proposta di documento sulle problematiche generali relative alla disciplina del demanio marittimo da presentare al Governo congiuntamente alla richiesta di attivare un tavolo di confronto". E' chiaro, quindi, che la questione sta facendo discutere ed è destinata a far discutere per molto. Ultima per ordine cronologico e più recente discussione sul tema ha coinvolto, il 3 dicembre, il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Napoli, con una sessione di lavori intitolata "Le concessioni demaniali marittime", alla quale hanno partecipato, tra gli altri, l'avvocato Antonio Tafuri, Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli, l'avvocato Alberto Lucarelli, Coordinatore della Commissione Beni pubblici, Ambiente e Territorio, ordinario di diritto costituzionale all'Università Federico II Napoli, l'avvocato Maria Vittoria Bramante, Vicecoordinatore Commissione Beni pubblici, Ambiente e Territorio e il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris

GLI INTERESSI DELLE MAFIE E DELLA 'NDRANGHETA - Le concessioni demaniali - in particolar modo se poco controllate e sottoposte a normative vaghe - fanno gola soprattutto alla criminalità organizzata, non solo in Calabria, ma in tutta Italia. Parlando della 'Ndrangheta, nello specifico, le cosche riescono a garantirsi, soprattutto previo controllo delle rispettive amministrazioni comunali, serie lunghissime di concessioni demaniali, arrivando ad accaparrarsi, mandando avanti società di copertura, la gestione di chilometri e chilometri di costa, spesso contigua, in particolare in quelle aree sensibili nelle quali il controllo mafioso è storicamente consolidato e di difficile estirpazione. E' il caso di Siderno o di Gioiosa Ionica, i cui problemi legati al controllo delle 'ndrine sulle concessioni demaniali marittime sono già stati trattati su La Nuova Calabria e hanno portato, nel caso della prima città, allo scioglimento per 'Ndrangheta del consiglio comunale

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IL REPORT DI LEGAMBIENTE - Ad accendere il riflettori sul problema anche il report sulle spiagge, relativo all'anno 2020, pubblicato da Legambiente. "I dati sono chiari, aumentano ovunque in Italia le concessioni balneari, al punto che in alcune località è diventato difficile persino trovare uno spazio dove poter andare in spiaggia a fare il bagno e prendere il sole gratis", scriveva Legambiente. "Complessivamente oltre il 50% delle spiagge oggi è in concessione, mentre quasi l'8% del litorale non è balneabile. I dati sono molto diversi da Nord e Sud, tra le regioni, ma la tendenza è univoca: aumentano ovunque le spiagge in concessione e laddove non avviene è perché semplicemente non ci sono più spiagge libere. È il caso della Versilia, della Romagna e di alcuni tratti della Liguria, dove meno del 10% delle spiagge è liberamente e gratuitamente frequentabile. In Sicilia, dove la percentuale di spiagge in concessione è molto più bassa, nel 2019 sono state presentate oltre 600 richieste di nuovi stabilimenti. Siamo di fatto l'unico Paese europeo che non pone un limite alle spiagge in concessione", si leggeva ancora. 

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